Concorso Nazionale Ercole Olivario: l’oleoturismo che vuole crescere

In occasione dell’edizione 2024 del Concorso Nazionale Ercole Olivario, i protagonisti del turismo dell’olio Evo sottolineano ancora una volta l’importanza di questo prodotto nazionale, protagonista della dieta mediterranea e portatore di un gran numero di benefici per la salute.

La collaborazione tra associazioni Città dell’Olio e Unaprol-Coldiretti con Roberta Garibaldi, docente universitaria e autrice del Rapporto annuale sul turismo enogastronomico, è un’operazione che getta delle nuove basi per l’oleoturismo italiano.

Una collaborazione lungimirante

La sinergia tra queste realtà, voluta proprio per valorizzare un settore che coinvolge almeno 1 milione di imprese olivicole per un valore di produzione che ammonta a circa 2 miliardi di euro l’anno grazie soprattutto alla biodiversità nazionale, ha un duplice effetto: in occasione del concorso nazionale, infatti, è stato presentato il primo Rapporto sul turismo dell’olio, che racchiude tutti i dati sulla capacità di attrazione del comparto e una serie di buone pratiche già rilevate in alcune aziende italiane, le quali verranno raccolte per la realizzazione del primo portale dedicato al turismo dell’olio (www.turismodellolio.com).

Quest’ultimo, che è già online, si presenta non soltanto come un sito-vetrina tramite il quale le aziende coinvolte potranno mettere in mostra i loro prodotti, ma anche un vero e proprio e-commerce sul quale sarà possibile acquistare i pacchetti turistici di tutte quelle realtà in grado di offrire un’accoglienza come si deve ai visitatori. In pratica, gli interessati potranno acquistare esperienze da vivere tra gli uliveti, con l’obiettivo di assaggiare i prodotti e, al contempo, trascorrere una giornata diversa dal solito.

Al momento, sono più di 300 le esperienze già selezionate e disponibili all’interno del portale, ma andranno sicuramente ad aumentare. Al contempo, l’intesa tra Città dell’Olio e Unaprol-Coldiretti si occuperà di garantire che le aziende coinvolte accolgano al meglio i visitatori, offrendo loro esperienze oleoturistiche a livello sia nazionale, che internazionale.

Le visite nei frantoi, infatti, non sono ancora molto diffuse ma mostrano ampi margini di crescita e miglioramento; hanno solo bisogno di una spinta, soprattutto attraverso una comunicazione più efficace sull’olio, sulle sue proprietà e sui suoi benefici.

I dati del primo Rapporto sul turismo dell’olio

Presentato in occasione del Premio Ercole Olivario, il primo Rapporto solo turismo dell’olio ha evidenziato che il 15% dei turisti italiani ha già partecipato, negli ultimi 3 anni, a una visita in frantoio, mentre il 19% ha vissuto un’esperienza enogastronomica. Entrando nel dettaglio, l’11% riguarda la fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni, il 10% la fascia 25-34 e il 23% gli over 65.

Questi risultati bastano a far comprendere quanto l’olio extravergine di oliva possa essere attrattivo nei confronti di vecchie e nuove generazioni, rivelandosi un vero e proprio patrimonio da sfruttare nei prossimi anni.

Rapporto annuale oleoturismo
Fonte: ercoleolivario.it

A sottolineare questo aspetto è stata proprio Roberta Garibaldi, l’autrice del Rapporto: “Questi dati colpiscono se confrontati coi dati di interesse che abbiamo mappato, che dimostrano una potenzialità di sviluppo davvero altissima, con l’offerta che può pensare di diversificarsi in base agli interessi degli italiani. La leva principale che spinge il turista a prendere in considerazione una visita in frantoio o in azienda olivicola – ha spiegato – è la shopping/tasting experience: il 72% degli intervistati vorrebbe acquistare il prodotto a prezzi interessanti (74% tra i turisti enogastro) e il 70% amerebbe degustare l’olio e le differenti tipologie prodotte in azienda in abbinamento a prodotti e cibi del luogo (72% tra i turisti enogastro). Molto consistenti anche le risposte legate alle esperienze di turismo attivo: il 70% vorrebbe vedere come si produce l’olio, il 64% desidera partecipare alla raccolta delle olive e il 65% sogna una cena a lume di candela tra gli oliveti. Inoltre, il 57% amerebbe provare dei centri benessere che offrono trattamenti legati all’olio e il 70% vorrebbe provare, al ristorante, diverse tipologie di olio in abbinamento ai vari piatti degustati durante la cena. Da evidenziare – ha concluso – infine, il forte collegamento tra olio e patrimonio storico italiano: il 73% dei turisti enogastronomici vorrebbe visitare un frantoio storico, il 72% ambirebbe al soggiorno in una dimora storica con oliveto e orciaia al proprio interno e il 59% vorrebbe poter visitare un museo nazionale dedicato all’olio extravergine di oliva”.


Alle parole della Garibaldi sono seguite quelle di Michele Sonnessa, presidente delle Città dell’Olio: “Il turismo dell’olio è una grande opportunità per dare valore al prodotto finito olio extravergine di oliva. Dobbiamo raccontare l’olio e far percepire il plus di valore che l’olio extravergine di oliva ha, non solo in quanto alimento nutraceutico, ma anche e soprattutto per i valori che interpreta e rappresenta: paesaggio, ambiente, storia, cultura, biodiversità con le oltre 550 cultivar che rappresentano oltre il 40% della biodiversità a livello globale, un patrimonio di inestimabile valore che dobbiamo valorizzare e salvaguardare. Il turismo dell’olio è anche un’opportunità di rilancio di luoghi e comunità, quali le Città dell’Olio italiane. Per noi l’olivo – ha aggiunto – è il simbolo della difesa di uno stile di vita e di una battaglia per la sopravvivenza dei nostri paesi. Le oltre 480 Città dell’Olio italiane sono per lo più piccoli comuni, sotto i 5.000 abitanti, per il 90% situate nelle aree interne, che vivono una situazione paradossale di abbandono olivicolo, ma anche di abbandono urbano, perché l’economia locale non ce la fa a sostenere la sopravvivenza delle persone in questi territori. Difendere l’olivo in questi territori vuol dire preservare la presenza umana”.

In conclusione, Nicola Di Noia, direttore di Unaprol Fondazione Evooschool, ha aggiunto: “I flussi di turisti sempre più attenti alla sostenibilità ambientale, alla tutela del paesaggio, ad una sana alimentazione, possono trovare proprio nelle imprese olivicole esperienze che richiamano questi valori, legate all’olio Evo di qualità. Per cogliere queste opportunità – ha evidenziato – occorre un cambio culturale. Bisogna formare nuovi professionisti del settore, in grado di lavorare sull’accoglienza dei clienti, sullo sviluppo di nuovi servizi e di utilizzare le nuove tecnologie. La formazione – ha concluso Di Noia – è una delle leve principali per chi vuole approcciare allo sviluppo dell’oleoturismo”.

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