Meno Doc per essere più competitivi: Frescobaldi (Uiv) guarda ai giovani

Che i gusti dei “nuovi” consumatori di vino, cioè le generazioni più giovani, stiano cambiando è un dato di fatto. Eppure, di fronte a questo cambiamento, l’Italia non sembra essere effettivamente pronta e a dimostrarlo è l’eclatante crollo dell’export dei vini rossi in un mercato estremamente strategico come quello degli Stati Uniti (che è sceso dal 58% del 2000 al 25% del 2023), a favore sia dei vini bianchi (cresciuti dal 33% al 41%), sia soprattutto degli spumanti (dal 9% al 34%).

Proprio da qui è partita la dichiarazione di Lamberto Frescobaldi, presidente sia della casa vinicola Frescobaldi, sia dell’Uiv (Unione italiana vini) in apertura dell’anno di lavoro dell’Accademia italiana della vite e del vino a Firenze. Secondo lui, infatti, è necessario intanto allargare i mercati (dato che a oggi Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia e Germania assorbono il 62% dell’export italiano) e, contemporaneamente, favorire l’export di vino italiano seguendo principalmente una strada: quella della riduzione delle Doc e delle Docg che, a suo dire, affollano eccessivamente il mercato.

Doc e Docg, un ostacolo all’export italiano

Frescobaldi, con il suo discorso, è stato molto chiaro: “Il 56% del vino italiano imbottigliato fa riferimento a sette denominazioni – ha spiegato – mentre le altre 400 Doc e Docg si dividono tutto il resto. Siamo sicuri che andare sul mercato così frammentati ci faciliti?”.

A seguire, una proposta già emersa in passato ma puntualmente sottovalutata: “Una riorganizzazione del sistema delle denominazioni darebbe al settore la possibilità di convogliare energie e risorse nella ricerca e nella promozione, perché i tempi per il settore vino stanno cambiando a rapida velocità”. Questo perché, secondo Frescobaldi, ciò che si è potuto vedere finora sul mercato è che “in mancanza del brand, le aziende si sono rifugiate nelle Doc”, una strategia che però pare rivelarsi poco efficace e vincente. “Forse più che nuove Doc occorre cambiare altro per assecondare le nuove tendenze di consumo”, ha concluso il presidente.

Export vino italiano: il 2023 è stato un anno nero soprattutto per i rossi Doc

Dando un’occhiata all’export dei vini italiani nel 2023 si può affermare che sia avvenuto un vero e proprio disastro. Ed è forse proprio su questo che Frescobaldi ha basato le sue considerazioni.

Bicchiere vino rosso

L’anno da poco concluso, infatti, ha registrato un calo in valore dello 0,8%, con un fatturato che si è fermato a 7,7 miliardi di euro. I dati provendono dall’Osservatorio Ismea-Uiv, che ha spiegato: “La flessione 2023 evidenzia difficoltà determinate non solo da variabili congiunturali ma anche da fattori di ordine strutturale, che sembrano peraltro accomunare tutti i principali Paesi produttori. L’Italia conferma comunque la sua leadership nei volumi esportati con la Spagna restando sopra quota 20 milioni di ettolitri nonostante il calo del 4,1%”. 

A soffrire maggiormente sono i vini fermi a denominazione in bottiglia, con flessioni in volume del -6,2% per le Dop e del -4,3% per le Igp. I numeri peggiori si registrano per i vini rossi italiani, che calano dell’8% per le Dop e del 6% per le Igp e che penalizzano alcune regioni in particolare: -12,5% a volume per i rossi Dop veneti, -10,5% per i toscani e -5,5% per i piemontesi.

Se in passato i vini rossi italiani, le Dop, le Doc e le Igp erano dei veri e propri punti di forza dell’export italiano, adesso le cose sono nettamente cambiate: i giovani consumatori preferiscono vini più “leggeri”, meno impegnativi (e costosi), tanto da puntare prevalentemente sugli spumanti o, addirittura, sui no-alcol. Di fronte a questa tendenza l’Italia non può fare finta di niente e deve assolutamente trovare la chiave di volta per mantenere il suo primato nel settore, anche a costo di “sacrificare” ciò che finora l’ha resa celebre in tutto il mondo.

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