L’approccio franco di Lamberto Frescobaldi, neo presidente di Unione Italiana Vini

L’attualità dell’agenda del vino italiano ed europeo secondo Lamberto Frescobaldi, il nuovo Presidente di Unione Italiana Vini che mette in campo tutta la sua franchezza

Ragionamento a 360 gradi con Lamberto Frescobaldi, neo eletto Presidente di Unione Italiana Vini. La sua franchezza è il segnale di un nuovo codice di linguaggio per il settore.

 “Il vino come status culturale” è lo slogan che accompagna la sua nomina a Presidente per il prossimo triennio. Ha dichiarato di voler lavorare in questa direzione: può anticiparci un progetto in particolare che ha in mente in tal senso?

“Sarà utile lavorare con la nostra federazione europea – il Comité vins – e le omologhe associazioni di settore europee in merito ai consumi responsabili. Serve senz’altro accelerare su questo fronte con un’alleanza forte in nome del consumo di vino, che è esso stesso sinonimo di moderazione. All’ultima assemblea generale dei soci, Unione Italiana Vini ha approvato uno specifico piano strategico di ricerca e comunicazione su vino e salute. Il piano prevede una serie di azioni che puntano, da una parte, ad aggiornare le conoscenze scientifiche sul tema anche con l’ausilio di un pool indipendente di esperti e scienziati; dall’altra a comunicare in trasparenza gli esiti delle ricerche, ma anche a sensibilizzare ed educare al consumo responsabile. Trovo quanto mai necessario affermare il ruolo del vino nella società, nell’economia, nell’ambiente e nella cultura di oggi. In particolare, l’elemento culturale è un asset proprio del vino, che andremo a rimarcare nelle iniziative che sposeremo. Il piano sarà messo a terra a breve, con l’obiettivo generale di distinguere il vino dalle altre bevande”.

Nel dialogo con la politica e con i Ministeri di riferimento per il settore vino, quale è il primo obiettivo a cui si dedicherà?

“L’obiettivo non può essere uno solo. Diciamo che accanto al tema vino e salute, che voglio ribadire, la partita delle priorità sarà giocata sui campi della sostenibilità, della riorganizzazione delle Dop. Sul primo punto, l’Italia ha un assist importante che è dato dalla norma unica nazionale sui vini sostenibili, appena varata dal Ministero delle Politiche agricole. Vogliamo dare una risposta seria ai nostri consumatori e alle nostre campagne e – sin dalla prossima vendemmia – certificare i vini sostenibili anche con un marchio di riconoscimento, sul modello neozelandese”.

Ha definito una “baggianata” l’utilizzo del Nutriscore anche per il vino. Ci trova
completamente d’accordo. Può essere questo un segnale del cambio di approccio diplomatico dell’Italia in certe partite comunitarie?

“Occorre innanzitutto lavorare seriamente a livello europeo, stringendo – come detto – alleanze con gli altri Paesi che condividono lo stesso approccio rispetto alla corretta informazione al consumatore, svincolata da pittogrammi e ‘pagelle’ che semplificano/banalizzano gli alimenti.
Al momento, il vino, come tutte le bevande alcoliche non è soggetto all’etichettatura Nutriscore (c.d. front packaging label) in vigore nei Paesi, come la Francia, che hanno adottato questo sistema. In realtà, per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali, l’unico elemento rilevante per il vino è il contenuto energetico (calorie) che, a partire dal dicembre 2023, diventerà elemento obbligatorio in etichetta per tutte le bottiglie di vino. Pertanto, il consumatore sarà perfettamente messo al corrente dell’impatto del consumo di una porzione di vino sul proprio regime alimentare, senza necessità di inserire ulteriori warning e classificazioni volte ad orientare gli acquisti e le preferenze del consumatore. Il consumatore deve essere informato non orientato (o disorientato).  Per questo motivo riteniamo che il Nutriscore sia un sistema di informazione fuorviante e non adatto. Purtroppo, è un’ipotesi sul tavolo del legislatore dei prossimi mesi. Prima di tutto, però, bisogna vedere cosa accadrà nel settore alimentare: se passerà la proposta di rendere il Nutriscore obbligatorio in tutta Europa o se si lascerà la libera scelta ai singoli Paesi. A quel punto si dovrà capire se il vino resterà tra i prodotti esclusi o rientrerà nel sistema con la lettera F. In quel caso si accetterebbe un approccio dogmatico, volto a demonizzare un settore, con tutte le contraddizioni del caso”.

Come produttore lo conosciamo bene, come politico siamo curiosi. Come si autodefinisce?

“Temo che resterò molto produttore e sulla parte politica dovrò imparare a calibrarmi. Spero
però di poter sempre comunicare con franchezza le cose che debbono essere migliorare o
affinate”.

Tre mercati emergenti sui quali converrebbe puntare ora e nel prossimo triennio?

“Direi Australia, Brasile e Corea del Sud. Australia e Corea rappresentano un valore di oltre 70 milioni di euro ciascuna (2% complessivi di quota di mercato), mentre il Brasile si attesta attorno a 35 milioni di euro (0,5%). Gli indicatori per questi tre mercati sono molto positivi: misurati in Cagr % 2016/21, siamo a +6% valore per il Brasile, +11% per l’Australia e addirittura +23% per la Corea. A livello di prodotti, l’Australia rappresenta il 13° mercato per la spumantistica (31 milioni di euro di valore, di cui 27 di Prosecco), mentre la Corea del Sud è al 14° posto per l’export di vini rossi confezionati, con 10 milioni di euro per i vini toscani Dop e 5 milioni di euro per i piemontesi. Il Brasile è invece mercato storico per i vini frizzanti, in particolare Lambrusco, e oggi staziona al 13° posto tra i Paesi buyer”.

Dal suo punto di vista, l’Italia può davvero imboccare la sfida del valore, a patto di?

“L’Italia ha già fatto tanto e ancor di più può fare. Non dobbiamo aver alcun timore di essere secondi a nessuno, ma essere insieme ai nostri colleghi stranieri. La partita si gioca in team: qualità, unicità, cultura, moderazione”.

Siamo al giro di boa del 2022: dia un voto al primo semestre e indichi quali fattori potranno essere determinanti nel secondo.

“Un anno partito con tante speranze, poi penalizzato dalla Guerra, dal Covid – che ancora è fortemente presente in Cina – e dalla difficoltà nelle materie prime. La seconda parte dell’anno l’inflazione, che negli ultimi 15 anni era praticamente sparita, ci metterà a dura prova.  Ci attendiamo politiche fiscali che possano sostenere i consumi e la ripresa”.

(Giovanni Pellicci)





Related Posts

Ultimi Articoli