Dealcolati, associazioni del vino contro Lollobrigida

Tra i temi scottanti del Vinitaly 2024 rientrano, ovviamente, anche i vini dealcolati. Il dibattito è piuttosto acceso già da parecchio tempo e la questione divide tra chi è totalmente contro e chi, invece, nel dealcolato vede una grande opportunità per il futuro.

Al momento, la dealcolazione in Italia è vietata, quindi chi intende metterla in pratica deve necessariamente andare all’estero tenendo, però, conto che spesso sia la commercializzazione, sia la distribuzione di mosti italiani vengono condotti proprio da aziende straniere.

Su questo, il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida non ha mai avuto alcun dubbio: il vino non può essere chiamato dealcolato. Sulla base di ciò, di certo non ha alcuna intenzione di cambiare rotta, né di intraprendere eventuali cambiamenti alla normativa in vigore, “perché può anche aprire a una fetta di mercato – ha dichiarato – ma il rischio è che si vada ad abbassare il valore di un prodotto di eccellenza”.

Cosa ne pensano produttori e associazioni del vino?

Come accennato, il l’argomento dealcolati divide l’opinione pubblica e non solo: anche gli esperti del settore, produttori e associazioni del vino compresi, sono abbastanza in conflitto tra loro. Ad esempio, Giovanna Prandini, produttrice e presidente di Ascovilo, ha dichiarato: “Chiamarlo vino è una mossa furba, preoccupa questo appropriarsi di termini che definiscono un prodotto con grand tradizione. È già successo per il latte o alimenti come la carne dove si vendono hamburger anche quando non c’è nulla che abbia a che fare con la carne. Non diamo per scontato la nostra traduzione – ha aggiunto – perché le multinazionali ci mettono pochissimo a creare in laboratorio prodotti perfetti dal punto di vista del nutriscore, ma che non riflettono nulla di quello che facciamo e della nostra storia. È una manipolazione in più, che senso ha collocarci su un mercato che non ripagherà mai il nostro valore”.

Di tutt’altra opinione è, invece, Chiara Soldati, presidente Comitato aspetti sociali alcol di Federvini: “Il trend del vino dealcolato è di certo una nuova opportunità di mercato. È importante che anche l’Italia si esprima positivamente, dando ai produttori delle linee chiare e definite per realizzare questa tipologia di vini. L’impostazione più corretta per i vini dealcolati – ha concluso – è quella di analizzare questo fenomeno con regole chiare e sicure affrontare questo nuovo cambiamento”.

Francesco Lollobrigida vini dealcolati
Fonte: dagospia.com

E se per la Soldati bisognerebbe pensare seriamente a investimenti nel campo dei dealcolati, per Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv) non c’è proprio tempo da perdere: “Non si può continuare a pensare al mercato come un gioco a somma zero: aprire nuove possibilità non significa rinnegare il nostro core business, che è e rimane il vino tradizionale. Occorre segmentare l’offerta per intercettare nuovi consumatori. E i vini dealcolati sono già una realtà di mercato – ha evidenziato – lo vediamo, ad esempio, negli Usa dove oggi valgono circa 1 miliardo di dollari. Come abbiamo detto più volte, è paradossale che le nostre imprese non possano ancora competere sullo stesso terreno dei produttori europei: stiamo accumulando uno svantaggio competitivo sempre più difficile da colmare, anche dal punto di vista della ricerca. Dobbiamo chiederci quale sia il prezzo di questo dogmatismo, e se saremo nelle condizioni di pagarlo quando, tra qualche anno, sarà lo stesso mercato a presentarci il conto”.

Il dibattito sui dealcolati è ancora decisamente aperto e le posizioni continuano a essere contrastanti. Lollobrigida di certo non cederà nel breve periodo, ma se le pressioni da parte delle associazioni dei vini dovessero diventare insistenti non potrà continuare a far finta di niente (forse). Si attendono prossimi aggiornamenti, magari proprio al termine dell’edizione 2024 di Vinitaly.

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