Pac 2023-2027: facciamo chiarezza

La politica agricola comune viene identificata come fondamentale a livello comunitario per garantire il futuro dell’agricoltura e della silvicoltura e per conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo.

Già con l’entrata in vigore del trattato di Roma che ha istituito il mercato comune nel 1958, le politiche agricole degli Stati membri, precedentemente caratterizzate da un forte intervento statale, erano state sostituite da meccanismi d’intervento a livello comunitario.

Con la politica agricola comune 2023-2027 è stato avviato dal 1º gennaio 2023 un processo green che è volto a sostenere e proiettare nel futuro temi importanti quali l’alimentazione, l’ambiente e lo spazio rurale. 

Si contribuisce allo sviluppo sostenibile delle zone rurali attraverso tre obiettivi economici e sociali che si dovrebbero sviluppare a lungo termine: 

  • promuovere la competitività dell’agricoltura e della silvicoltura;
  • garantire la gestione sostenibile delle risorse naturali;
  • conseguire uno sviluppo equilibrato delle economie e delle comunità rurali.  

Quello che si ricerca a livello comunitario è la tutela degli interessi sia dei produttori e che dei consumatori. Si vorrebbe, in via teorica, assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, ma al contempo stabilizzare i mercati e assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.

Quindi cosa è la PAC?

La PAC è un’alleanza tra la società civile e il mondo agricolo per garantire un approvvigionamento stabile di alimenti a prezzi accessibili, salvaguardare il reddito degli agricoltori, tutelare l’ambiente e preservare la vivacità dei territori. In termini economici, la domanda di prodotti alimentari non è elastica, cioè non subisce grandi variazioni corrispondenti alle frequenti variazioni di prezzo dell’offerta. Offerta che d’altro canto è, anzi, piuttosto rigida e varia molto il prezzo di mercato a seconda della quantità di prodotto disponibile da immettere nello stesso. E’ stato necessario intervenire a livello europeo per rendere comuni le politiche di approccio al settore anche a causa di questa instabilità del mercato

Quando è stata adottata la nuova riforma della Politica Agricola Comune?

Il 2 dicembre 2021 è stato formalmente adottato l’accordo sulla riforma della politica agricola comune (PAC). La nuova legislazione, che è entrata in vigore il 1° gennaio 2023, apre la strada a una PAC che sembra, rispetto alle linee guida precedenti, maggiormente basata sui risultati. Per questo motivo a luglio 2023 la Commissione ha adottato un pacchetto di misure per uso sostenibile delle principali risorse naturali, per rafforzare il settore agroalimentare europeo. Il pacchetto comprende una nuova normativa sul monitoraggio dei suoli, che contribuirà alla salubrità dei suoli nell’UE entro il 2050, un regolamento sulle piante prodotte mediante tecniche genomiche e misure per ridurre i rifiuti alimentari e tessili. La sua adozione completa le precedenti proposte nell’ambito del pilastro “Risorse naturali” del Green Deal

Pac 2023-2027: quali sono gli obiettivi

  • garantire la sicurezza e la stabilità del settore agroalimentare;
  • ridurre l’impatto ambientale e climatico del sistema alimentare entro il 2050;
  • guidare la transizione globale verso l’efficienza economico-ambientale della filiera dal produttore al consumatore.

Il tentativo è quello di garantire un futuro sostenibile per gli agricoltori europei, improntato sulla riduzione di emissioni di Co2 che è obiettivo principale da raggiungere a livello comunitario nel 2050. Nell’ottica del legislatore, la PAC fornirà un sostegno più mirato alle aziende agricole più piccole e offrirà maggiore flessibilità ai paesi dell’UE per adattare le misure alle condizioni locali.  Dovrà essere uno strumento fondamentale per conseguire le ambizioni della strategia “dal produttore al consumatore” e della strategia sulla biodiversità.

A partire dal 2024 ciascun paese dell’UE presenterà una relazione annuale sull’efficacia dell’attuazione e terrà una riunione annuale di riesame con la Commissione.

Obiettivi Green: una scelta etica dell’Europa?

La volontà del legislatore Europeo è quella di ridisegnare i sistemi alimentari che oggi rappresentano quasi un terzo delle emissioni globali di gas a effetto serra, consumano grandi quantità di risorse naturali, provocano perdita di biodiversità e impatti negativi sulla salute dei cittadini a causa dell’eccesso di nutrizione oltre che della carenza di nutrizione e non consentono rendimenti economici e mezzi di sussistenza equi per i produttori primari.

La ricerca di un percorso sostenibile con il Green Deal, secondo le linee guida rappresenterebbe una opportunità da cogliere per sostenere e proiettare al futuro domanda e offerta, a beneficio di tutte le parti interessate.

La strategia “Dal produttore al consumatore” mira anch’essa ad accelerare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile che dovrebbe:

  • un rapporto con l’ambiente quantomeno neutro, meglio se positivo; 
  • non esasperare il pianeta così da non impattare sui cambiamenti climatici;
  • garantire la sicurezza alimentare e quindi la salute pubblica; 
  • mantenere accessibile il prezzo dei prodotti alimentari, nonostante i disastri ambientali e cimatici cui gli agricoltori sono soggetti, generando nel contempo rendimenti economici equi.

Cosa non sta funzionando? Perché gli agricoltori sono “scesi in piazza”?

Gi agricoltori che in questi giorni in vari stati di Europa occupano le strade con i trattori sostengono che il loro reddito non sia salvaguardato e che siano costretti a vendere i propri prodotti a prezzi insostenibili per le loro attività. In Italia lamentano una forzatura nell’imposizione di una rotazione dei terreni che non ritengono opportuna in quanto per loro rappresenta una perdita economica aggravata dall’obbligo di pagamento sproporzionato di IRPEF. Le risposte che stanno ottenendo per tranquillizzare le loro prospettive future vertono sull’utilizzo dei fondi del PNRR. 

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Quando si fa riferimento alle risorse del PNRR per finanziare investimenti di cosa si sta parlando?

Il fulcro di NextGenerationEU, meglio noto in Italia con il nome di Recovery Fund, è il dispositivo per la ripresa e la resilienza (PNRR), strumento che offre sovvenzioni e prestiti a sostegno delle riforme e degli investimenti negli Stati membri dell’UE e il cui valore totale ammontava, nel 2018, a 723,8 miliardi di euro che oggi sono realisticamente traducibili in 806,9 miliardi di euro (importo espresso a prezzi correnti).  Per avere accesso a questo fondo, istituito dal Consiglio europeo nel luglio del 2020 al fine si sostenere gli stati membri colpiti dalla pandemia di COVID -19, gli Stati membri hanno dovuto elaborare dei piani nazionali di ripresa e resilienza contenenti un pacchetto di riforme e investimenti per il periodo 2021-2026, illustrando come intendessero investire i fondi derivanti dal NextGenerationEu. Ovviamente ciascuno stato è tenuto a rispettare i traguardi e gli obiettivi concordati per poter avere accesso alle risorse. 

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza PNRR è il documento stilato dal Governo italiano per gestire i 196 miliardi di euro previsti tra prestiti e sovvenzioni stanziati per l’Italia. Questi devono essere necessariamente usati al fine di trasformare l’economia e renderla in linea con le priorità dell’UE: transizione verde, digitale e inclusione sociale. Tra i sei punti che lo Stato italiano ha individuato per i capitoli di spesa, la politica agricola risulta destinataria di 35miliardi, di cui 25.4 miliardi di aiuti diretti agli agricoltori e 9.7 miliardi per il Fondo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr).

(Domizia Fusi)

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