Parliamo di vino con il Presidente della Sommellerie Albanese

Vini albanesi: potenzialità da sviluppare con un occhio alla qualità e uno alla promozione.

Dashamir Elezi foto2Chi conosce la viticoltura albanese? Forse ancora non in molti. Eppure il Paese ha grandi potenzialità di sviluppo e una storia vitivinicola dalle antiche radici. Lo dimostrano le scoperte archeologiche, gli anni di impero ottomano – durante i quali questo tipo di coltura si concentrò nelle zone di influenza di religione cattolica e ortodossa (diverse zone del paese, quale Korça, Pogradec, Përmet, Leskovik, Vlorë, Lezhë, Shkodër) – fino alla storia del XX secolo. Inzialmente, nei primi del ‘900, la produzione era di tipo familiare e solo per un piccolissimo mercato; poi è arrivato il periodo fra le due guerre (devastante, per oiodio, fillossera e altre malattie), poi la Seconda Guerra Mondiale, con poche zone che si sono salvate, come quella del sud-est (Leskovik, Përmet), sud-ovest (Nartë,Vlorë, Himarë) e parte della zona centrale d’Albania (Shesh). Il  boom è arrivato alla soglia degli anni ’60, con il reimpianto di circa 10.000 ettari. Ma la vera ripresa della viticoltura albanese si e vista comunque dopo il 2002 quando, grazie a diverse politiche di sostegno, si è registrato un aumento di superficie vitata, ad arrivare a oggi con circa 26.000 ettari, come racconta Dashamir Elezi, Presidente della Sommellerie Albanese.

Quali sono i vitigni più diffusi in Albania?
“Durante questi anni si sono impiantati oltre ai vitigni autoctoni Shesh, Kallmet, Vlosh, Debinë, Serinë, Pulës, Manakuq, anche vitigni internazionali quali Merlot, Sangiovese, Barbera, Chardonnay, Primitivo, Montepulciano, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot,  Moscato, ecc. Grazie agli investitori privati l’industria di produzione del vino e distillati si è sviluppata molto”.

C’è un vino albanese in particolare che secondo lei ha la stoffa per fare strada e venire apprezzato in tutto il mondo?
“Sicuramente tre vitigni possono competere benissimo a livello internazionale: il Kallmet (vitigno rosso) dotato di grandissima potenzialità e carattere (la zona di Bukmira ha una particolarità nel produrre Kallmet con tannini più morbidi e una buona acidità) e di un’ottima potenzialità di invecchiamento; lo Shesh bianco con la sua fragranza, corpo e consistenza e lo Shesh nero con il suo corpo, la sua consistenza olfattiva e gustativa, dove si esprimono le spezie e le prugne mature ed un gusto pieno e lungo”.

C’è un vitigno a suo avviso sottovalutato ma che ha invece grandi potenzialità?
“Il Pulës bianco è un vino (e chiaramente vitigno) sottovalutato perché ha un’ottima fragranza di aromi, sapore e retrogusto persistente che ricorda il ginestro”.

Quali sono le sfide per il futuro dei vini del vostro Paese?
“Il futuro sarà – o almeno spero – l’autoctono. Noi come Sommellerie Albanese abbiamo già espresso il nostro parere in merito a questo sin dal 2007. Inoltre, il vino albanese sarà sempre più apprezzato dai numerosi turisti che hanno cominciato a visitare il nostro Paese e che ritornano sempre più numerosi, facendosi testimoni della nostra produzione enologica”.

C’è interesse da parte della popolazione a bere buon vino? Anche da voi, come in molti altri Paesi, si sta diffondendo il fenomeno della “sommellerie per tutti”, con numerosi partecipanti ai corsi di degustazione?
“Il nostro popolo si distingue per la prontezza nell’imparare, studiare e apprezzare le buone cose della vita. Anche la Sommellerie ha avuto un certo successo nella società albanese sin dai primi passi. Oltre ad organizzare ogni anno un corso di formazione per sommelier, la Sommellerie Albanese, grazie alla richiesta della ristorazione e di varie associazioni del settore, organizza anche dei corsi brevi di degustazione. Per esempio quest’anno oltre a due corsi brevi in nord Albania (Lezhe e Scutari), stiamo mettendo a punto un corso più corposo, con tanto di visita a Montalcino entro fine del novembre”.

Se dovesse dare un consiglio ai viticoltori albanesi, cosa direbbe loro?
“Sicuramente qualità e continuità. I produttori albanesi si devono aggiornare sempre e collaborare con personale tecnico nazionale ed internazionale, evitando gli errori delle altri nazioni. Si deve puntare sui vitigni autoctoni e non sottovalutare il marketing. Quando si ha una certa qualità di prodotto si deve essere capaci di mostrarla al mondo, in ogni fiera internazionale. Solo così, il mondo del vino può apprezzare le particolarita di un prodotto legato al territorio e al lavoro quotidiano di validi uomini legati alla propria terra”.

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