Alta Ristorazione: la sostenibilità passa dalle risorse umane

Se non si valorizzano le persone, la lotta allo spreco è vana.

“Sostenibilità vuol dire tenere alto e tenere fermo” (Ciccio Sultano, Chef de Il Duomo). La sostenibilità è stato il fil rouge del 72° Congresso Assoenologi (Firenze, 17-20 novembre), tema che Fiammetta Fadda (Contributor Editor de La Cucina Italiana) ha sviluppato nell’ambito della ristorazione in un panel dedicato. La domanda è: può essere sostenibile una cucina di alto livello? Le materie prime sono il primo punto da affrontare, rivedendo però concetti come il km 0: “Prediligo il km giusto – dice Antonia Klugman chef del ristorante l’Argine Vencò – ovvero quella distanza che garantisce la freschezza del prodotto e il monitoraggio dello stesso”. Yoji Tokuyoshi (Chef ristorante Tokuyoshi) punta invece sul secondo punto: non sprecare. Il prossimo step del suo locale è una stanza dedicata al compost. Terzo punto: l’educazione. Benedetto Condreas, titolare dell’agenzia di comunicazione Pescerosso, ha introdotto l’edutaiment (education+entertaiment) in cui contenuti creati appositamente (come un cortometraggio animato) trasmettono in concreto gesti sostenibili. Ma l’aspetto forse meno scontato emerso dal confronto è quello delle risorse umane.

[divider]

[divider]

Lorenzo Donini (docente di Scienze dell’Alimentazione dell’Università La Sapienza) ha spiegato che nella ristorazione ospedaliera la sfida di offrire pasti nutrienti e appetitosi con budget ridotti (10 euro al giorno a persona), passa dalle competenze degli addetti ai lavori. Sulla stessa lunghezza d’onda Edoardo Grassi, cotitolare di Ceresio 7: “ Quando abbiamo aperto il nostro ristorante siamo partiti dalla fattibilità finanziaria. Mi ha sorpreso constatare che questa passa dalle persone giuste al momento giusto, pronte alle varie esigenze del locale, motivate, che adottano il tuo progetto con entusiasmo”. Enrico Chiavacci, direttore Marketing Marchesi Antinori, ha infine auspicato il ritorno del ruolo dei camerieri: “I cuochi sono diventati chef, i camerieri sono rimasti camerieri. Eppure loro accolgono, spiegano i prodotti, trasmettono la cultura del cibo e del vino. I giovani devono poter pensare che è un bel lavoro: sarebbe un messaggio positivo per le nuove generazioni”.

Related Posts

Ultimi Articoli