Riduzione delle DO, la parola a Riccardo Ricci Curbastro

“Snellire il sistema è il primo passo per rafforzare la tutela e la competitività delle nostre denominazioni”

 

Riccardo Ricci Curbastro Presidente di Federdoc

Riccardo Ricci Curbastro enologo e agronomo, dal 1979 si occupa dell’azienda di famiglia in Franciacorta di cui è amministratore e responsabile del marketing, viticoltore anche in Emilia Romagna, è Presidente di Federdoc da oltre un ventennio.

Il caos mediatico recentemente scatenato dalle minacce di uscita degli Usa dall’Organizzazione mondiale per il commercio, hanno generato scompiglio nei mercati internazionali e indotto ad alcune riflessioni sui “particolarismi” del mercato italiano, realtà unica a livello mondiale per l’elevato numero delle denominazioni. La “guerra dei dazi” non promettere nulla di buono per il commercio globale e ancor meno per lo scenario italiano. Il Presidente di Federcoc ha già avanzato una sua opinione in merito, un’ipotesi che potrebbe dirsi interessante nel caso si dovesse palesare l’ira trumpiana e cominciare a meditare a un piano “B”.

Recentemente le hanno chiesto se il “il sistema delle denominazioni andasse rivisto”. Da un lato abbiamo il pregio di un territorio che ci ha regalato un mosaico inestimabile di eccellenze vitivinicole ma dall’altro lato, proprio per la sua estrema varietà, va incontro ad una dispersione del patrimonio stesso. Questa ambivalenza, anche alla luce degli ultimi fatti di politica internazionale, potrebbe rivelarsi dannosa?

“Le nostre Denominazioni di Origine sono apprezzate in tutto il mondo e riconosciute come segni distintivi del nostro Paese, della nostra cultura enologica e del nostro territorio. Il loro valore aggiunto ha permesso l’acquisizione di posizioni vincenti sul mercato, dove però molto spesso le DO sono oggetto di usurpazioni realizzate al fine di conseguire vantaggi economici dalla loro rinomanza. Tutelare questo nostro patrimonio collettivo è diventato complesso: la varietà del territorio italiano ha permesso il proliferare di tantissime denominazioni, molte delle quali sono dei doppioni di DO tradizionali o frutto di azioni politiche. Con questo panorama dispersivo è difficile dare la giusta informazione agli operatori di settore, comunicare le caratteristiche distintive dei nostri vini di qualità ed impedire che il patrimonio enologico italiano si svaluti facendo la fine dei nostri innumerevoli siti archeologici”.

Quali sono le sue previsioni sul tema di ridurre il numero delle denominazioni?

“Snellire il sistema è il primo passo per rafforzare la tutela e la competitività delle nostre denominazioni, ovviamente, per poter avere dei risultati efficaci, sarà necessario farlo in ogni territorio regionale. Federdoc, da tempo, propone a questo scopo di riclassificare le DO più piccole come sottozone di DO più grandi. In questo modo sarebbe possibile mettere in atto delle sinergie che, preservando il valore storico anche dei piccoli campanili, consentirebbero alle Istituzioni europee di attuare una più incisiva azione di tutela delle DO nei rapporti con i Paesi Terzi in sede di accordi bilaterali; senza dimenticare i benefici che potrebbero generarsi anche nell’ambito della promozione”.

Quali sarebbero gli effetti sui mercati internazionali?

“L’unificazione di alcune realtà e il ridimensionamento del numero di attori sul mercato potrebbe dar vita ad azioni promozionali di sistema più incisive, attraverso le quali sarebbe possibile conquistare e consolidare più facilmente i mercati dei Paesi Terzi nonché rendere gli operatori di settore più consapevoli delle loro scelte di acquisto”.

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