Vendite di vino in Cina: un mercato che si fa desiderare

Procedono ancora a singhiozzi le vendite di vino in Cina, eppure c’è di che sperare…

Le vendite di vino in Cina rappresentano un miraggio per l’export di vino italiano, eppure il decollo tanto atteso pare non arrivi mai. Ne parliamo con Marino Palmirotta, export manager per il mercato cinese.

La Cina ha rappresentato il miraggio per l’export di vino per molte cantine, ma la situazione sembra attualmente in stallo. Che sta succedendo?

“Per moltissime realtà vitivinicole italiane e non, il mercato cinese è un’ambizione enorme ma di difficile portata e realizzazione, nonostante importanti investimenti e azioni intraprese. Nonostante il declino economico a cui la Cina sta facendo fronte, anche in virtù della severissima politica zero-Covid intrapresa negli ultimi mesi e che sta fermando l’intera macchina sociale e produttiva del Paese, nonché una bolla immobiliare in espansione, a mio avviso la Cina resta un mercato immenso dal punto di vista demografico ed economico che tornerà, e con ancor più vigore, a soddisfare le aspettative delle cantine.
Si spera che, a marzo, le durissime politiche anti-Covid vengano rimosse e i consumi tornino consistenti, con l’insediamento del “nuovo” governo. Gli export manager delle cantine potranno tornare a viaggiare in Cina per promuovere il proprio terroir ed i propri vini, ma anche i cinesi potranno tornare a muoversi all’interno del proprio Paese, favorendo i consumi.
Ma ai problemi appena esplicati, bisogna aggiungere che la Cina è uno dei mercati di più complicata conquista, a causa di ostacoli linguistici e culturali, nonché modalità e obiettivi di acquisto/consumo totalmente diversi dai nostri. Ad esempio, in Cina c’è una tradizione del regalo molto forte e che muove da sola, soprattutto in alcuni periodi dell’anno (es. Capodanno Cinese, Double11, ecc.), mastodontici volumi di vendita.
A livello di numeri, nel 2021 la Cina ha visto un sostanziale calo delle importazioni di vino, anche in virtù dei severi dazi introdotti sui vini australiani. Però gli altri Paesi produttori non sono riusciti a riempire quell’interessante fetta di mercato. A questo si aggiunge la tendenza abbastanza vistosa e galoppante di un nazionalismo del vino in questo Paese, ossia fierezza verso la produzione enologica locale e un consumo dello stessa in aumento.
Nonostante questi indicatori apparentemente negativi, la Cina deve restare nel nostro mirino. E non dimentichiamo che la Cina non è il Giappone, la Corea, o un altro dei Paesi dell’estremo oriente o del Sud Est Asiatico. La Cina è un Paese dove il campanilismo, l’orgoglio nazionale, nonché la mancata occidentalizzazione (che abbiamo visto crescere in molti altri Paesi limitrofi) è ancora marcata. È un mercato dove tutt’oggi il liquore nazionale ad elevatissima gradazione alcolica (白酒, baijiu) va per la maggiore. C’è tuttavia un’innegabile tendenza, cominciata circa 20 anni fa, che ha visto una crescente curiosità dei cittadini cinesi, ed in particolare della sua classe media in continua ascesa, verso usi, costumi ed abitudini enogastronomiche dei Paesi occidentali, in particolare dell’Italia. Il vino è anche status symbol, ecco perché c’è tantissimo spazio nel Paese per le bottiglie della fascia luxury/premium.
Ma le cantine devono adottare strumenti e strategie specifiche per questo mercato, altrimenti il successo resterà un miraggio”.

Che tipologia di vini vendete maggiormente e quali sono i canali principali?

“Al pubblico cinese piacciono anzitutto i vini rossi, nel dettaglio vini corposi, caldi (tenore alcolico importante), rotondi e vellutati, aroma intenso, di acidità non troppo spiccata, e con un certo residuo zuccherino, magari derivante da un processo di appassimento. L’invecchiamento in botte, ed i sentori terziari derivanti da questo processo, arricchiscono in maniera positiva il prodotto vinicolo ideale del consumatore cinese. Noi italiani ci sfidiamo con i vini francesi che in Cina, e non solo, hanno maggiore fama, ed i vini cileni e (sino a qualche mese fa) australiani con dazi bassissimi. Ma stiamo lentamente e consistentemente guadagnando terreno. La cantina pugliese, che rappresento come export manager, si è ritagliata un’importante fetta di mercato in Cina piazzando i propri prodotti in diverse province. Non lavoriamo con un importatore nazionale, bensì con diversi importatori/distributori, con esclusiva provinciale, che vendono principalmente in ristoranti fusion e italiani/occidentali, wine shops specializzati, ma anche tantissimo con fini di regalistica aziendale e privata. Gli uvaggi che vanno per la maggiore, del portfolio da me rappresentato, sono certamente il Primitivo ed il Negroamaro. Sono vitigni di un territorio caldo, derivanti da terreni calcareo-argillosi, a due passi dal mare. Sono vini con sentori di frutti rossi maturi molto intensi, un’ideale residuo zuccherino, in taluni casi uve appassite, rotondità, pienezza e corposità, calore, ecc., che li rendono perfetti per il mercato cinese e a prezzi in certi casi più competitivi dei più blasonati Amarone, Barolo o Chianti”.

Riusciamo a fare una proiezione per le vendite del 2023?

“Non preferisco fare proiezioni, e generare aspettative, negative, anche perché il semplice ottimismo è spesso un primo fondamentale vettore per buoni risultati. Tuttavia, a questa domanda, non posso che rispondere che nel 2023 mi aspetto un calo, seppur non drastico, di fatturato e margini derivanti dalle vendite nazionali ed internazionali di vino. Per le cantine i costi di produzione sono aumentati, e dire “con un aumento a doppia cifra” sarebbe riduttivo e non renderebbe la gravità della situazione. Aumento dei costi dei materiali produttivi, nonché e soprattutto aumento dei costi di energia, graveranno severamente sui costi delle cantine e di riflesso sul prezzo finale del prodotto che si porterà alla vendita. A questo si aggiunge recessione economica e concomitante calo di acquisti e vendite. È retorico dirlo, visto che lo abbiamo sperimentato tutti sulla nostra pelle, ma la doppia batosta del Covid e poi della guerra russo-ucraina ci hanno posti dinanzi ad una sfida importante. Ma come già vissuto durante altre congiunture negative, possiamo solo stringere i denti, impegnarci più del solito, e venirne fuori forti di prima, con un bagaglio di esperienze che ci potranno tornare utili, in altri momenti di declino che la storia mai smette di porci dinanzi”.

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