Meritxell Falgueras: perché il sommelier è uno di noi

Intervista a una giovane donna che ha rivoluzionato l’immagine del sommelier.

Se c’è una cosa di cui abbisogna il mondo del vino in generale e in particolare le scuole di sommelerie è di scrollarsi di dosso quell’aurea un po’ antiquata e altezzosa che li caratterizza e riuscire finalmente ad avvicinare il consumatore finale.

Quando penso ad una figura del vino che è riuscita in questo intento, scardinando questi pregiudizi, mi viene in mente una giovane ragazza catalana che ho incontrato di persona la scorsa estate e che in Spagna ha saputo davvero stravolgere l’immagine del sommelier noioso, impettito e in divisa, freddo e stizzoso nei confronti di chi ne sa meno, diventando una comunicatrice in grado di risultare simpatica a tutte le generazioni, da quella degli adulti più esperti giù fino agli studenti universitari alle prese con bicchieri spaiati e primi approcci al vino. Lei si chiama Meritxell Falgueras, figlia d’arte (la famiglia gestisce da cinque generazioni il Celler de Gelida, prestigiosa enoteca di Barcellona) che ha saputo costruirsi un curriculum da togliere il fiato (Nariz d’Oro a soli 25 anni, eletta nel 2011 “sommelier dell’anno” dalla rivista Esquire e inserita nel 2017 fra le 5 Spain’s Women to Watch, qui). Questa è la nostra chiacchierata sui alcuni dei temi caldi del vino e della comunicazione.

Hai iniziato la carriera da giovanissima portando una ventata di novità nel mondo del vino grazie a programmi Tv e You Tube dedicati ai giovani. Perché puntare sul mercato dei giovani è non solo lungimirante ma necessario? 

“Perché mentre il pubblico adulto, che è anche quello più esperto, lo abbiamo già conquistato, il mondo dei giovani, quelli che chiamiamo Millennials, è un mondo che del vino ha paura e che sceglie quindi altre cose. Usare un linguaggio semplice, fresco ma mai banale,  che invece rende la cultura e il vino accessibile, ci consente di avvicinare anche questa fascia di pubblico e di consumatori”.

Italia e Spagna sono molto simili, per alcune cose tra cui la familiarità col vino. I dati OIV relativi al periodo 2008-2015 (qui) testimoniano però per il consumo pro capite due percorsi differenti. La Spagna dopo aver toccato i 19.9 litri a testa nel 2012 sta risalendo la china raggiungendo nel 2015 quota 21.1, mentre l’Italia è in costante recessione: dai 43.7 del 2008 ai 33.1 del 2015. Come rilanciare il consumo di vino?

“Penso il modo di comunicarlo abbia effetti importanti su quanti e che tipi di consumatori si raggiungono. Sicuramente renderlo accessibile e trendy aiuta anche i giovani ad avvicinarsi conquistando una categoria che abbiamo perso e che al vino oggi preferisce altre bevande, cocktail, superalcolici. Poi sicuramente il vino deve essere riportato anche ad un uso quotidiano: quindi non solo la bottiglia da aprire per le feste o una cerimonia, ma un oggetto che deve tornare nella tavola di ogni giorno”.

Un altro tratto che accomuna Italia e Spagna è la forte presenza maschile nel mondo del vino. Tu, per esperienza personale (Meritxell vive per metà del tempo in Italia ed è spostata con Lorenzo Zonin, in forze al gruppo Zonin oltre che titolare di Podere San Cristoforo in Maremma, ndr) che differenze noti tra questi due Paesi?

“Per quello che ho percepito io, l’Italia è ancora più maschilista della Spagna. È vero che io non lavoro in Italia – a dire la verità non ci ho proprio provato – ma forse in Italia non potrei nemmeno condurre i programmi che conduco in Spagna. In Italia il vocabolario del vino cui ci si serve è un vocabolario complicato, fatto di parole cerebrali più che emotive e sommelier  spesso in là con gli anni che fanno quasi pesare all’uditorio la propria competenza. Ne esce un mondo in cui la bravura pare venir quantificata unicamente in base all’età e alla superbia del proprio sapere. Questo approccio è molto diverso dal mio – so di non essere politicamente corretta nel dire questo – ma temo porti anche ad una comunicazione che risulta sterile, poco fresca, lontana anche dalle dinamiche di mercati importanti come gli USA. Proprio mentre studiavo in Napa Valley mi sono accorta che lì il vino è “figo” – passatemi il termine – moderno, fashion, ha glamour e quindi riesce ad avvicinare i giovani. In Italia invece il vino viene visto e comunicato come prodotto elitario, per intenditori, per persone spesso con un potere d’acquisto importante, e questo porta ad allontanare i giovani che a quel punto vengono conquistati da spritz e Gin tonic. Enoturismo, comunicazione agile e prezzi accessibili sono invece gli strumenti per conquistare i giovani, per vincere una guerra”.

Giovane, donna, bionda. Un profilo non proprio facile per lavorare nel mondo del vino. Quali sono state le sfide maggiori che hai incontrato?

“Giovane, donna, bionda… a questo aggiungi l’essere sposata con un produttore di vino per cui la gente in Italia pensa che sia lui quello che porta a casa la pagnotta e che contribuisce alla mia popolarità e vengo classificata come “la moglie di”. In Spagna è esattamente l’inverso: il cognome importante è il mio, Falgueras, mentre la figura di Lorenzo viene sì associata al vino ma non ha quella centralità che riveste in Italia. Qui in Spagna  la gente mi ha sempre collegato col vino anche se all’inizio, verso i 18 anni quando comunque già frequentavo in maniera assidua questo mondo, ero semplicemente “la figlia di” mentre poi la gente ha iniziato a vedermi come Meritxell Falgueras. Le sfide attuali sono varie: in primis, quella di finire il dottorato in Scienze della Comunicazione all’Universitat Ramón Llull dove sto scrivendo una una tesi sul linguaggio metaforico nella degustazione del vino. Poi sicuramente voglio entrare al Master of Wine ma aspetto di svezzare mia figlia Vita prima: se penso che ho fatto un esame che la stavo allattando e nel mezzo dell’esame non ce la facevo più a tenere il latte con tutti i commissari uomini e non mi era permesso uscire per tirarmi il latte! Alla fine comunque l’esame l’ho passato! Comunque questa rimane un’altra sfida: fare la madre, con tutto quello che comporta a livello fisico, anche di mancanza di sonno, e al contempo essere una lavoratrice”.

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