Champagne: nuove politiche di filiera per un futuro sostenibile

In occasione del Wine Paris & Vinexpo Paris, i co-presidenti del Comité Champagne David Chantillon e Maxime Toubart hanno annunciato le nuove direttive da seguire per il futuro di una delle principali denominazioni al mondo: lo Champagne.

Tra le linee guida rientrano sicuramente una grande attenzione agli equilibri di filiera e al lavoro in vendemmia, la lotta alle contraffazioni (anche su territorio italiano) e la differenziazione del prodotto a seguito del successo riscontrato sia dai rosé, sia dagli Champagne a basso dosaggio.

In primo luogo, gli esponenti del Comité hanno dichiarato il loro ottimismo per il futuro, dato che “insieme, Vigneron e Maison della Champagne hanno saputo prendere decisioni strutturali e avviato progetti per garantire l’equilibrio della filiera e il successo della denominazione in tutto il mondo”. In secondo luogo, si è lasciato ampio spazio al progetto di rafforzare i rapporti contrattuali tra cantine e viticoltori non solo per innalzare il plafond della riserva vendemmiale, ma anche per realizzare un nuovo centro di ricerca e sviluppo a Epernay indirizzato proprio verso azioni sostenibili con il supporto di attrezzature all’avanguardia.

L’equilibrio della filiera come punto di partenza

Per far sì che il futuro dello Champagne sia effettivamente roseo e sostenibile come auspicato, è importantissimo tenere in equilibrio la filiera; pertanto, è stato rinnovato per 5 anni l’accordo di riferimento sulla contrattualizzazione della compravendita delle uve in Champagne: in pratica, consiste in uno strumento in grado di garantire l’approvvigionamento dei mercati e rende ancora più solido l’iter di compartecipazione al valore.

Con la riserva, infatti, è possibile conservare una parte dei vini prodotti in occasione di annate favorevoli per metterli a disposizione in caso di vendemmie poco produttive. Per favorire ancora di più la resilienza della filiera, il plafond della riserva è stato innalzato da 8 a 10 tonnellate a ettaro.

A tal proposito si è espressa Maxime Toubart, presidente del Syndicat général des vignerons e co-presidente del Comité Champagne: “Siamo impegnati a inquadrare più compiutamente questo momento cruciale e a lavorare sui problemi di fondo. L’obiettivo è assicurare lo svolgimento fluido della vendemmia, che, ogni anno, mobilita 100mila stagionali”.

Sul fronte dei mercati esteri, poi, è previsto l’ampliamento della rete mondiale delle ambasciate dello Champagne con l’apertura di un nuovo Bureau a Stoccolma, previsto nel mese di aprile. Al Comité Champagne è stato chiarito che “l’’ufficio di rappresentanza della filiera presso i Paesi nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca) sarà l’interlocutore locale per i media, i professionisti del settore, gli importatori e le istituzioni. L’espansione è giustificata dall’importanza crescente di questi mercati, dove la domanda è in costante ascesa da un decennio (+67%)”.

Bottiglia di Champagne con calice

Rimanendo nel campo dei mercati internazionali, verrà prestata ancora più attenzione alla tutela di un prodotto così prestigioso, proseguendo la lotta già iniziata nel 2023 dal Comité Champagne per il riconoscimento e la tutela della denominazione Champagne. I risultati ottenuti lo scorso anno sono stati molto soddisfacenti, soprattutto le vittorie legali in Canada e in Italia.

Non solo, perché lo Champagne ha ottenuto anche lo status di “nome notorio” in Cina, “un progresso di portata eccezionale, che rafforza la tutela contro gli usi fraudolenti del termine Champagne per qualsiasi prodotto, anche laddove figuri in caratteri cinesi”, hanno sottolineato al Comité.

L’export punta sul rosè

Attualmente, l’export di Champagne rappresenta oltre il 60% del totale delle spedizioni, a fronte del 45% di 10 anni fa, nonostante siano ancora numerosi i mercati ancora da conquistare. L’80% dello Champagne è, infatti, venduto in soli 8 Paesi (Francia compresa) ma sono numerosi i mercati come Canada, Sudafrica e Corea del Sud che mostrano sempre più interesse proprio incrementando le vendite.

Di tendenza ultimamente, poi, è la vendita dei brut sans année, con una ricerca sempre maggiore da parte dei consumatori verso le varietà negli assemblaggi e nei dosaggi. Un esempio è dato dall’incremento della richiesta di Chapagne rosè all’estero che, nel giro di appena 20 anni, si è addirittura quintuplicata rappresentando a oggi più del 10% dell’export (circa 20 milioni di bottiglie).

Al contempo, crescono anche gli Champagne a basso dosaggio (extra brut e pas dosé) con un aumento dei volumi di quasi 70 volte nell’arco di 20 anni e che, l’anno scorso, hanno segnato 6,4 milioni di bottiglie esportate.

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