Loazzolo, la più piccola Doc d’Italia

Piemonte, terra di grandi vini ed anche di piccole e virtuose nicchie di produzione, autentiche perle.

La Doc Loazzolo si trova a sud della Langa astigiana, al confine con quella albese. Conta circa 3 ettari vitati ed una produzione che nel 2019 non ha superato le 3000 bottiglie. La superficie insiste sul solo territorio comunale di Loazzolo, un paese di circa 400 abitanti posto sulla dosale collinare che separa la valle del fiume Bormida da quella del Belbo.

Lupatiolum, come la chiamavano i latini, significa terra di lupi, l’animale ritratto nello stemma del paese. Una zona definita quindi inizialmente come un territorio selvaggio e inadatto all’agricoltura. La mano dell’uomo ha però ben presto domato queste alture, ricamando i declivi con pregiatissimi filari di Moscato. Terrazzamenti bordati di tufo infatti, modellano oggi i pendii scoscesi della piccola denominazione di Loazzolo.

Il vino che si produce è un bianco dolce ottenuto da queste uve dorate. Il processo produttivo prevede l’arricchimento zuccherino delle uve mediante appassimento in pianta oppure in fruttaio. Le alte colline circondate da boschi, le fresche notti ed il clima asciutto e ventilato favoriscono la sovramaturazione degli acini. In alcune circostanze la nebbia, tutt’altro che rara nel territorio delle Langhe, contribuisce alla infavatura nobile di Botrite. Prima della commercializzazione il vino deve essere affinato per almeno due anni in cantina, utilizzando botti in rovere di piccola taglia.

Anticamente la produzione di questo vino era perlopiù familiare oppure riservata alle funzioni religiose, come molto spesso accade per i vini dolci dalla lunga tradizione. Già nel 1908 infatti, nell’opera di Arnaldo Strucchi “I Migliori Vini d’Italia”, si parla di vini tipici del sud del Piemonte prodotti da uve appassite provenienti da vecchie vigne di Moscato. Ma questo dolce nettare di Bacco era in realtà già conosciuto anche tra i nobili piemontesi nel 1600, sorseggiato in piccoli calici, quasi a celebrarne la sua rarità. Il Loazzolo ottenne la certificazione come Doc dal 1998 e oggi fa parte del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, che tutela e promuove altre 9 Doc e 3 Docg.

Pioniere del Loazzolo è senza dubbio l’enologo Giancarlo Scaglione e la sua famiglia. Suo nonno già produceva del vino passito da uve Moscato, tradizione proseguita poi da Scaglione che nel 1985 ha imbottigliato i primi lotti di Moscato Vendemmia Tardiva. Ad oggi sono otto i produttori di Loazzolo Doc, consigliato in abbinamento alla torta di nocciole, peculiarità di queste terre.

Gustando questo ottimo vino nelle strette vie che conducono alla scoperta del paese, non si può fare a meno di percepire l’eco della natura circostante. In questa “terra di lupi”, meno battuta dal turismo, il borgo offre ristoro anche alla vista, una meravigliosa terrazza naturale affacciata sulle Langhe piemontesi.

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