Scuro, succulento e polposo… arriva dalla Transilvania il vino adatto ai vampiri!

Il Crepuscul by Liliac… lo racconta Donato Notarachille.

Se dico Transilvania, a cosa pensate? Non bluffate, so benissimo che il primo pensiero è per lui. Cultori dell’horror, amanti del romanzo gotico dell’Ottocento o nulla di tutto questo, tutti, e dico tutti, alla parola Transilvania associate il nome Dracula e non senza un sottile brivido che corre lungo la schiena richiamate alla mente una serie di immagini poco rassicuranti: bianchi canini aguzzi, rivoli di sangue, stormi di pipistrelli, notti tempestose, tramonti nebbiosi e manieri arroccati su picchi rocciosi inaccessibili.

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E come biasimarvi se le suggestioni letterarie di Bram Stoker e quelle cinematografiche di Francis Ford Coppola hanno letteralmente trasformato verdi vallate, fitti boschi e graziosi borghi di architetture in stile teutonico (per intenderci osservando alcune foto che potete trovare comodamente in rete sembra di stare in Alto Adige o nel Tirolo austriaco) in brumosi territori di caccia per sanguinari vampiri? Cerchiamo di ristabilire l’ordine. La Transilvania è il cuore della Romania, non solo geograficamente parlando ma anche dal punto di vista vitivinicolo. Quindi, Transilvania vuol dire vino, e da parecchio anche. La vite è parte integrante della cultura rurale locale, basti pensare che le colline ai piedi dei Carpazi erano letteralmente traboccanti di vigne fino alla seconda guerra mondiale. Con l’avvento della dittatura comunista e la conseguente nazionalizzazione delle terre si registrò una diminuzione delle superfici vitate e un calo qualitativo notevole fino ai primi anni ’90, quando iniziò l’inversione di tendenza e l’avvio di un piccolo rinascimento enologico.

Liliac è una cantina molto giovane, fondata nel 2010 ed è tra le realtà più promettenti del panorama enologico rumeno. Cinquantadue ettari vitati all’interno della denominazione Lechinta (nel ditretto di Bistrita-Nasaud) dove assieme alle varietà autoctone e storiche del territorio come la Feteasca Alba, la Feteasca Regala, la Feteasca Neagra, trovano spazio anche vitigni internazionali come il Sauvignon, lo Chardonnay, il Pinot Gris, il Pinot Noir e il Merlot. Proprio quest’ultima è una delle due uve alla base del vino che ho degustato, realizzato in blend con la Feteasca Neagra: il Crepuscul. La Feteasca Neagra, letteralmente “fanciulla nera“, è l’uva simbolo della rinascita qualitativa del vino del Paese. Originaria della Moldova, conosciuta anche come Black Maiden, è coltivata in varie parti del Paese e può dare vita a rossi leggeri o strutturati, sempre eleganti e con i tannini ottimamente polimerizzati.

E strutturato ed elegante è il Crepuscul 2012 che20150523_230 ho potuto assaggiare grazie ad una fortunatissima coincidenza che sarebbe troppo lunga e complicata da eviscerare. Nome ed etichetta, scelte da Alfred Michael Beck, il proprietario dell’azienda, evocano suggestioni pescate direttamente dall’immaginario horror-vampiresco: una parete rocciosa (?) diagonale rosso sangue con pennellate nere e granato e un pipistrello stilizzato che è il simbolo della cantina (liliac in rumeno vuol dire pipistrello), che sovrasta il nome Crepuscul. Nomen omen. Alla visiva questo Crepuscul 2012 fa della densità cromatica e dei toni scuri, cupi, il suo biglietto da visita, mostrandosi di un rubino dal cuore compatto, quasi inchiostrato, con un’unghia che tende al granato. Un naso che promette succulenza e polposità di frutti di bosco (ribes e mora su tutti) e ancora amarena e prugna quasi in confettura, e poi note di sottobosco e di terra smossa, e accenni di liquirizia, ginepro e tabacco. Morbido, sapido, gradevole in bocca con tannini ben integrati ed un’alcolicità che sebbene sia possente (15%) non disturba affatto.

20150523_234Intenso e persistente con coerenti ritorni di frutta scura e liquirizia e un finale lunghissimo di amarena (87/100). Gran bel vino, prontissimo da bere oggi ma, a mio avviso, con un discreto potenziale di invecchiamento. Ideale per accompagnare divese tipologie di preparati succulenti a base di carne agnello alla cacciatora, cinghiale in umido e brasati o bistecche di manzo alla griglia. Sono abbastanza sicuro che anche il conte (che è sempre meglio non nominare) ne abbia qualche bottiglia in cantina.

 

Dodo

Donato Notarachille: Classe 1982, giornalista professionista, cronista parlamentare e addetto stampa, sommelier, zio di Marysol, calabrese, irrimediabilmente juventino e animale marino. Integralista del metodo classico, accanito sostenitore delle potenzialità del Mantonico e del Gaglioppo. Adoro leggere, ascoltare e talvolta raccontare storie, specie se sul vino e su chi lo fa.

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