Questione di rigidità (di prezzi) in un mondo che chiede a gran voce flessibilità.
E se qualche bagliore di sole filtra fa le nubi – all’asta di Sotheby’s lo scorso febbraio a Hong Kong tutti i lotti della collezione Mouton Rotschild sono stati venduti, con il 93% di essi che ha superato la valutazione massima iniziale per un totale di 2,75 milioni di sterline – la musica prevalente è quella di una Madama Butterfly francese che aspetta il ritorno del suo Pinkerton asiatico.
A Occidente la melodia non è però migliore (stando ai dati del Corriere Vinicolo) con gli UK che segnano un -46% e gli USA e il Canada che decrescono rispettivamente dell’11% e del 27%. La crisi economica ha avuto certamente il suo peso, ma questo non spiega in tutto e per tutto la ritirata bordolese: nello stesso periodo sono infatti aumentate le vendite di altre denominazioni francesi meno prestigiose, quali la Languedoc-Roussillon, la Côtes du Rhône, la Loire, la regione del Beaujolais e l’Alsazia. In Cina Bordeaux cede nello specifico il passo ai vini del Rodano, al Barolo e ai brand australiani. E se di cambio di gusto tout court non è propriamente esatto parlare, possiamo abbozzare un’ipotesi complementare: che la rigidità della grande denominazione francese in fatto di prezzi abbia giocato a suo sfavore di fronte a vini, sia francesi che esteri, magari meno patinati ma di qualità e di maggiore flessibilità.