Vino senza solfiti, ma esiste davvero? Le risposte dell’enologo

Se ne sente parlare sempre più spesso e ha catturato l’attenzione di un numero crescente di produttori, enologi ed esperti del settore, ma anche di winelovers. Stiamo parlando del vino senza solfiti, la cui dicitura esatta, in realtà, sarebbe senza solfiti aggiunti. Già, perché, diciamolo subito, difficilmente esiste un vino senza solfiti. Il sostantivo “aggiunti” – che a chi non lavora nel settore o a chi si sta avvicinando da poco al mondo del vino, potrebbe sembrare insignificante – è, invece, fondamentale. Cerchiamo di capire perché.

Quali sono i vini senza solfiti aggiunti?

Dopo aver risposto alla domanda se esiste il vino senza solfiti, cerchiamo di capire che cosa sono i solfiti. “Quando si parla di solfiti, indichiamo in realtà l’anidride solforosa, gas incolore dall’odore acre e pungente utilizzato in enologia (e in altri alimenti) – afferma Elisa Martelli, consulente enologo toscana -. In cantina viene normalmente utilizzato il sale di potassio dell’acido disolforoso, detto anche metabisolfito di potassio”.

esiste vino senza solfiti Elisa Martelli enologo
Giovane consulente enologo toscano. Ha svolto la sua professione in Italia e all’estero. Scrive di enologia per riviste di settore, è sommelier internazionale WSET, giudice di concorsi enologici ed esperta assaggiatrice di olio extravergine di oliva

È importante ricordare che, durante la fermentazione – cioè quando il succo d’uva o mosto diventa vino – si produce naturalmente anidride solforosa. Ecco, allora, perché il termine “aggiunti” è importante. I vini senza solfiti aggiunti sono, dunque, quelli in cui il vino non viene “modificato” – termine da prendere tra mille virgolette e senza alcuna accezione negativa – con l’inserimento dei sali.

Vino senza solfiti, il disciplinare

Che cosa deve fare un produttore per fare un vino senza solfiti aggiunti? La legge, su questo aspetto, è molto chiara. “La dicitura “vino senza solfiti” può esistere in etichetta solamente se il contenuto di solforosa totale nel vino non eccede gli 10 mg/l – sottolinea Elisa -. Dal momento che i lieviti producono quantità di solforosa variabili e dipendenti sia dal loro metabolismo fermentativo, sia dalle condizioni fermentative, produrre un vino che rientri in queste specifiche può non essere semplice”.

Solfiti, pericolosi o no per la salute?

È una delle domande più ricorrenti quando si arriva a parlare di vino senza solfiti. E, forse, è anche uno dei punti su cui fare maggiore chiarezza, per evitare che – soprattutto da parte di un consumatore poco esperto – i vini che contengono solfiti vengano visti come un prodotto nocivo.

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“Ci sono delle regole da rispettare – ci dice Elisa -. La solforosa è tossica per l’uomo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità la include tra i conservanti (E220) e ne indica la Dose Giornaliera ammissibile in 0,7 mg/kg di peso corporeo. La Dose Letale è pari a 1,5 g/kg di peso corporeo. È per tale motivo che il suo utilizzo è sottoposto a limiti di legge”. Guardiamo, in particolare modo, il caso dell’Italia. “Nel nostro Paese, la normativa di riferimento è quella europea, che fissa il limite massimo di 210 mg/l per i vini bianchi e di 160 mg/l nei vini rossi, che riguarda la solforosa totale. In regime biologico i limiti scendono rispettivamente a 150 e 100 mg/l”.

Vino con o senza solfiti, che cosa cambia?

I solfiti vengono utilizzati per i diversi vantaggi che portano alla vinificazione.

  • Azione antiossidante. La solforosa è in grado di combinarsi con l’ossigeno bloccandone la sua azione e proteggendo quindi i vini dall’ossidazione chimica.
  • Azione antiossidasica. La solforosa inibisce l’azione di enzimi ossidasici (quali sono tirosinasi e laccasi) presenti nei mosti ottenuti da uve non sane.
  • Effetto antimicrobico. Impedisce la proliferazione di patogeni indesiderati quali batteri e lieviti.

I vini senza solfiti devono, dunque, fare a meno di questa “protezione. “È innegabile che i vini senza solfiti siano più fragili rispetto a quelli “convenzionali”, in particolar modo in riferimento alla loro ossidabilità – spiega Elisa -. Dall’altro lato, i vini senza solfiti aggiunti risultano generalmente più fruttati, intensi, ed espressivi. Inoltre, non si può non considerare l’interesse dei consumatori, che nei confronti di questa tipologia di vini è tuttora in crescita”.

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“Non esiste un buon vino senza solfiti aggiunti senza un protocollo di vinificazione controllato”

Elisa ci spiega, poi, quali sono secondo lei i passaggi da fare per produrre un vino senza solfiti aggiunti buono e capace di resistere nel tempo. “Occorre prima di tutto mettere a punto un protocollo di vinificazione che sia tecnologico, controllato – afferma -. Uve lavorate a bassa temperatura, scelta di antiossidanti alternativi alla solforosa, utilizzo di gas tecnici come argon e azoto per allontanare l’ossigeno durante le fasi critiche della vinificazione quali i travasi, le filtrazioni ed in particolar modo l’imbottigliamento sono cruciali al fine di ottenere dei vini di qualità. Non per ultimo, bisogna ancora lavorare molto per allungare la shelf-life dei vini prodotti senza utilizzo di solfiti”.

Vi interessa conoscere altri aspetti tecnici o curiosità sul mondo del vino? Potrebbe allora interessarvi sapere perché il vino bianco si serve freddo, o capire cosa fare quando il vino sa di tappo. Non si smette mai di imparare.

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