Viaggio tra le meraviglie della provincia di Caserta, dove nasce il vino degli Antichi Romani

La Reggia di Caserta, il mare, e i comuni di Cellole e Sessa Aurunca che conservano le tracce dell’antica denominazione romana: la provincia di Caserta è ricca di segreti da scoprire. E nella parte più a nord del territorio si coltiva, oggi, il Falerno, discendente del vino dei Romani: una storia suggestiva che la signora Maria Ida Avallone, titolare di Villa Matilde Avallone, ci racconta…

 

Ci troviamo in Campania, al confine con il Lazio e il Molise, in un territorio che va dal mare ai preappennini, passando per la pianura campana: è la provincia di Caserta, la terza per numero di abitanti della regione, un territorio che vanta tanti piccoli tesori – alcuni ben noti, altri poco conosciuti – tutti da scoprire.

Tra le eccellenze enogastronomiche della regione spiccano certamente i prodotti caseari, con la mozzarella di bufala in testa, e tanti dolci, come la ben nota pastiera, i babà e le sfogliatelle, ma anche il vino merita una menzione speciale. Tre, infatti, sono le DOC del territorio: l’Aspirinio di Aversa, il Galluccio e il Falerno del Massico. Quest’ultimo, in particolare, è il discendente del leggendario Falerno, il vino bevuto dagli antichi romani, che viene citato anche da Plinio e Marziale nelle loro opere, e che oggi, grazie alla passione e all’attenzione di chi si è dedicato alla sua riscoperta, vive una nuova vita.

Un territorio, quello di Caserta e provincia, dalla secolare tradizione vinicola che, nonostante oggi rappresenti la provincia meno vitata della Campania, è sempre in grado di affascinare visitatori e enoturisti e merita di essere sicuramente inserito tra gli itinerari da non perdersi.

 

I luoghi da non lasciarsi scappare

Uno dei simboli della provincia è, sicuramente,  la celebre reggia di Caserta. Dichiarata Patrimonio dell’UNESCO nel 1997, fu realizzata su progetto di Vanvitelli a partire dal 1752 per volere del re di Napoli Carlo di Borbone: 1200 stanze e 1742 finestre per quella che fu definita l’ultima grande realizzazione del Barocco Italiano. Oltre alle sue sale spettacolari e ai tesori che queste nascondono, a rendere ancora più suggestiva la visita ci pensa il grande parco: ben 3 km di lunghezza su 120 ettari di superficie con le celebri vasche e fontane che lo rendono uno dei siti più famosi del nostro Paese e non solo.

Uscendo dalla Reggia, ci si può avventurare tra le strade del centro storico medievale di Caserta Vecchia, dove si trova la Cattedrale del XII secolo i cui elementi architettonici e decorativi ricordano le influenze arabo-siculi e pugliesi, o raggiungere il vicino borgo di San Leucio, con le sue seterie borboniche.

Allontanandosi dal capoluogo e spostandosi verso il mare si raggiunge Mondragone, un comune affacciato sul golfo di Gaeta, tra la foce del Volturno e il Monte Petrino. Sempre costeggiando la costa, ma più verso nord, si trova Cellole un comune ricco di fascino, che conserva tracce di un passato lontano: il suo nome, infatti, deriva dai fabbricati deii Pagus Cellarum, deposito dei romani, che ancora oggi sono visibili a cielo aperto. Tracce evidenti della dominazione romana rimangono anche a Sessa Aurunca, a pochi km da Cellole, come i resti del suggestivo teatro romano – una tappa sicuramente da inserire nel proprio itinerario; sempre per gli amanti della Storia, c’è il Complesso Archeologico di Minturno, visitabile sia da soli sia in gruppi guidati da archeologi specializzati. È tra questi territori di origine vulcanica, a metà strada tra la costa e l’entroterra, che nasceva, migliaia di anni fa, il mitico Falerno; oggi, nella zona, ci sono cantine che hanno recuperato quest’antica tradizione e producono vini di qualità e di grande particolarità.

 

Falernus, il principe dei vini e il vino dei principi

Non poteva mai mancare nei ricchi banchetti di principi e imperatori romani: il Falernus, un vino la cui storia si perde nella notte dei tempi, veniva prodotto proprio qui, nell’ager falernus, territorio che oggi corrisponde ai comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Carinola e  Falciano del Massico. Tra fine Ottocento e inizio Novecento, l’arrivo della Fillossera ne fece interrompere la produzione; soltanto negli anni Sessanta, Francesco Paolo Avallone, stimato professore universitario di Diritto Romano di Napoli, diede il via a un progetto che aveva come scopo quello di rintracciare, se possibile, alcuni esemplari di piante non andate perdute e recuperare una tradizione millenaria che rischiava di scomparire per sempre.

Maria Ida Avallone, figlia di Francesco, che oggi porta avanti la Cantina Villa Matilde Avallone insieme a suo fratello Salvatore, ci racconta questa meravigliosa storia: “Mio padre pensava che fosse un dovere per un uomo di cultura recuperare una tradizione così importante non solo per il territorio casertano, ma per tutta l’Italia. Certo, fu una vera e propria scommessa, perché a inizio anni Sessanta nel nostro Paese non si sentiva ancora parlare di cultura enologica. Mise insieme un team di tecnici professionisti e, dopo oltre dieci anni, arrivarono i primi risultati: il Falerno poteva essere di nuovo prodotto”. Fondamentali furono le notizie rintracciate negli antichi libri di testo, che descrivevano sia il colore e il sapore, sia – cosa estremamente importante – l’apparato ampelografico. “Quando mio padre capì che la rinascita del Falerno era possibile, acquisì una piccola fattoria zootecnica che si trovava lungo la strada Domiziana, dove oggi hanno sede il centro aziendale della nostra cantina e una parte delle nostre vigne. Cominciò con alcuni appezzamenti, che crebbero nel corso degli anni, fino a comprendere, oggi, anche una cospicua parte nel comune di Sessa Aurunca.
Negli anni, il numero di bottiglie prodotte è cresciuto, ma quello che non
è cambiato è la filosofia che sta alla base della nostra azienda
:
vogliamo rimanere legati alla tipicità del territorio, rispettare le sue particolarità e quelle di un vino che non rappresenta soltanto un’eccellenza dell’enogastronomia locale, ma anche e soprattutto un pilastro della nostra cultura”.

Recentemente, la cantina ha modificato il suo nome in Villa Matilde Avallone, con l’aggiunta del cognome che vuole sottolineare l’impegno della famiglia verso un progetto cominciato dal padre e portato avanti ancora oggi con passione dai suoi eredi. Oltre al Falerno, l’azienda ha riportato alla luce un altro vino storico, il Cecubo, che, al momento, la cantina è l’unica a produrre nel territorio. Per chi visita la provincia, Villa Matilde Avallone è una di quelle soste da programmare assolutamente: conoscere da vicino il Falerno, degustare i vini della cantina e vedere con i propri occhi i territori in cui questi prendono vita è il modo migliore per entrare davvero in contatto con un mondo che arriva a noi dopo migliaia di anni di Storia.

 

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