Al Seminario Internazionale di Marketing del Vino si è parlato dei nuovi modelli per l’export del vino

Tanti i nomi importanti presenti: Antonio Rallo, Sandro Boscaini, Matilde Poggi e molti altri ancora.

Il giorno 4 novembre la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige ha ospitato la settima edizione del 12819094_178598615863008_956401630_nSeminario Internazionale di Marketing del Vino. Marketing e vino non sempre vanno a braccetto eppure anche i più piccoli si stanno sempre più rendendo conto di quanto sia importante adottare dei metodi, avere dei modelli di riferimento, trovare un’identità (che in gergo diventa brand identity) e arrivare sui mercati, soprattutto quelli esteri, con una buona preparazione e le idee piuttosto chiare. In questa luce appuntamenti come quello di dieci giorni fa diventano importantissimi, se non addirittura fondamentali.

Il tema di questa edizione era “I nuovi modelli per l’export del vino italiano”: ecco che le orecchie si sono ancora più drizzate e l’argomento ha acquisito ancora più appeal. Al tavolo dei relatori tanti volti noti, primo fra tutti quello di Stevie Kim, front woman di Vinitaly International, in veste di moderatore. A turno si sono raccontati: Matteo Lunelli Presidente di Cantine Ferrari, Antonio Rallo Presidente UIV e patron di Donna Fugata, Emilio Pedron Ad di Bertani Domains, Raffaele Boscaini figlio d’arte e Direttore Marketing di Masi Agricola, Matilde Presidente FIVI, Francesco Ferreri Responsabile Assovini Sicilia e Roberta Crivellaro Managing Partner di Withers con una grande esperienza nel settore F&B.

Che possiamo fare di meglio, questo ce lo siamo più volte detto. A ricordarlo è anche Lunelli parlando del segmento degli sparkling wines: i trend sono di crescita, con un grande traino rappresentato dal Prosecco, e sul versante valore c’è ancora del lavoro da fare. C’è di buono – sottolinea Lunelli – che per Trentodoc e Franciacorta ci sono delle fasce di mercato in cui andarsi a posizionare: sono quegli spazi di mezzo fra Champagne e Prosecco dove ci sono grandi opportunità e grandi sfide da cogliere. Certo, è necessario potenziare l’immagine del prodotto: lavorare sul lato trendy, essere attraenti, associare il prodotto ad eventi lifestyle.

Quali sono i punti deboli del nostro Paese, quando si parla di export? A sottolinearne alcuni è Antonio Rallo, parlando di: impianto normativo piuttosto complesso, carenza di brand forti su scala internazionale e mancanza di accordi commerciali solidi con altri Paesi, in grado di favorirci negli scambi economici (vedi ad. esempio il Cile con la Cina o simili). Anche Pedron è d’accordo e continua: “non è vero che la vendita di vino italiano nel mondo vada così bene. Due terzi del vino italiano viene venduto sotto costo, quindi anche se commercializzato qualcuno ci rimette”. Inoltre Pedron fa notare come nel mondo del vino sia cambiata la domanda: c’è maggiore segmentazione, mancano dei riferimenti precisi e questo può trovare una chiave di lettura positiva. “Non dobbiamo avventurarci in una lotta di prezzo ma creare valore aggiunto tramite il marketing, la comunicazione, il racconto delle proprie caratteristiche e peculiarità”.

Boscaini, invece, con il piglio di chi mastica da anni i punti chiave del marketing, parla della differenza fra marchio aziendale e marchio collettivo. La condizione ideale è avere un marchio aziendale forte all’interno di un marchio collettivo forte: e comunque puntare sul marchio aziendale è fondamentale, sono proprio le singole aziende che sostengono la notorietà del territorio, anche e soprattutto all’estero. Francesco Ferreri, dal canto suo, ha portato all’attenzione della platea alcune esperienze di networking che in Sicilia stanno dando i loro frutti: un esempio virtuoso è proprio Sicilia En Primeur che richiama sull’isola giornalisti e opinion leaders da tutto il mondo, così da creare un momento di promozione congiunta per le cantine e per il territorio.

La testimonianza di Matilde Poggi ha sottolineato, fra le altre cose, due tendenze che oggi all’estero vanno molto forte: da una parte la crescente attenzione verso i vini rosati, dall’altro lato il concetto di artigianalità che lei conosce molto bene con l’esperienza non solo privata ma anche all’interno della FIVI. I piccoli produttori, le produzioni meno note, chi lavora secondo metodi artigianali piacciono sempre di più in Italia e all’estero, dove negli ultimi anni si sta diffondendo una crescente attenzione verso la naturalità dei processi e una spiccata curiosità verso vini meno noti.

img_1073Infine l’aspetto legale della questione è toccato a la Crivellaro che ha messo in luce quanto sia importante farsi seguire da un professionista quando si parla di contratti internazionali: sono questioni complesse in quanto ci si rifà alla legge nazionale, alla legge Ue, alla legge del Paese della controparte,c più alle convenzioni internazionali e alla lex mercatoria. Insomma è bene tutelarsi prima perché correre ai ripari dopo potrebbe essere complesso, costoso e talvolta anche impossibile. La mattinata si è conclusa con diverse domande della platea e, infine, con la consegna dei diplomi per chi ha seguito il percorso per Export Manager che da alcuni anni la fondazione ha istituito: a detta dei corsisti, e non solo, un programma serio e professionale per creare figure in grado di affrontare, con la giusta preparazione, la commercializzazione del nostro vino  sullo scacchiere internazionale

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