Naturali sulla carta

I vini naturali sono spesso considerati più difficili da capire, ma in realtà ci sono tanti stili adatti a chiunque ed anche il ristorante può essere un ottimo banco di scuola

Andrea Maggi
Andrea Maggi

Chiamiamo impropriamente (in quanto non regolamentato da un disciplinare) vini “naturali” quei prodotti, con o senza certificazione biologica o biodinamica, che sono lavorati in modo artigianale, agendo nel rispetto del territorio, limitando o escludendo l’uso della chimica e della tecnologica, in genere, in vigna e in cantina. Fatto sta che, seppur ancora circondati da una nebbia burocratica che spesso non aiuta il consumatore a capirne i confini, questo tipo di vini suscitano sempre un maggiore interesse, da parte degli operatori del settore e degli appassionati, prova ne è il proliferare delle fiere e degustazioni a tema.Ma cosa cosa spinge una persona che con il vino ci lavora a fare una scelta orientata verso i vini bio? Lo chiediamo ad Andrea Maggi, oste a Vigna Ilaria, ristorante in provincia di Lucca, che ha fatto una selezione ben definita per quanto riguarda i vini da proporre.

Come mai nella tua carta dei vini hai scelto di dare un’attenzione così importante ai vini “naturali”?

“E’ stata una scelta che ho fatto sin dall’inizio della mia attività, 11 anni fa. Per me è stato un percorso obbligato, nel senso che, approfondendo la mia conoscenza del settore, ho scoperto che i produttori che mi piacciono lavorano in modo naturale. Poi c’è anche un discorso di salute, in quanto sono vini che quando si bevono danno minori effetti collaterali sia allo stomaco che alla testa. La biodinamica non è mai un fine ma solo un mezzo che ti può portare ad avere una grande qualità”.

Com’è impostata la carta? Sono tutti vini certificati o semplicemente “artigianali” o “naturali” e sono segnalati in qualche modo?

“L’80% dei vini in carta sono naturali, non mi interessa se con o senza certificazione ma solo la qualità e non sono indicati in alcun modo. Non voglio creare delle “ghettizzazioni” di nessun tipo, la discrimine è la qualità, non l’appartenenza a una categoria produttiva. Gli unici vini che sono segnalati in modo diverso sono i vini di questo territorio, i cosidetti vini della “biodynamic valley, della lucchesia, dove da anni c’è un gruppo cospicuo di aziende che sta facendo un lavoro di grande qualità ed etica”.

Come si propone e si spiega al cliente una carta così impostata?

“Semplicemente ascoltando il cliente ed educandolo gradualmente a scoprire cose nuove, senza mai forzarlo. Potendo attingere su una carta che arriva anche a 800 etichette, posso consigliare, assecondando le esigenze e la predisposizione del cliente e non propongo mai un vino in quanto naturale o biodinamico. In caso lo dico alla fine”.

Con i vini naturali è più facile che venga rimandato indietro un vino perché difettato o comunque non capito?

“E’ successo all’inizio della mia carriera quando, per troppo entusiasmo, proponevo dei vini che potevano risultare difficili o estremi, che poi mi venivano rimandati indietro perché non erano adatti a quella persona. Adesso, consigliando – come detto – un vino che sia su misura per ciascun cliente non succede mai. Non è vero che i vini naturali debbano “puzzare”; quasi sempre, in questi casi, ci sono degli errori in cantina che non hanno che fare con la filosofia produttiva. Poi sicuramente ci sono vini più estremi, come i macerati, o comunque vini che hanno bisogno di un po’ più di tempo nel bicchiere, ma quello è solo uno stile produttivo che può piacere o meno”.

Indicami 5 tue cantine del cuore.

1. Martin Arndorfer

2. Castell’in Villa

3. Roagna

4. Stefano Amerighi

5. I vini biodinamici della provincia di Lucca

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