Le merendine italiane festeggiano 70 anni. La prima a vedere la luce nel 1953 è stata il Buondì, inventato dal pasticciere e imprenditore Angelo Motta. Il progenitore del Buondì è stato il panettone, a cui proprio Motta ha conferito la forma che tutti conosciamo, quella del panettone alto, a cupola di battistero, più soffice e ricco di uvetta.
Il successo fu immediato e continuò ininterrotto negli anni successivi, così Angelo Motta decise di produrre una brioche ispirata al panettone. Nacque il Mottino, il capostipite di tutte le merendine, una sorta di panettone mignon trasformato in pratico fuoripasto. La Motta credeva molto in questo prodotto, tanto che nelle confezioni inserì una sorta di carta d’identità del panettoncino, con foto, dati anagrafici, analisi chimico-fisica, data di scadenza e ricetta.
La vera svolta, però, si ha quando il Mottino si trasforma nel Buondì. Il semplice cambio di nome fa sì che i consumatori associno quel piccolo panettoncino alla colazione del mattino, sostituendo pane, biscotti, fette biscottate, burro e marmellata. Il Buondì conquista subito la gola degli italiani e, nel frattempo, la Motta ha un altro colpo di genio: lo distribuisce anche all’interno dei pubblici esercizi, in modo da poterlo consumare anche in caso di colazione al bar. E così il Buondì fa concorrenza pure a brioche e croissant.
Il successo costante delle merendine tra gli italiani
Da quel lontano 1953, le merendine si sono moltiplicate, con una straordinaria varietà di forme e sapori. Oggi come allora riscuotono un grandissimo successo. Secondo una recente ricerca di Bva Doxa – Unione Italiana Food, le merendine sono consumate da 8 italiani su 10 (l’83%) e più della metà dei nostri connazionali (il 55%) le mangia almeno 1-2 volte a settimana.
Se si escludono i bambini, gli italiani che consumano più merendine hanno dai 42 ai 57 anni. In generale si registra poca fedeltà al prodotto, si è invece attirati dall’innovazione. La Generazione X, infatti, alterna le referenze da tempo presenti sugli scaffali dei supermercati con quelle nuove (il 63%). Il 28% è rimasto legato esclusivamente ai grandi classici, mentre il 14% ama le novità lanciate sul mercato. Infine, appena 1 su 10 (il 9%) non ha cambiato gusti: consuma soltanto quelle che prediligeva da piccolo.
Guardando alle abitudini del passato, è interessante scoprire che un consumatore su tre, oggi over 40, da ragazzino apprezzava, oltre al gusto buono, la pratica porzionatura di questi snack. Come fattore incentivante al consumo e all’acquisto c’era poi il fatto che la merendina si legasse alla presenza della sorpresa e dell’avvincente raccolta punti (il 39%). Per il 30%, invece, l’apprezzamento era anche trainato dal fatto di vedere in questa offerta di cibo un primo deciso stacco con il presente di allora, ancorato a cibi dolci prevalentemente preparati tra le mura di casa.
Secondo una rilevazione fatta da Circana, relativa all’anno 2022, le vendite di merendine hanno toccato a valore circa 1,3 miliardi di euro, pari al 29% del totale dei prodotti da forno e cereali. Invece, quelle a volume si sono attestate sulle 205.073 tonnellate, con una crescita del 2% rispetto all’anno precedente. Dal punto di vista delle tipologie più vendute a valore, trancini (32%) e croissant (27%) rappresentano il cuore del mercato. Seguono i plumcake (9,6%), le tortine (8%), le sfoglie (6,3%), le crostatine (5,3%), le altre brioches (4,7%) e i panini al latte arricchiti (4,6%).
“Se siamo qui a celebrare i 70 anni delle merendine – afferma Luca Ragaglini, vice direttore di Unione italiana Food – significa che questo prodotto è stato capace nel tempo di conquistare l’apprezzamento di diverse generazioni di italiani. Si tratta di piccoli prodotti dolci da forno monoporzione e in questo sta la peculiarità del loro successo: una piccola merenda, equilibrata nutrizionalmente, buona e pratica”.
Le merendine fanno male alla salute?
Nonostante il successo delle merendine nel nostro paese, i professionisti della nutrizione ripetono da anni che questo alimento è nocivo per la salute, perché contiene ingredienti dannosi per l’organismo e aumenta i rischi di obesità e diabete. Secondo i nutrizionisti, l’ideale sarebbe ridurle di molto o addirittura eliminarle dalla nostra dieta, sostituendole con un dessert fatto in casa o un’abbondante ciotola di frutta fresca.
A essere messi sotto accusa sono soprattutto gli zuccheri, spesso presenti nelle merendine in quantità eccedente il 10% del fabbisogno calorico giornaliero, secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
E poi c’è la componente dei grassi da non sottovalutare. I grassi più usati nella produzione delle merendine sono quelli di cocco e di palma. Inoltre, bisogna considerare anche la presenza di burro e panna all’interno del prodotto.
Come ha risposto il comparto delle merendine a queste accuse? Con una maggiore attenzione agli ingredienti utilizzati. In continuo miglioramento nutrizionale negli ultimi 15 anni, oggi le merendine si presentano in porzioni più piccole – appena 35g in media – ma anche con un’importante riduzione dei grassi saturi (-20%), degli zuccheri (-30%) e delle calorie (-21%). E gli italiani hanno risposto positivamente a questa sensibilizzazione verso gli aspetti nutrizionali.