In tempi di inflazione e caro-carburanti, la razionalizzazione del carrello della spesa non ha risparmiato neanche i prodotti alimentari e quelli dedicati alla pulizia domestica e all’igiene personale che riportano sulle confezioni almeno un riferimento al loro impegno sul fronte della sostenibilità. A rivelarlo è un’analisi condotta dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy.
L’indagine ha individuato oltre 36 mila prodotti (pari al 27,2% dei quasi 133 mila prodotti monitorati) che nel 2022 hanno superato i 15 miliardi di euro di incassi tra supermercati e ipermercati italiani, cioè il 35,7% del totale. Rispetto al 2021, questo paniere ha perso il 4,3% dei volumi venduti, ma, per effetto soprattutto dell’aumento dei prezzi, ha aumentato dell’8,6% il giro d’affari.
Nel 2022, l’andamento migliore a valore è stato quello dei prodotti etici nei confronti dei lavoratori e delle comunità: +10,5% a valore. Invece, l’andamento migliore a volume è stato quello dei prodotti ottenuti gestendo le risorse naturali in modo sostenibile (-3,3%), contenendo maggiormente il calo delle vendite.
“I prodotti – afferma Marco Cuppini, Research and Communication Director di GS1 Italy – che comunicano in etichetta l’impegno per ridurre l’impatto sull’ambiente registrano una crescita sia dell’offerta (+5,4%), sia della domanda (+3,2%), a conferma del forte interesse di aziende e consumatori per questa tematica. Però, anche questo ampio paniere di prodotti risente dell’aumento dei costi di produzione, trasferito poi sui prezzi di vendita, e il conseguente rialzo dell’inflazione che nel mondo del largo consumo confezionato ha raggiunto in media il 15% tra la fine del 2022 e i primi mesi del 2023″.
L’impegno green della GDO in Italia
Nonostante la contrazione delle vendite, ricercare e proporre prodotti rispettosi dell’ambiente sembra essere diventato il mantra della Grande Distribuzione, in risposta a un bisogno ormai diffuso dei consumatori. Domanda e offerta sono, infatti, allineate verso alimenti e confezionamenti percepiti come green ed ecologici. Se da una parte gli utenti sono disposti a cambiare il proprio stile di vita, richiedendo una maggiore attenzione verso le risorse naturali, dall’altra supermercati, ipermercati, discount e grandi magazzini non vogliono e non possono farsi trovare impreparati e quindi scelgono sempre più di offrire, sia nei propri banchi gastronomia che a scaffale, prodotti sostenibili.
Una conseguenza di questo trend si evince anche dal cambio di direzione che sta attuando il consumatore, che predilige i piatti pronti, ma cucinati al momento e proposti in packaging con il minor impatto ambientale possibile. Da qui, la decisione di molteplici retailer di ampliare o inserire all’interno dei propri store spazi dedicati ai prodotti alimentari freschi.
Prevenzione dello spreco, ridistribuzione delle eccedenze, riciclo e valorizzazione dei prodotti ancora commestibili, ma anche riduzione degli imballaggi di plastica e delle emissioni inquinanti dei punti vendita dei supermercati, nonché azioni concrete per garantire a tutti l’accesso a un cibo sano, sostenibile e di qualità. Sono questi i pilastri della strategia green messa in atto da diverse aziende che operano nel settore della GDO in Italia.
L’Unione Europea contro il greenwashing
Nonostante l’impegno dei consumatori e della GDO sul fronte della sostenibilità, c’è ancora molta strada da fare. Lo dimostra la posizione della SIMA, la Società Italiana di Medicina Ambientale, che ha approvato l’accordo tra il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’UE in merito alla direttiva contro le dichiarazioni ambientali ingannevoli, il cosiddetto greenwashing. Il provvedimento vieterà alle imprese di utilizzare sulle confezioni dei prodotti indicazioni come “ecologico”, “naturale”, “biodegradabile”, “climaticamente neutro” o “eco”, se non comprovate da evidenze scientifiche. Infatti, ancora molte etichette non risultano chiare e ciò che c’è scritto non corrisponde al vero.
Secondo il Sustainability Report 2023 di NielsenIQ, circa l’86% delle famiglie si orienta oggi su beni di largo consumo definiti come sostenibili sulla base delle informazioni presenti sui packaging. Una fetta di mercato che nel 2023 vale in Italia ben 14,5 miliardi di euro, in crescita del 3,2% sul biennio 2021-2022. “Tuttavia, davanti a questo fiorente mercato – spiega il presidente di SIMA, Alessandro Miani – una recente ricerca condotta dalla Commissione Europea ha evidenziato come oggi il 53,3% delle affermazioni ambientali riportate sulle confezioni dei prodotti commercializzati nell’UE sia vago e fuorviante. Inoltre, il 40% delle indicazioni green risulta non comprovata, ossia non sono dimostrate le caratteristiche ambientali promesse”.
Le finte indicazioni ambientali hanno effetti negativi non solo sui consumatori e sul mercato, ma anche sull’ambiente. Un prodotto fintamente ecologico, infatti, ha un inevitabile impatto ambientale negativo in termini di emissioni inquinanti.
“Per questo riteniamo – conclude Miani – che i nuovi divieti studiati dall’UE debbano essere estesi a tutti i settori che hanno a che fare con il concetto di sostenibilità. Perché tutto ciò che viene presentato come ecologico o sostenibile deve essere scientificamente dimostrabile, verificabile e validato da organi ufficiali pubblici, riconosciuti a livello internazionale. E il reale impatto positivo sull’ambiente deve essere espressamente indicato in etichetta. Ciò anche a tutela del miglior Made in Italy e dell’agricoltura biologica, che in Italia rappresenta il 17,4% della superficie agricola utilizzata, contro il 9,9% della media UE”.