Gli agricoltori chiedono a gran voce la modifica per il loro settore degli accordi di Basilea, che li penalizzano. Infatti, secondo loro, le regole per l’accesso al credito bancario non tengono conto dei ritmi di lavoro dettati dalla natura e quindi dovrebbero essere modificate alla luce della specificità dell’attività agricola. È questo l’appello che arriva dal Forum sul credito in agricoltura “Gli accordi di Basilea: l’urgenza di cambiare”, organizzato dal Consorzio del Chianti, in collaborazione con Alleanza delle Cooperative Italiane Agroalimentari, Cia, Coldiretti e Confagricoltura, che si è svolto di recente a Roma nella Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati. Al Forum hanno partecipato diversi esponenti del mondo politico e del settore agricolo, per fare il punto sull’applicazione degli accordi di Basilea, criticati da più parti.
Gli accordi di Basilea per l’accesso al credito
Secondo gli accordi di Basilea, le aziende agricole possono accedere al credito bancario con le stesse modalità che valgono per tutti gli altri settori. Introdotti per la prima volta nel 1988 e perfezionati fino al 2010, gli accordi di Basilea sono dei requisiti standard internazionali per l’adeguatezza patrimoniale delle banche. Questo significa che gli istituti bancari, per ogni operazione di finanziamento concesso alla propria clientela, devono vincolare una percentuale del proprio patrimonio, percentuale che viene ponderata a seconda del rischio dell’operazione.
Per misurare il rischio di credito, le banche si devono avvalere del rating, un giudizio che esprime l’affidabilità di un’impresa, sulla base delle informazioni quantitative e qualitative a disposizione. Ovviamente, a un rating più alto corrisponde un rischio più basso e conseguentemente un minor vincolo di capitale da parte della banca. Diretta implicazione degli accordi di Basilea è che le banche lavorano sempre più esclusivamente con le aziende con un alto rating, ovvero solide.
Le implicazioni degli accordi di Basilea sull’agricoltura
Il periodo storico che tutti gli operatori economici si trovano attualmente a vivere è caratterizzato da una profonda crisi di liquidità. L’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese costituisce sempre più una necessità, però gli istituti bancari sono sempre più restii nel concedere linee di credito.
Oltre a queste considerazioni di carattere generale, gli agricoltori sono fortemente penalizzati dal sistema di regole e requisiti introdotti dagli accordi di Basilea, perché la loro attività è molto diversa da tutte le altre. Il sistema agricolo, infatti, deve sottostare ai ritmi della natura, di conseguenza i cicli produttivi e di vendita sono molto più lenti di quelli di qualsiasi altra attività.
Prendiamo ad esempio il caso di un viticoltore. Se una banca presta dei soldi a un produttore per fare un vigneto, chiedendo il rimborso del credito dopo 3 anni, l’agricoltore avrà non pochi problemi, perché la prima bottiglia di vino prodotta da quel vigneto la venderà dopo cinque anni almeno. Questa situazione è penalizzante non solo per l’agricoltore, che non sa come rimborsare il credito, ma anche per il sistema bancario, che non avrà indietro i soldi nei tempi richiesti.
Dopo la pandemia di Covid-19, con il rialzo dell’inflazione e l’aumento del costo delle materie prime, è diventato vitale poter accedere al credito per favorire la ripresa economica delle attività. Tuttavia, i cicli produttivi, nel mondo del vino e dell’agricoltura in generale, sono molto lunghi e quindi le regole devono essere adeguate a questo contesto.
Ecco perché dal Forum sul credito in agricoltura è emersa l’esigenza che l’agricoltura abbia un sistema di regole bancarie completamente diverso dagli altri settori. Non si tratta di una richiesta di condizioni privilegiate rispetto agli altri, ma di rispettare e assecondare il ciclo di vita delle piante, che è diverso da qualsiasi altra produzione.
Le richieste di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari
Il presidente di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Carlo Piccinini, si è fatto portavoce dei colleghi e ha lanciato un vero e proprio appello: “Gli istituti di credito italiani devono acquisire maggiore consapevolezza delle specificità delle imprese cooperative, affinché queste non risultino eccessivamente penalizzate nell’erogazione del credito”.
“L’accesso al credito – ha chiarito Piccinini – costituisce per le cooperative, soprattutto di piccole dimensioni, una criticità importante. I bilanci di un’impresa cooperativa vengono, infatti, chiusi in pareggio, senza la realizzazione di utili, dal momento che non è lo scopo di lucro che contraddistingue le società cooperative. Eppure, quello degli utili è proprio il parametro adoperato dagli istituti di credito per la valutazione del merito creditizio. Anche il livello di capitalizzazione assume sempre maggiore importanza per gli istituti di credito, in termini di garanzia del rientro del credito erogato, ma le cooperative hanno modesti livelli di capitalizzazione e le quote di capitale sociale sottoscritte e versate dai soci non raggiungono livelli comparabili con quelli delle società a scopo di lucro. Tutto questo si traduce in un’oggettiva difficoltà nell’interpretazione dei bilanci cooperativi”.
“È, inoltre, auspicabile – ha concluso Piccinini – che si lavori sui parametri ESG, oggi già vincolanti nei rapporti tra istituti di credito, che potrebbero rimediare agli ostacoli nell’accesso al credito da parte delle cooperative. L’impresa cooperativa, infatti, risponde per sua natura alla tassonomia ESG, poiché si connota per essere artefice dello sviluppo socio-economico dei territori e delle comunità, in una prospettiva di benessere diffuso e sostenibile”.