Si è celebrata il 1° novembre la Giornata mondiale del veganismo (World Vegan Day), movimento che propone l’adozione di uno stile di vita incentrato su risorse non provenienti dal regno animale e che sostituisce cibi e altri prodotti di origine animale con alternative vegetali che non favoriscano lo sfruttamento di animali. La giornata prende vita in ricordo del giorno della fondazione, nel 1944 a Londra, della prima società vegana, istituita da Donald Watson con il nome di Vegan Society. Oggi, il 1° novembre è l’occasione per organizzare un pranzo vegano a lavoro o una cena vegana con gli amici, per divulgare il veganismo nella propria comunità locale e condividere le ricette vegane preferite sui social media.
Ma quanti sono, nel nostro Paese, coloro che hanno abbracciato questa scelta di vita? Guardando al rapporto tra il 2022 e il 2023, la quota di vegani è in crescita e sembra rubare spazio a quella dei vegetariani, che è in calo. Nel 2023, secondo il Rapporto Italia dell’Eurispes, la scelta vegetariana è stata intrapresa dal 4,2% del campione interpellato, mentre è vegano il 2,4% (in totale 6,6%). Il 93,4% afferma di non essere vegetariano, ma tra di essi il 7% dichiara di esserlo stato in precedenza. Un italiano su quattro sarebbe disposto a mangiare carne sintetica, sebbene prevalga la maggioranza di chi non sarebbe propenso a cambiare la propria alimentazione (73,6%). Per quanto riguarda le fasce d’età, sono soprattutto i giovani e i giovani adulti a intraprendere la decisione di dire addio ai prodotti di origine animale.
Mentre i supermercati dedicano spazio ai prodotti plant based, il mercato si prepara, tanto che, secondo una ricerca svolta da Precedence Research, il mercato globale degli alimenti vegani, che nel 2021 era pari a 26,83 miliardi di dollari, proseguirà la sua espansione raggiungendo nel 2030 i 64,5 miliardi, con un tasso di crescita annuo del 10,41%.
Il parere dei pediatri sul veganismo
I pediatri, però, invitano alla cautela sui bambini. Secondo il vicepresidente della Sip, Società italiana di pediatria, Giuseppe Banderali: “Serve ascolto, capire cosa sta alla base di una scelta alimentare. È necessario anche un adeguato monitoraggio nutrizionale e clinico del bambino”.
“Prima di fare scelte selettive, tanto più se drastiche – continua Banderali – è bene rivolgersi al pediatra, una figura che accompagna nella crescita. Un bambino non è un piccolo adulto, ma un organismo in forte crescita e bisogna garantirgli tutti i macro e micro nutrienti, come ferro, vitamina b12 e acido folico. Quella del veganesimo è una scelta da fare con scienza e coscienza e affidandosi a esperti di nutrizione infantile come i pediatri. Il pediatra, inoltre, è colui che deve dare l’allerta alla famiglia, nel caso in cui ravvisi che un bambino è a rischio di malnutrizione. Un’altra fase delicata è quella adolescenziale in cui i ragazzi possono scegliere una strada alimentare non idonea alla loro età: a questo punto dobbiamo seguirli e parlare con loro”.
La ricerca sulle etichette dei prodotti vegani
C’è una ricerca curiosa da segnalare proprio nella Giornata mondiale del veganismo, secondo cui mettere le etichette “vegano” e “vegetariano” sui prodotti alimentari non attira i consumatori, ma li respinge. In altre parole, per avvicinare le persone verso il consumo di alimenti a base vegetale, sarebbe utile rimuovere queste diciture dalle etichette delle confezioni dei prodotti in vendita e dai menu dei ristoranti.
A questa conclusione è giunto un team di ricercatori del MIT Media Lab, che ha scelto di studiare come spingere gli statunitensi – notoriamente grandi consumatori di bistecche e hamburger – a preferire una dieta vegetariana o vegana, o quantomeno a ridurre il consumo di carne. I dati, d’altra parte, parlano chiaro: le diete green hanno circa la metà dell’impronta climatica della media delle altre diete e, se in tutto il mondo si adottasse un’alimentazione a base vegetale, le emissioni legate alla produzione di cibo si ridurrebbero fino al 70%.
Lo studio ha anche rilevato che gli uomini preferiscono significativamente pietanze a base di carne, mentre l’impatto delle etichette vegane o vegetariane è simile sia per gli uomini che per le donne. Infine, la ricerca non ha riscontrato che i vegetariani e i vegani fossero influenzati dalla rimozione delle etichette.
I diversi regimi alimentari: vegetariani, vegani, crudisti e fruttariani
In questi ultimi anni, sono comparsi sulla scena diversi regimi alimentari, molto più estremi e radicali del vegetarismo, ormai praticato da migliaia di persone nel mondo. In particolare, si segnalano il fruttarismo e il crudismo.
Vediamo quali sono le principali differenze tra questi regimi alimentari. I vegetariani evitano tutto ciò che fa parte del regno animale, ma utilizzano i derivati come latte e uova. I vegani, invece, si limitano al consumo di frutta, verdura, cereali e legumi. I crudisti mangiano gli stessi alimenti dei vegani, ma senza previa cottura; al massimo, per cucinare le loro pietanze, arrivano a una temperatura di 40 gradi. Infine, troviamo i fruttisti o fruttariani, che si cibano solo di frutta.
Ognuno di questi regimi alimentari ha una sua spiegazione, infatti contribuirebbe a favorire un miglioramento psicofisico. Tuttavia, gli effettivi vantaggi sono da valutare caso per caso. Sicuramente, si tratta di abitudini alimentari non praticabili da chiunque, vista la loro rigidità, e che hanno dei benefici legati a malattie quali l’obesità, problemi cardiovascolari e diabete. Ma possono, comunque, portare a delle carenze alimentari, come avvertono molti medici, soprattutto nel caso dei fruttariani, che praticano il più rigido di questi regimi.