Doppio Malto: l’industria artigianale

L’innovativo format di Doppio Malto sta portando la nostra birra in giro per il mondo e scommette sul “modello Italia”

L’Italia e la birra: un rapporto sempre più stretto, giacché i mastri birrai di casa nostra stanno affinando tecniche e competenze, e portando la “bevanda senza impegno” per antonomasia ad un livello superiore e sempre più ricercato.

C’è poi chi ha fatto anche un passo in più, coniugando produzione, ristorazione e idea imprenditoriale. Il formatDoppio Malto è tutto italiano eppure è già sbarcato anche all’estero. Un azzardo? Non secondo il Direttore marketing Ivan Magnus Tagliavia.

Doppio Malto
IVAN MAGNUS TAGLIAVIA

Come nasce Doppio Malto?

“Avevamo una sfida: portare la birra artigianale a confrontarsi con il mondo industriale. L’idea di birra come una nicchia è un limite. Serve anima artigianale ma visione industriale, innovativa e coraggiosa. Avevamo già una società che sviluppava progetti di food retail, ristorazione organizzata. Nel 2015 abbiamo acquisito il birrificio ‘Doppio Malto’ di Erba, la birra è entrata nell’offerta e il progetto ha preso vita. Si può dire che ci siamo costruiti da soli l’ho.re.ca.”.

Dove siete presenti oggi?

“Abbiamo aperto 27 locali: 25 in Italia (da Trieste fino a Palermo e Cagliari), e due all’estero: Saint-Étienne e Glasgow. Entro fine anno ci saranno altre 6 aperture, tra cui Parigi e New Castle. Al mercato estero teniamo tantissimo”.

Esportare un modello brassicolo italiano: un fatto insolito, per alcuni un azzardo. Come siete stati accolti?

“In realtà il format “Doppio Malto” è stato accolto molto bene! C’è forte curiosità, anche perché noi non offriamo solo birra, ma anche altri prodotti italiani. Il made in Italy viene esaltato anche in cucina (pizza, pasta, carne alla brace) e dentro alcuni locali ci sono anche campi di street soccer e basket. Esportiamo la qualità e il gusto: all’estero questo piace. Abbiamo 12 birre che seguono la tradizione angloamericana (ipa e ale). 

In più, birre speciali e stagionali, 15-16 prodotti in tutto, con ricette varie e rigorosamente servite alla spina”.

Dove volete arrivare?

“Le cose sono ripartite e siamo tornati a volumi pre-pandemia. Ora vorremmo aprire direttamente una fabbrica nei mercati esteri, e i motivi sono tanti: prima la birra arriva e meglio arriva, meno inquiniamo e meno costi di trasporto ci sono. Secondo noi ci sono orizzonti enormi, vere autostrade, ma bisogna uscire dal proprio cantuccio ed aprirsi a un pubblico vasto”.

(Stefania Abbattista)

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