Il mercato delle bevande a basso o zero contenuto alcolico (NOLO, No e Low Alcol) sta vivendo una fase di espansione significativa. Con un aumento del 7% nel volume nel solo 2022, e un valore che ha già superato gli 11 miliardi di dollari, questo settore mostra una crescita sostenuta che si prevede continuerà fino al 2026. Questa tendenza non è limitata a pochi mercati, ma è evidente in 10 mercati chiave globali, che comprendono paesi di rilevanza come Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Sud Africa, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. E l’Italia dov’è?
Vino No e Low Alcol: perché piace?
Il vino dealcolato attira diversi tipi di consumatori, tra cui astemi, salutisti e appassionati di vino che cercano un’alternativa senza alcol per motivi funzionali. Questo prodotto viene consumato principalmente a casa, trovando meno spazio nei ristoranti.
Due fattori principali stanno alimentando questa tendenza: la salute e la funzionalità. Sempre più consumatori optano per bevande a basso contenuto alcolico per ridurre i danni alla salute causati dall’alcol. Allo stesso tempo, vi è una crescente preferenza per le bevande che consentono di rimanere lucidi e funzionali in situazioni come il lavoro o la guida. Questo cambiamento nel comportamento dei consumatori si inserisce in un contesto più ampio di maggiore consapevolezza e attenzione verso uno stile di vita salutare, che include scelte più consapevoli riguardo al cibo e alle bevande.
La birra senza alcol domina il segmento delle bevande a basso contenuto alcolico, rappresentando la maggior parte del suo valore nel 2021. Tuttavia, anche altri segmenti come il vino e gli spirit drinks stanno guadagnando terreno, con il vino che registra un valore di 322 milioni di euro e un volume di 42 milioni di litri.
Tuttavia, nonostante il dominio della birra nel mercato delle bevande dealcolate, il vino sta iniziando a occupare uno spazio significativo. Nel 2021, il mercato del vino dealcolato valeva 322 milioni di euro, con prospettive di crescita tra il +7% e il +10% all’anno in tutto il mondo. Questo dato era in netto contrasto con le prospettive di crescita annuale del consumo di vino “classico”, previste solo all’1%.

Qual è la risposta del mercato italiano al vino no e low alcol?
Nonostante l’ampio successo delle bevande a basso contenuto alcolico, il vino italiano si trova ancora in una fase iniziale di adattamento a questo trend. Esperti del settore come Margherita Tovo, Global Brand Manager di Doppio Passo, e Marzia Varvaglione, della cantina Varvaglione, contribuiscono a evidenziare l’importanza per il vino italiano di abbracciare attivamente questa innovazione, o comunque di inserirsi in un mercato che può essere molto importante, in prospettiva.
C’è tuttavia da precisare che la produzione di vini dealcolati richiede investimenti significativi in tecnologie specializzate, non accessibili a tutte le cantine. Inoltre, la legislazione, particolarmente stringente in Italia, deve ancora adattarsi per regolamentare adeguatamente la produzione di questo tipo di vino.
In particolare, il contesto italiano si mostra piuttosto rigido, richiedendo un’adeguata regolamentazione che permetta alle cantine di competere su un piano di parità con i produttori internazionali.
Vino No e Low Alcol: caratteristiche principali
Il vino a basso contenuto alcolico differisce dal vino tradizionale per struttura, aroma e gusto. È fondamentale per i produttori trovare un equilibrio tra mantenere un legame con le origini del vino e distinguersi per soddisfare le aspettative di un mercato diversificato.
A ogni modo, il mercato delle bevande a basso contenuto alcolico sta guadagnando terreno a livello globale, con un’enfasi particolare sui vini fermi. Un esempio rilevante è il successo del marchio Stella Rosa della Riboli Family in California, che ha registrato una crescita esponenziale da un milione di casse nel 2015 a oltre 7,2 milioni nel 2021. Il segreto del loro successo risiede in una combinazione di gusti accessibili, spesso con aromi alla frutta, e una bassa gradazione alcolica, che raramente supera i 5 gradi.
Il contesto della GDO americana (e come s’inserisce l’Italia)
Nella GDO americana, nonostante un generale calo delle vendite di vino italiano, Stella Rosa si distingue proprio come un fenomeno da monitorare. Questo marchio, da solo, rappresenta il 38% del totale delle vendite nel segmento dei vini fermi e frizzanti, esclusi gli spumanti. Questi prodotti hanno un prezzo medio leggermente inferiore ai vini tradizionali e non potrebbero essere classificati come vini in Italia, data la loro bassa gradazione alcolica.
Le reazioni del settore
Il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti, sottolinea che questa tendenza riflette le mutevoli esigenze dei consumatori, che richiedono prodotti più “laici” e meno impegnativi. Il successo del modello americano, che ha visto un aumento del business del 500% in sette anni, evidenzia quindi la necessità per il settore vinicolo italiano di considerare l’apertura verso nuove forme produttive che possano incontrare il favore di un pubblico giovane e attento al grado alcolico.
Il consumo di alcol si riduce ovunque: c’è un intero mercato da non sottovalutare
Negli ultimi anni, si è assistito a una significativa riduzione nel consumo di bevande alcoliche a livello mondiale. Studi come quelli di Wine Intelligence e l’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini (Uiv) basati su dati della World Bank hanno rivelato che in paesi come gli Stati Uniti, Giappone, Australia e Svizzera, una percentuale crescente di consumatori sta scegliendo di ridurre il proprio consumo di alcol. In Italia, il calo annuo del consumo di alcol pro-capite è stato del 3,2%, seguito da Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e Germania.
Elisabetta Romeo, policy offer dell’Unione Italiana Vini, indica che la domanda di questi prodotti è in crescita, soprattutto tra i giovani consumatori, le donne tra i 25 e i 40 anni, le persone over 60 e coloro che hanno particolari condizioni di salute.
Il caso australiano
In Australia, il settore delle bevande NOLO (No o Low Alcol) sta guadagnando terreno, con un’enfasi particolare sulla ricerca e lo sviluppo di vini che possano eguagliare i loro omologhi alcolici in termini di gusto e qualità. Questo sforzo è guidato da esperti come il dottor Steve Goodman dell’Università di Adelaide, che sta lavorando per migliorare l’offerta di vini NOLO nel paese.
Inoltre, il governo australiano ha investito 1,98 milioni di dollari in un impianto all’Università di Adelaide per sostenere la produzione di vino NOLO (no-low alcohol) nel Sud Australia. Questa struttura sperimentale permette la produzione di vino NOLO utilizzando solo 150 litri di vino, a differenza delle attrezzature standard che richiedono 10.000 litri.
Questa iniziativa, frutto della collaborazione tra il Department of Primary Industries and Regions, l’Università di Adelaide e l’Australian Wine Research Institute, offre alle aziende vinicole locali l’accesso a attrezzature e competenze per sviluppare vini NOLO di alta qualità a costi contenuti. Con possibilità di confezionamento e imbottigliamento in loco, questa struttura punta a migliorare la quota di mercato globale del vino NOLO australiano, attualmente valutato in 1,58 miliardi di dollari e in rapida crescita.