Il primo trimestre del 2023 ha visto una diminuzione del 4% delle vendite di vino italiano nei canali retail degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Germania, secondo l’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly sulla base dei dati riportati da NielsenIQ. Questi dati negativi fanno il paio con le vendite in Italia a marzo (-6,1%) e l’aumento delle giacenze a +5,1%, con le Dop a +8,6%.
Vino italiano: calo vendite spumanti all’estero
Sorprendentemente, i vini spumanti sono quelli che soffrono di più sui mercati di esportazione, con un calo del 5% (245.000 ettolitri) rispetto ai vini fermi, che hanno registrato un calo del 3% (814.000 ettolitri). In particolare, i vini spumanti hanno subito picchi negativi in UK (-10%) e Germania (-6%), mentre negli Stati Uniti si è ancora in terreno moderatamente positivo (+1%). Per quanto riguarda i vini fermi, gli Stati Uniti sono quelli che hanno registrato il calo più vistoso (-9%), mentre Londra ha limitato le perdite a -1% e Berlino ha visto uno stallo. A valore, il saldo generale è del -1% (1 miliardo di euro), a causa dell’aumento dei listini a causa del surplus dei costi produttivi.

La tabella sulle vendite di vino italiano (Gennaio-Marzo 2023)
La relazione sulle vendite di vino italiani all’estero secondo le elaborazioni stilate dall’Osservatorio del Vino UIV-Vinitaly su dati NielsenIQ.
LITRI | SPUMANTI | VAR. % | VINI FERMI | VAR. % | TOTALE | VAR. % |
USA | 10.554.970 | 1% | 22.522.641 | -9% | 33.077.611 | -6% |
Regno Unito | 11.611.426 | -10% | 21.189.276 | -1% | 32.800.702 | -4% |
Germania | 2.367-378 | -6% | 37.721.434 | – | 40.088.812 | -1% |
TOTALE | 24.533.775 | -5% | 81.433.351 | -3% | 105.967.125 | -4% |
EURO | SPUMANTI | VAR. % | VINI FERMI | VAR. % | TOTALE | VAR. % |
USA | 174.206.635 | 6% | 297.438.829 | -6% | 471.644.664 | -2% |
Regno Unito | 139.498.418 | -6% | 197.725.931 | 3% | 337.224.350 | -1% |
Germania | 21.026.744 | -3% | 174.406.834 | 3% | 195.433.579 | 2% |
TOTALE | 334.731.797 | – | 669.570.794 | -1% | 1.004.302.592 | -1% |
Le reazioni
Il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti, ha commentato la situazione, definendola “doppiamente frustrante“. Da un lato, i consumatori sono alle prese con la pressione inflazionistica, dall’altro le imprese non riescono a rientrare da un surplus di costi produttivi senza precedenti, a partire da quelli del vetro, che sono aumentati del 70% in 12 mesi. Castelletti ha auspicato che il settore reagisca in maniera coordinata al tavolo di filiera convocato dal Masaf per esaminare la situazione di mercato e trovare soluzioni strutturali. “Ci auguriamo che il settore reagisca in maniera coordinata già al tavolo di filiera convocato dal Masaf questo mercoledì per esaminare la situazione di mercato in vista di un’ulteriore richiesta alla Commissione europea di misure di intervento volte a fronteggiare la crisi del settore vitivinicolo: le imprese italiane del vino sono convinte che serva un’analisi approfondita con proposte migliorative delle dinamiche di filiera, prima ancora di soluzioni tampone che si ripropongono a ogni crisi”.

Le previsioni
Lo stesso Castelletti, a fine 2022, non era apparso molto ottimista in prospettiva: “Per il vino si prospettano tempi duri”, aveva dichiarato in un’intervista, puntando il dito contro l’inflazione che stava drogando i prezzi. Per il segretario generale della Uiv, “il rapporto euro/dollaro aiuta le esportazioni verso gli Stati Uniti” e il sistema delle Dop “ha bisogno di una revisione dal basso per funzionare meglio”.
Il caro vita ha colpito tutti i generi alimentari e non poteva evitare di pesare anche sui vini, andando così a demarcare ulteriormente il gap tra tipologie di clientela. Il vino da tavola diventa così più economico nelle cantine, dove bidoni di 5 litri vengono pagati poco (e nelle cantine buone il vino è buono), ma anche in questo contesto si sono registrati degli aumenti rispetto a qualche anno fa. Nella GDO, invece, le bottiglie di vino che vanno per la maggiore sono quelle di buona fattura, evidenziando così anche un certo tipo di clientela interessata (e un certo tipo di budget) che si riversa su questi acquisti.
Ciò che avviene in Italia, pertanto, si riflette negli altri Paesi, dove spopolano altre tendenze, come il Rosé (che cresce in Belgio), bevande più economiche e accessibili e voglia di allontanarsi dall’alcol.
Vino italiano: decrescita vendite = aumento prezzi
L’Osservatorio Uiv-Vinitaly ha analizzato i dati di vendita delle principali tipologie di vino, rilevando che l’aumento dei prezzi viene associato quasi automaticamente alla decrescita delle vendite. I consumatori cercano prodotti alternativi o simili ma più economici. Un esempio lampante è il mercato tedesco, dove a pagare sono il Chianti Classico, il Chianti e il Primitivo, mentre al Prosecco nostrano viene preferito lo spumante tedesco, oppure altri spumanti italiani, ma dal costo più basso.
Sul mercato statunitense, invece, i dati negativi riguardano tutte le produzioni italiane: a farne le spese, letteralmente, sono il Pinot grigio, il Lambrusco, il Chianti, i rossi toscani, così come i rossi piemontesi. Nel Regno Unito precipitano le vendite di vini, in maggioranza toscani, a base Sangiovese, così come i Pinot grigio private label, che ormai è arrivato a costare anche più della versione a marchio aziendale. Una considerevole flessione si registra anche sul fronte del Prosecco, ma tiene ancora il Rosé.