Vino Bolgheri, battaglia anti contraffazione vinta. Il Consorzio di tutela dei vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia vince definitivamente la causa anti contraffazione intavolata anni fa presso il Tribunale dell’Unione Europea, in difesa del marchio Bolgheri di vino. L’Ente di tutela il 27 marzo 2023 ha riportato la vittoria ottenuta davanti ai giudici europei. Infatti il tribunale ha riconosciuto le ragioni del Consorzio Bolgheri che era stato vittima di contraffazione da parte del marchio bulgaro Bolgaré.
I giudici hanno ritenuto infondato il ricorso del marchio Bolgaré che evocava la denominazione di origine protetta dei vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia. Un caso già avvenuto anche in passato quando era stato scoperto un falso DOC Bolgheri Sassicaia.
Dopo 6 anni di attesa, finalmente è arrivata la vittoria davanti ai giudici UE che stabilisce il lieto fine per una vicenda che aveva minacciato le denominazioni di origine Bolgheri sul caso di contraffazione o di tentata tale. Non è la prima volta che un marchio di un altro Paese – Europeo e non – tenta di impadronirsi della denominazione di un prodotto italiano.
Questa cosa purtroppo è successa già diverse volte mettendo in serio rischio il made in Italy. Ma vediamo nel dettaglio il caso del marchio Bolgarè e altri tentativi di “scippo” dei prodotti italiani avvenuti nel corso degli ultimi anni.
Il caso del Consorzio Bolgheri
Dopo 6 anni di attesa finalmente il Tribunale dell’Unione Europea ha stabilito, il 27 marzo 2023 la vittoria del Consorzio di tutela dei vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia in difesa del marchio DOP. La battaglia anti contraffazione dei vini Bolgheri si risolve nel migliore dei modi!
Tutto era iniziato nel 2017 quando Domain Boyar, la maggiore azienda vinicola della Bulgaria ha fatto domanda all’ufficio Marchi Europee (Euipo) per registrare il marchio Bolgaré nella classe degli alcolici. Il Bolgheri sul Bolgarè presentò tempestivamente opposizione e la richiesta fu respinta.
A questo punto il marchio bulgaro fece ricorso ed è stato necessario attendere la decisione dei giudici per 6 anni per avere ragione in via definitiva. Secondo il Consorzio che raggruppa il marchio toscano, il nome “Bolgaré” poteva essere evocativo del marchio di denominazione d’origine Bolgheri. Quindi, l’ok alla denominazione avrebbe messo a rischio la produzione e la commercializzazione del vino DOP italiano. I giudici del Tribunale UE avevano accolto subito la richiesta dei toscani, ma c’era stato un contro ricorso fino a quando, finalmente, non è arrivata la sentenza definitiva.
Secondo i giudici dell’Unione Europea il marchio Bolgaré evocherebbe nella mente del pubblico di riferimento la DOP Bolgheri. In fase di acquisto il pubblico potrebbe avere in mente l’immagine del prodotto coperto dalla DOP Bolgheri, finendo per comprare, invece, un marchio che non è made in Italy. La somiglianza fonetica e per numero di lettere finirebbe per trarre in inganno il consumatore.
Un altro esempio di contraffazione del vino italiano, il caso Prosék
Non è la prima volta che un’azienda di un altro Paese europeo (e non) cerca di contraffare uno dei marchi italiani. Stesso caso è avvenuto, ad esempio, nel 2021 con Prosék, ovvero il vino croato che è stato proposto dalle autorità di Zagabria. In pratica, i croati hanno presentato ai servizi della Commissione Europea preposta, la richiesta di registrare il marchio Prosék. Un vero e proprio attacco al made in Italy contro cui si è schierata anche Coldiretti con una risposta dell’Italia alla richiesta per il Prosék. Infatti, il marchio Prosék rischia di suscitare dubbi nel consumatore e potrebbe essere troppo legato al successo e al buon nome del prosecco italiano, campione di vendite.
Sarebbe un vero e proprio colpo per l’export di prosecco. Dunque, su questo caso ne è nata una questione legale ad ampio raggio. In particolare, il Consorzio di tutela della denominazione di origine controllata Prosecco – che risale al 1300 – ha posto resistenza sull’ok al marchio Prosék. Del resto, il vino croato risale al 1700, ma è ben diverso dal nostro Prosecco. Comunque la similarità del nome non ha impedito alla Commissione Europea di concedere la denominazione al Prosék. Ne è nata una querelle davanti alla Corte di Giustizia Europea che ha dato ragione agli italiani e su cui si è in attesa del secondo grado, per garantire la salvaguardia e la tutela del marchio italiano.
Altri casi di contraffazione del made in Italy
Altri esempi di contraffazione del marchio di made in Italy relativi al vino sono:
- il Bardolino bianco prodotto e tinto in Argentina, con tanto di bandiera tricolore;
- il Meersecco tedesco;
- il Barbera bianco prodotto in Romania;
- il Chianti fatto in California;
- il Kressecco tedesco;
- il Marsala sudamericano e quello statunitense.
Quelli citati sono solo alcuni esempi di contraffazione e imitazione dei vini e liquori italiani più prestigiosi. Quello della contraffazione, solo dei vini, è un business che complessivamente provoca perdite stimabili in oltre 1 miliardo di euro sui mercati mondiali alle produzioni Made in Italy. Relativamente a questi esempi, Coldiretti si è schierata dalla parte dei produttori italiani mettendo in campo una vera e propria “class action”, caso per caso, per far sì che questi prodotti spariscano dal mercato perché provocano tanti danni economici al nostro Paese.
I dati della contraffazione made in Italy
Come accennato, il mercato del falso made in Italy è molto vasto e provoca perdite consistenti per chi opera in questo comparto, ma sui produttori italiani in particolare. Il made in Italy fasullo a tavola vale circa 120 miliardi di euro. In particolare, vengono copiati soprattutto i vini, ma anche i formaggi e altri alimenti.
I cosiddetti “prodotti taroccati” partono dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano copiati con imitazioni provenienti da oltreoceano, passando per la mortadella di Bologna e il pomodoro San Marzano. Poi c’è la sezione “vini tarocchi”. Tra i vini più imitati dal Chianti al Prosecco, vi sono il prosecco Russo, il Crisecco della Moldova, mentre in Brasile continuano a produrre Prosecco falso ignorando quella che è la vera tradizione di questo prodotto, ma vendendolo con lo stesso nome.
È per questo motivo che sono nati nuovi accordi, in particolare con il Canada, l’Australia e con gli Stati Uniti d’America, per cercare di tutelare i prodotti made in Italy promossi non solo dall’Unione Europea, ma anche dallo stesso Governo nazionale. L’obiettivo della campagna promossa da Coldiretti, considerata una priorità, è dare un freno all’agropirateria a tavola perché abbatte i guadagni di circa 40 miliardi di euro. Senza prodotti tarocchi e senza falso made in Italy, ci sarebbe l’opportunità di creare almeno 300.000 posti di lavoro in più.