Il vino biologico traina l’export agroalimentare italiano secondo Nomisma

Il comparto del vino biologico traina l’export italiano. L’impatto del cambiamento climatico sull’industria vitivinicola rende infatti necessari sempre maggiori investimenti che permettano ai produttori di adattarsi all’aumento delle temperature e agli eventi atmosferici che condizionano la produzione.

I dati di Nomisma Wine Monitor

Secondo i dati condivisi da Nomisma-Wine Monitor, la produzione di vino biologico è cresciuta del 110% negli ultimi dieci anni. Una crescita lenta ma progressiva che conferma un trend in ascesa negli ultimi anni, secondo cui un consumatore italiano su due predilige proposte bio rispetto a quelle tradizionali. 

Il  novanta per cento delle aziende prevede inoltre che nei prossimi due anni i consumatori svilupperanno un sempre maggiore interesse nei confronti dei vini biologici e sostenibili. A fare da apripista sono Sicilia, Veneto e Toscana, seguite a breve distanza da Piemonte e Puglia. Con 128mila ettari di vite coltivata con metodo biologico, il nostro Paese si conferma tra i leader mondiali nella produzione di vino biologico, detenendo il primato di superficie vitata bio: il 19 per cento sul totale della viticoltura nazionale. Negli ultimi dieci anni le superfici di vite coltivate a bio sono aumentate di oltre il 145 per cento. Si prevede la necessità di investimenti per un totale di 100 milioni annui (circa lo 0,7 per cento del fatturato vinicolo, per un totale di 2,7 miliardi), da oggi al 2050. 

Il vino bio made in italy spopola nel mercato nord europeo

Anche FederBio conferma come il vino bio italiano sia particolarmente apprezzato anche all’estero, in particolare nei paesi del Nord Europa, dove ha raggiunto un valore del 19% dell’esportazione globale di agroalimentare bio. Una cifra che in termini assoluti ammonta a circa 626 milioni di euro di di vino bio italiano venduto all’estero nel 2022, +18% rispetto all’anno precedente e una quota sul totale dell’export vitivinicolo italiano dell’8%.

Nel corso della 55esima edizione di Vinitaly, conclusasi qualche settimana fa, Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio ha dichiarato “Siamo davvero soddisfatti per la grandissima partecipazione di pubblico alla 55esima edizione di Vinitaly che si riconferma come uno degli eventi di riferimento dell’intera filiera vinicola a livello mondiale. Da rilevare il grande l’interesse per il vino biologico, che si distingue unendo l’identità territoriale, data delle denominazioni d’origine, alla certificazione biologica. Il vino bio Made in Italy valorizza le zone di provenienza e premia il lavoro di tanti viticoltori che hanno scelto di produrre in maniera sostenibile a tutela della fertilità del suolo, della biodiversità, contribuendo al contrasto al cambiamento climatico e alla valorizzazione del territorio rurale”.

Come si produce un vino biologico

Naturalmente i processi di produzione di vini biologici impongono una serie di scelte più onerose e articolate rispetto a quelli tradizionali. Come riporta Lifegate, la sostenibilità di un vino comincia dall’attività nei campi, che vengono sottoposti a processi volti a rinforzare le piante mediante l’uso di integratori, anche noti in gergo tecnico come induttori di resistenza. Per la concimazione dei terreni si prediligono sostanze organiche e si pratica la tecnica del sovescio (che consiste nella semina di erbe interrate).

Uno dei processi più imprevedibili e complessi nel comparto bio è la lotta alle muffe che costa, in media, circa il 20% in più rispetto alle coltivazioni tradizionali. Nelle coltivazioni convenzionali la cernita delle uve prevede una fase meccanica di raccolta e scarto, ma anche l’impiego di un antifungino chimico, l’antibotritico. I terreni vengono concimati con fertilizzanti chimici di sintesi che apportano benefici rapidi sul breve periodo ma sul lungo periodo impoveriscono il suolo e riducono la biodiversità, arrivando fino alle falde acquifere.

Vini bio, pack leggeri

Da una recente indagine sul grado di internazionalizzazione delle cooperative vitivinicole realizzata da Ismea per Alleanza Cooperative Agroalimentare, il fatturato generato dall’export delle cantine aderenti tra il 2010 e il 2022 ha registrato una crescita del 130%, con un trend superiore all’andamento delle esportazioni nazionali di vino che nello stesso periodo sono cresciute del 101%.

Secondo le rilevazioni fatte dalle cantine di Alleanza Cooperative insieme ai vini biologici, è aumentata anche la richiesta di packaging leggeri e sostenibili. Questi ultimi sembrano spopolare soprattutto tra i giapponesi, grandi estimatori dei vini in lattina e in tetrapack in confezioni da mezzo litro, materiale al quale guardano molto positivamente perché si tratta di un materiale facilmente riciclabile. La preferenza per il packaging da mezzo litro è da ricercarsi anche nell’opinione diffusa che scegliere vino nelle classiche bottiglie di vetro sia più costoso, perché in Giappone le procedure di smaltimento dei rifiuti sono molto rigorose e il cittadino deve corrispondere un contributo a seconda del peso dei propri sacchetti di rifiuti. Dal momento che il tetrapak è compostabile e occupa pochissimo spazio, il problema si risolve con tre “e”: in modo ecologico, economico ed elegante, offrendo prodotti di qualità in confezioni dall’aspetto degno della loro storia.

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