Valpolicella Doc Superiore: un’indagine interna del Consorzio ha stabilito che è questo il vino in cui i produttori credono di più
“Valpolicella doc Superiore”: in Valpolicella il 94% dei produttori punta su di lui.
L’indagine interna condotta dal Consorzio di tutela Vini Valpolicella ha condotto a questo risultato. Il sondaggio in questione sarà meglio presentato il 24 giugno, in occasione di ‘Valpolicella Superiore-A Territory Opportunity‘, evento digitale per produttori, operatori e stampa sul futuro della denominazione veronese.
L’evento si terrà dalle 14 alle 16: due le sessioni trasmesse in diretta streaming su Zoom e sui principali canali social del Consorzio (Facebook e Instagram).
L’intervento del presidente Christian Marchesini

“Vogliamo valorizzare il vino che più si identifica con il territorio a partire dalla ricostruzione di una identità di prodotto e di una vision condivisa tra tutti i produttori. In particolare, un segnale di svolta è dato dall’appassimento: sei imprese su 10 non intendono farlo, mentre i rimanenti ritengono utile solo un breve passaggio. Complessivamente, il 94% delle aziende rispondenti producono o commercializzano Valpolicella doc Superiore ma, come rilevano, c’è ancora moltissimo potenziale inespresso, a partire dalla riconoscibilità e dal posizionamento”.
L’indagine svolta dal Consorzio
L’indagine ha coinvolto circa 1/3 dei produttori del Consorzio.
In base ai dati raccolti, i produttori affermano che:
- per il 62,4% i consumatori italiani ignorano o quasi il prodotto (il 70% sui mercati esteri)
- per il 43,6% la stampa italiana ha una conoscenza ‘insufficiente’ delle aziende, ‘sufficiente’
- per il 41,6% la conoscenza è buona
- i principali punti di forza del Valpolicella doc Superiore sono il profilo organolettico e la versatilità di abbinamento.
I mercati del Valpolicella Doc Superiore
Per quanto riguarda i mercati di riferimento, l’Italia resta il primo mercato di sbocco per i tre quarti delle aziende.
A seguire si trovano i canali Ho.re.ca di Germania, Usa e Danimarca; la metà delle aziende punta sugli Usa, mentre quasi un terzo dei produttori scommette su Germania e Svizzera.