Sostenibilità e solfiti sono un connubio che il mondo del vino si trova ad affrontare nell’ampio raggio di azione della filiera. Come ogni cosa, anche il vino cresce e ha la necessità di rinnovarsi e far fronte a sfide sempre nuove, tra innovazioni tecnologiche e metodi di produzione. Per questo oggi è anche possibile determinare la concentrazione di solfiti nel vino tramite lo smartphone.
La sostenibilità coinvolge molti aspetti del vino, tra questi i solfiti
Soprattutto dopo il Wine2Wine del Merano dedicato alla sostenibilità e all’innovazione, l’argomento è più che attuale.
Sono tantissimi gli aspetti che il vino deve affrontare da sempre. Infatti l’evoluzione del vino negli ultimi 50 anni è stata evidente. Da una bevanda che apporta il suo contributo al consumo calorico quotidiano, a una bevanda scelta con consapevolezza. Infatti, il vino, è sempre stato presente a tavola come una bevanda facente parte del pasto consumato, anche consigliata nella dieta dai medici. Motivo per il quale la sua produzione si è sparsa anche nei piccoli vigneti pensati e curati per il consumo famigliare e privato, non destinato alla vendita. Oggi è diventata una bevanda scelta in base a varie caratteristiche, i produttori sono sempre più attenti al prodotto finale in bottiglia. L’evoluzione della bevanda lo ha portato ad essere un alimento e un drink di una certa importanza e con una certa rilevanza anche nel mercato. È conferito sempre più pregio alla filiera di riferimento. Si pensi anche alle varie associazioni, organizzazioni e ministeri nati a tutela e normazione della produzione e della commercializzazione. Scegliere una bottiglia, oggi, significa considerarne vari aspetti: terroir, vinificazione, proprietà organolettiche e tanto altro. Tra queste, nondimeno la considerazione della quantità di solfiti aggiunti alla bevanda, aspetto che va ad accomunare la scelta meramente personale e il tema che si dibatte sempre più spesso: la sostenibilità. Così diventa importante il connubio sostenibilità e solfiti e sarebbe ideale da un certo punto di vista l’esistenza di un vino senza solfiti.
Solfiti: tra necessità, utilità e dannosità
La nuova sfida del vino ha una protagonista assoluta, è la sostenibilità. La quale ha un raggio di azione di ampio e ricco respiro, così come un arduo e importante compito. Per questi motivi, tutte le aziende della filiera sono chiamate al sull’attenti, specie quelle dei vini più conosciuti.
I solfiti – quelle molecole strutturate da ossigeno e zolfo – hanno la responsabilità di prevenire l’ossidazione degli alimenti, in questo caso l’uva. Il loro compito è dunque quello di antiossidante e antimicrobico. Sono presenti nella bevanda sia naturalmente, sia artificialmente come aggiunzione, in base alle necessità. Infatti essi si formano naturalmente nel vino durante il processo di fermentazione. Si tratta del processo in cui i lieviti si nutrono degli zuccheri del mosto e si trasformano in alcool. Durane lo stesso, infatti, essi producono delle leggere quantità di solfiti.
I solfiti sono, dunque, degli antiossidanti naturali e sono aggiunti al vino al fine di mantenere intatte le sue caratteristiche organolettiche oltre alla qualità nel tempo. Laddove i solfiti naturali presenti non riescono a svolgere questo compito appieno, si contribuisce artificialmente all’incremento dei solfiti. La quantità aggiunta tiene conto di vari aspetti.
Nel caso del vino bianco, la concentrazione è maggiore rispetto ai rossi, in quanto questi ultimi sono già protetti dall’ossidazione naturale dell’azione dei tannini. Questi ultimi componenti della vite sono contenuti in quantità nelle bucce a bacca rossa. Aspetto che permette alla bevanda di essere autonomamente e naturalmente in grado di mantenere qualità e caratteristiche organolettiche nel tempo.
Norme e solfiti
Ogni bottiglia segue determinati criteri e norme, rispettando delle leggi proprie e di tutta la filiera.
Anche per quanto riguarda il contenuto dei solfiti della bottiglia di vino si posseggono delle normative a regolamentare la questione. Proprio per la tutela dei soggetti allergici e non, la legge impone che ogni alimento, compreso il vino, riporti una dicitura sulla propria etichetta che indichi la loro presenza. Se si superano i 10mg/l di solfiti, scatta l’obbligo di specificarlo in etichetta.
I soggetti allergici potranno evitare quell’alimento, gli altri sapranno di non dover esagerare nell’assunzione. Anche chi non ha allergie può riscontrare disturbi se l’assunzione è eccessiva. Le cause non sono certamente gravi, ma essendo vaso costrittori inducono il mal di testa.
Esiste, dunque, una quantità massima di solfiti presente nel vino, variabile dipendentemente dal paese di produzione. In Europa i limiti imposto sono:
- 160mg/l per i rossi;
- 210mg/l per i bianchi e i rosati.
Alla risoluzione di tale problema, molti gli studi e la ricerca per dare un vino senza solfiti aggiunti.
Determinare la presenza di solfiti con lo smartphone
Ormai con lo smartphone si fa tutto, ed è anche possibile determinare la quantità di solfiti nel vino.
Un progetto nato a Granada che ha luogo il progetto, alla Universidad de Granada – UGR e sono i ricercatori del gruppo Ecsens che hanno pensato a questo tipo di dispositivo colorimetrico. Il tutto si rende possibile sfruttandone la fotocamera e la potenza di calcolo.
Dispositivo colorimetrico
Si tratta di un dispositivo colorimetrico portatile PON (point-of-need), lungo 3,5 cm e largo 7 mm. A spiegarne l’utilizzo è stato Miguel M. Erenas, ricercatore del dipartimento di chimica analitica dell’UGR: ne assicura il facile impiego, basta apporre un campione della bevanda all’estremità arrotondata dell’arnese. Il suo funzionamento consiste nel trattenere i coloranti lasciando un campione incolore a raggiungere la zona di rilevamento, ed è qui che viene riconosciuto il solfito. In base alla sua concentrazione cambia colore. A questo punto sarà un’app ad analizzare lo stesso, attraverso la fotocamera dello smartphone, e a dare il risultato finale in 60 secondi. Una tecnologia particolarmente economica e sostenibile vista la sua capacità di dare il risultato voluto senza l’utilizzo di grandi quantità di reagenti chimici.
La sostenibilità dal punto di vista dell’OIV
L’Italia è membro effettivo dell’OIV, ovvero l’Organizzazione Internazionale della Vigne e del Vino. Per questo, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, assicura la partecipazione ai lavori a carattere scientifico e tecnico.
L’OIV conta 46 paesi membri, i quali sono chiamati alla valutazione di ogni risoluzione tecnico scientifica che viene adottata nell’ambito. Ogni regolamentazione a questo riguardo viene, dunque, attivata previo consenso degli stati membri. Così com’è anche nell’ambito della sostenibilità, nei confronti di cui, nel 2016, i diversi gruppi di esperti hanno lavorato tenendo conto dei diversi aspetti che la compongono. Ne è uscita la risoluzione CST 518-2016 sui Principi generali dell’OIV sulla vitivinicoltura sostenibile sugli aspetti ambientali, sociali, economici e culturali.
La risoluzione CST 518-2016
Tale risoluzione trova la propria ragione d’essere nella necessità di comprendere il concetto della sostenibilità oltre che distinguerne i principi generali dai metodi di produzione. Naturalmente il testo tiene conto dell’effettiva grande diversità che intercorre nei vari contesti vitivinicoli e nei sistemi di produzione dell’uva e del vino. Infatti il documento presenta specifiche raccomandazioni nell’applicazione dei principi della produzione sostenibile:
- distillati;
- acquaviti;
- bevande spiritose d’origine vitivinicola.
Se ne trova riferimento nella risoluzione della OIV – viti 641-2020 Guida dell’OIV per l’applicazione dei principi della vitivinicoltura sostenibile.
Dunque è proprio la sostenibilità, ora, a dettare le leggi che stimolano l’evoluzione, almeno nel settore specifico enologico.