Scarti del vino, meno costi più energia

Gli scarti del vino al centro del progetto BioVale -BIOraffineria: VALore aggiunto dei sottoprodotti Enologici, promosso dall’Università Tor Vergata e Donne della Vite

Valorizzare gli scarti della filiera vitivinicola utilizzandoli in cantina per ridurre i costi di trattamento dei rifiuti e produrre energia elettrica pulita. E’ il progetto BioVale -BIOraffineria: VALore aggiunto dei sottoprodotti Enologici- promosso dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’Università di Roma Tor Vergata, in collaborazione con l’Associazione Donne della Vite e finanziato dalla Fondazione AGER-Agricoltura e Ricerca.

I due incontri del 29 gennaio a Soave, nel veronese, e il 30 gennaio a Poggibonsi, in provincia di Siena, serviranno per mettere in contatto il mondo della ricerca, dell’industria e dell’enologia. La filiera vitivinicola, che produce sottoprodotti e scarti come i raspi, le vinacce, le fecce e le acque di lavaggio della cantina, viene ripensata in una nuova prosepttiva di economia circolare, attraverso il concetto di bioraffineria. Nei due incontri verranno illustrate le possibilità di sfruttamento a fini energetici delle biomasse provenienti dai sottoprodotti.

L’utilizzo in cantina il metabolismo dei microorganismi presenti negli scarti enologici, oltre a tagliare i costi, spiegano le ricercatrici del Dipartimento di Tor Vergata, Barbara Mecheri e Alessandra D’Epifanio, consentirà di innovare i processi per la conversione energetica e lo sfruttamento di nuove fonti rinnovabili. Sono i cosiddetti sistemi bioelettrochimici che potenzialmente sono applicabili anche sulle acque di vegetazione ottenute nel processo di frangitura delle olive, spiegano le ricercatrici.

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