Il gusto del vino potrebbe cambiare a causa del riscaldamento globale

Il riscaldamento globale sta cambiando il gusto del vino. Lo dice uno studio condotto nell’ambito del progetto europeo Red and White, e pubblicato su Horizon (il magazine di ricerca scientifica dell’Unione Europea). L’aumento delle temperature ha delle conseguenze sulle condizioni climatiche di diverse aree geografiche e, di conseguenza, anche sulla composizione del suolo di diversi vitigni.

Gli effetti del cambiamento climatico sul terroir

La parola francese terroir indica i fattori ambientali (profilo climatico e geografico di una regione, composizione del suolo, precipitazioni) che influenzano il sapore di un vino. L’aumento delle temperature ha anticipato i tempi di maturazione dell’uva. Questi vitigni maturati in fretta producono un vino più alcolico, troppo alcolico, in alcuni caso. 

Nel 2021 la BBC aveva coinvolto un team di esperti di due rinomate regioni vinicole, quella di Bordeaux, in Francia, e quella californiana, per analizzare il modo in cui i cambiamenti climatici stanno influenzando vitigni e vini. Intervistando scienziati, coltivatori e viticoltori è emerso che la principale minaccia climatica proviene dalle alterazioni chimiche che subiscono gli acidi d’uva.

La qualità del vino è influenzata da numerosi parametri che devono essere in perfetto equilibrio per restituire un risultato ottimale. Tre sono le componenti da tenere in considerazione in riferimento agli acini d’uva: zucchero, acido e composti secondari. 

Il riscaldamento globale provoca una fermentazione più veloce delle bacche che diventano talmente dolci da portare a una gradazione alcolica più alta. Una soluzione potrebbe essere anticipare i tempi di vendemmia per evitare di cogliere l’uva troppo matura e preservare la sua naturale acidità. Ma secondo i coltivatori, questo intervento comprometterebbe comunque il gusto finale del vino. 

Una vendemmia anticipata impedirebbe infatti l’accumulazione di composti secondari, che contribuiscono a creare l’insieme di aromi che caratterizza un vino di qualità.

Così i produttori corrono ai ripari

Parti del mondo, dove fino a pochi anni fa la coltivazione della vite era impensabile, stanno diventando dei centri di produzione di tutto rispetto. È il caso della Gran Bretagna dove i ricercatori dell’Università East Anglia, London School of Economics, Vinescapes Ltd e Weatherquest Ltd, hanno elaborato un modello previsionale che simula l’andamento meteo-climatico del territorio del Regno Unito fino al 2040, per individuare le migliori opportunità per la coltivazione della vite.

Lo studio mostra come tra 2004 e 2021, il Regno Unito ha visto crescere il proprio vigneto del 400%, da 761 a 3.800 ettari. In poco meno di vent’anni alle varietà resistenti al freddo (Reichensteiner, Seyval Blanc, Müller-Thurgau) si sono aggiunte altre che resistono a climi caldi e secchi (pinot noir, chardonnay e pinot meunier).

Molte produzioni storiche hanno quindi cercato di reinventarsi per “aggiustare” il sapore dei loro vini adeguandolo alle nuove condizioni ambientali. A Bordeaux, le autorità francesi hanno recentemente autorizzato l’uso di sei nuovi vitigni più acidi, nel tentativo di contrastare l’aumento del tasso alcolico del vino.

Alcuni vitigni si stanno adattando naturalmente al cambiamento climatico. Basti pensare all’uva misión. I viticoltori messicani hanno notato un’estrema tolleranza alla siccità e alle sempre più frequenti ondate di calore che si abbattono sulla regione. 

Il Pinot nero, simbolo della Borgogna, si sta progressivamente spostando a Nord, verso la Germania dove incontra temperature più miti. Ma il suolo tedesco non è quello francese. Questo fa sì che il vino, pur provenendo dalla stessa varietà, non abbia lo stesso sapore di quello a cui i consumatori sono stati abituati.

In Italia, i produttori hanno spostato alcuni vitigni piemontesi di chardonnay e pinot nero utilizzati per produrre lo spumante Alta Langa dai 250 agli 800-1000 m di altezza. In questo modo è possibile mantenere la stessa acidità e freschezza del prodotto tradizionale. Al tempo stesso varietà come erbaluce o barbera hanno tratto beneficio dall’aumento delle temperature. Ciò contribuisce alla creazione di vini più complessi e strutturati anche in zone meno rinomate.

L’importanza del microbioma

Nello studio condotto da Red and White si sottolinea l’importanza del microbioma delle vigne. È necessario riconoscere i batteri come un prezioso alleato nel tentativo di mitigare gli effetti del cambiamento climatico sul vino. Alcuni di questi hanno la capacità di aiutare le piante a trattenere più acqua durante i periodi di siccità. Altri ancora combattono gli agenti patogeni.

Investire nella biodiversità e nell’educazione dei consumatori

Non ci sono ancora soluzioni universalmente riconosciute per mitigare il modo in cui il riscaldamento globale sta cambiando il gusto del vino. Per contrastare il fenomeno gli esperti insistono sulla necessità di studiare a fondo la capacità dei diversi vitigni di adattarsi ai cambiamenti. Investire nella biodiversità agricola aiuterebbe inoltre a ridurre le perdite delle zone vinicole. Altrettanto fondamentale sarà creare maggiore consapevolezza nei consumatori, che li spinga a provare varietà diverse dal solito.

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