La riforma delle Indicazioni Geografiche a cui lavora l’Unione Europea, divide i vini italiani ed europei. C’è chi vorrebbe che il vino fosse inserito nella nuova riforma e chi, invece, vede in questo una minaccia all’autonomia della denominazione del vino e alla loro esistenza. La riforma dovrebbe concretizzarsi nei prossimi mesi e per avere maggiori risposte bisognerà attendere il 25 aprile, ma fino ad allora il dibattitocontinuerà: favorevoli, contrari, da tempo discutono su una questione che si fa sempre più urgente, perché capace di cambiare in profondità la regolamentazione della Denominazione del vino italiano e non solo.
I consorzi di Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, del Franciacorta, del Vino Nobile di Montepulciano, dei Vini di Castel del Monte e l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, per l’Italia e diverse rappresentanze dell’interprofessione del vino francese non vogliono che il vino venga inserito nel nuovo regolamento dell’Unione Europea e hanno scritto una lettera ai parlamentari a sostegno della loro tesi.
Il contenuto della lettera dei Consorzi
“Riteniamo che la proposta di riforma della politica delle Ig rappresenti una minaccia esistenziale per il successo della politica del vino Ig su due fronti. In primo luogo, non condividiamo la proposta della Commissione Europea di esternalizzare i nostri disciplinari di prodotto ad un’agenzia che si occupa di diritti di proprietà intellettuale (l’Euipo). I nostri disciplinari dei vini Ig sono complessi. Vanno ben oltre la protezione di un nome e comprendono regole di produzione, imballaggio, etichettatura e sostenibilità su cui l’Euipo non ha alcuna competenza. Per questo motivo la Commissione Europea dovrebbe essere pienamente responsabile dell’esame delle domande di registrazione, delle modifiche, delle opposizioni e delle cancellazioni delle Ig. In secondo luogo, le nostre denominazioni non sostengono la proposta della Commissione Europea di stralciare parte delle norme sui vini Ig dall’Ocm unica. La proposta della Commissione Europea porterebbe ad avere alcune delle nostre disposizioni nell’Ocm (definizioni di Ig, controlli, termini tradizionali, gestione dei volumi, indicatori di prezzo), mentre altre parti sarebbero inserite nel regolamento orizzontale sulle Ig (procedure, protezione, associazioni di produttori). Si tratterebbe di un errore strategico, poiché il mercato vinicolo dell’Ue è caratterizzato da una politica di qualità con strumenti normativi specifici (ad esempio, 2/3 dei vini dell’Ue sono vini Ig).
Alcuni sostengono ingenuamente che inserire le disposizioni sul vino in un regolamento orizzontale sulle Ig potrebbe proteggere il vino dagli attacchi volti a escluderlo dalla politica di promozione o dall’apposizione di avvertenze sanitarie, eccetera. Al contrario, non vediamo l’utilità di associare il vino Ig ad altre Indicazioni Geografiche che, purtroppo, sono anch’esse sotto attacco. Inoltre, se l’Unione Europea segue una politica in cui ritiene che “non esista un consumo sicuro di alcol”, nessuna politica di qualità permetterà alle nostre denominazioni di continuare a beneficiare del sostegno delle politiche pubbliche e dei finanziamenti della Pac. Le nostre denominazioni Vi invitano a cogliere l’opportunità offerta dalla revisione delle Indicazioni Geografiche per migliorare le disposizioni applicabili ai vini Ig. Ciò dovrebbe avvenire nel regolamento Ocm, dove sono stabilite le nostre regole”.
La posizione di Paolo de Castro sulla riforma delle Indicazioni Geografiche
«Un sistema di norme forti a tutela e promozione delle nostre eccellenze agroalimentari, fortemente ispirate dalle norme vitivinicole: è l’obiettivo che, come Parlamento, ci siamo posti per questa riforma, e che va nella direzione delle sollecitazioni di quasi 200 delle oltre 1.600 indicazioni geografiche vitivinicole europee. Nessuna minaccia esistenziale quindi, ma uno sforzo per tutelare le specificità del settore vitivinicolo, senza dimenticare le importanti novità che tale riforma può portare, in termini procedurali, di protezione, con la tutela estesa alla materia dei domini online, di rafforzamento del ruolo dei Consorzi e del nuovo ruolo che vogliamo assegnare all’Euipo, di supporto puramente tecnico alla Commissione nella tutela interna ed esterna delle indicazioni geografiche. Tutto ciò, senza dimenticare le sempre più frequenti iniziative che vedono alcune eccellenze dell’agroalimentare europeo, e soprattutto i vini, al centro dell’attenzione delle politiche di salute pubblica. Più il settore vitivinicolo sarà in grado di stare all’interno di coalizioni con altri compartidell’agroalimentare europeo più avremo strumenti di difesa dalle crescenti iniziative che vogliono relegarlo ad un ruolo sempre più marginale delle politiche europee, quando non addirittura escluderlo. Per queste ragioni, la battaglia per preservare la specificità del settore andrà fatta anche all’interno della proposta di riforma presentata dalla Commissione, piuttosto che isolarsi al di fuori».
La posizione di Lamberto Frescobaldi sulla riforma delle Indicazioni Geografiche
«Per Unione Italiana Vini (Uiv) è importante che il vino europeo rientri nella riforma delle Indicazioni geografiche. Il nostro settore non può rimanere disancorato dalle politiche di qualità Ue: si rischia un isolamento pericoloso proprio in un momento delicato in cui le insidie, non ultime quelle delle lobby salutiste, sono dietro l’angolo. Concordiamo con le argomentazioni del relatore, Paolo De Castro, secondo il quale tenere fuori il vino sarebbe un pericolo, prima di tutto perché questo avvalla politicamente le tesi di chi vuole il nostro comparto fuori dall’alveo del sistema di qualità delle Ig agroalimentari europee. Un rischio che il vino non può permettersi di correre, ancor più in vista della possibile riforma del regolamento sulla cosiddetta promozione orizzontale. Nella proposta di De Castro non vediamo pericoli rispetto a una perdita di specificità del vino e apprezziamo lo sforzo di trovare la giusta risposta ad alcune perplessità che avevamo espresso sulla proposta della Commissione, come il ruolo di Euipo e nuove restrizioni nei disciplinari di produzione».