Nasce la Rete Resistenti Nicola Biasi

Un progetto che unisce 6 aziende agricole in altrettanti territori diversi tra Friuli, Veneto e Trentino: nasce la Rete Resistenti Nicola Biasi

L’obiettivo è quello di produrre vini di eccellenza praticando la vera e reale sostenibilità, sia in vigna che in cantina: così nasce la Rete Resistenti Nicola Biasi, che unisce 6 aziende in sei territori diversi tra Friuli, Veneto e Trentino.

Resistenti in tutti i sensi: non sono solo i vitigni, ma anche gli stessi
produttori che, in un momento difficile come questo, tra pandemia, guerra e siccità, hanno abbracciato la sfida della sostenibilità in territori differenti e caratterizzati da altitudini e climi che fanno della loro viticoltura qualcosa di davvero innovativo.

“Crescere insieme- afferma Nicola Biasi- uniti da un progetto che mai come in questo momento è attuale e prioritario, ci rende orgogliosi e molto vicini. Attraverso il nostro impegno in viticultura vogliamo non solo produrre eccellenza ma anche contribuire all’equilibrio del pianeta e alla sua salvaguardia”.

Reti Resistenti Nicola Biasi: chi sono le aziende che aderiscono al progetto?

Per il momento si tratta di sei cantina, a cui se ne stanno per aggiungere altre due: Vigneti Minessa di Mauro e Leonardo Bonatti e Villa di Modolo di Francesco Miari Fulcis.

  1. Albafiorita a Latisana: una scelta innovativa quella di Dino de Marchi che decide di puntare sulla sostenibilità producendo i suoi vini bianchi esclusivamente da vitigni resistenti.
  2. Ca’da Roman, a Romano d’Ezzelino: Massimo e Maria Pia Viaro Vallotto nel 2015 hanno dato vita a un’azienda in cui si produce vino da soli vitigni resistenti con cantina dedicata che, a oggi, risulta essere la più grande d’Europa.
  3. Colle Regina a Farra di Soligo: una scelta in controtendenza rispetto al territorio in cui vive, quello del Prosecco. Marianna Zago decide di andare controcorrente concentrando la sua produzione su vini ad alta sostenibilità grazie all’impianto di vitigni resistenti.
  4. Poggio Pagnan a Mel, nella Valbelluna: Gianpaolo Ciet e Alex Limana coltivano esclusivamente varietà resistenti e le vinificano nella loro cantina, la prima di Borgo Valbelluna.
  5. Della Casa a Cormons: vini resistenti e vini prodotti da vitigni autoctoni: nel Cormons prende vita il progetto di Renato Della Casa, ch ha come protagonista il suo amato Collio bianco.
  6. Vin de la Neu: è l’azienda dello stesso Nicola Biasi.“I miei vitigni- aveva raccontato il giovane enologo durante un’intervista a I Grandi Vini– si trovano a quasi 1000 metri di altezza sulle Dolomiti e sono impiantati ad altissima densità.A disposizione avevo solo 1000 metri di terreno così ho deciso di impiantare 1600 barbatelle: d’altra parte la resa è molto bassa e vinificare quantità troppo esigue rischia di essere un fallimento totale. Il risultato è ogni anno più positivo. Non solo lo Johanniter è un vitigno dalle performance agronomiche ma le sue uve, vinificate nel modo più appropriato – implementato durante questi anni – donano un vino che sa essere elegante, complesso, una novità per il palato che sta riscuotendo un gran successo. I consumatori lo apprezzano e io ne sono orgoglioso!”.

rete resistenti Nicola basi

Vitigni resistenti: di che si tratta?

Si tratta di varietà di vitigni estremamente forti e tolleranti, in grado di far fronte a condizioni climatiche sfavorevoli o ad attacchi da parte dei  principali patogeni della vite,  oidio e peronospera in primis. Si parla ovviamente di “tolleranza” e “resistenza”, non di immunità totale della pianta.

Se prima dello scorso anno i vitigni resistenti erano visti ancora come vitigni di serie B, con la legge del 6 dicembre si segna una svolta epocale nel panorama vitivinicolo: se prima era possibile utilizzare soltanto vitigni della specie Vitis vinifera in purezza, adesso saranno accettati anche i vitigni che hanno nel loro genoma tracce di altre specie.

Un bel cambiamento, una svolta epocale, che però non è ancora attuabile: intanto c’è il passaggio del ricevimento delle modifiche del Regolamento europeo da parte di ogni Paese dell’unione e poi sarà necessaria l’autorizzazione dei vitigni resistenti da parte delle Regioni.

“I vitigni resistenti, non sono una novità- afferma Nicola Biasi- Questi incroci furono sviluppati tra il 1880 e il 1935 in Francia, sono quindi anni che vengono studiate combinazioni adatte alla resistenza della vite alle malattie fungine. La novità più attuale, però, nel campo dei vitigni resistenti, ad oggi, è quella di riuscire ad ottenere vini eccellenti. Salvaguardare l’ambiente che ci circonda, praticando una viticoltura totalmente e realmente sostenibile e producendo, allo stesso tempo, vini di alta qualità, riconosciuti e premiati da palati e critici esperti. Ci sono voluti anni di studi, sperimentazioni e soprattutto tanta fiducia nell’innovazione vitivinicola, che in Italia non sempre è ben accetta. Crederci veramente è ciò che porta avanti il lavoro e ti fa raggiungere risultati concreti. D’altronde, se non fosse così, Elon Musk non avrebbe mai scommesso dieci anni di stipendio su Tesla. Naturale il paragone con ciò che sta accadendo con le auto elettriche, che fino a qualche anno fa erano brutte e poco performanti mentre con l’avvento di Tesla, oggi si possono guidare auto a emissione zero veloci e di grande fascino. I vini da vitigni resistenti possono essere il presente e il futuro e grazie al binomio concreata sostenibilità e alta qualità possono davvero diventare di moda, nel senso più positivo del termine”.

 

 

 

Related Posts

Ultimi Articoli