Libertà ai vigneti britannici: proposta UK contro la burocrazia europea

La Brexit risale ormai al 2016 e, a distanza di sei anni da quel fatidico referendum che ha portato la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea, il malcontento del popolo britannico è sempre più evidente: infatti, ben il 56% dei cittadini ritiene, a oggi, che l’UK abbia preso una decisione sbagliata.

Nel corso di questi ultimi anni i cambiamenti sono stati tanti e a rimetterci principalmente è stata proprio l’economia britannica; dopo il divorzio da Bruxelles, ha stentato a decollare e, al contrario, si trova in una posizione di sempre più isolamento. L’unico fatto positivo risiede nella più ampia libertà di cui, adesso, il Governo britannico può godere in ogni ambito economico e produttivo, compreso quello vitivinicolo. Quest’ultimo, in particolare, rientra in una riforma epocale che è stata recentemente presentata dal Department for Environment, Food & Rural Affairs britannico e che, in sintesi, consentirebbe di rilasciare ben 180 milioni di sterline grazie all’eliminazione dell’iter burocratico europeo.

La proposta dovrebbe essere presa in esame nei prossimi giorni, ma sono già previste polemiche di non poco conto.

Cosa cambierà per il settore vitivinicolo

La riforma è molto ampia e tocca vari settori commerciali, compreso quello del vino, che riguarderà soprattutto importatori e imbottigliatori; al momento si parla di milioni di ettolitri di litro importato da ogni parte del mondo, anche dall’Italia che, solo nel 2022, ha esportato in Gran Bretagna 2,61 milioni di ettolitri di vino dal valore di 811 milioni di euro.

Il primo cambiamento prevede la rimozione del requisito secondo cui l’etichetta dei vini importati debba riportare un importatore e non un operatore del settore alimentare, con l’obiettivo di ridurre costi e burocrazia per i consumatori. Di conseguenza, saranno consentite le miscelazioni dei vini importati e il fatto di poterli gasare, addolcire o dealcolare cercando, così, di rinforzare l’industria nazionale.

A seguire, verrà rimosso il requisito attualmente obbligatorio che costringe alcuni spumanti a essere dotati di tappi a fungo o tappi in alluminio per poter essere commercializzato nel Regno Unito, così da avere costi minori per i produttori e maggiore scelta per i consumatori.

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I cambiamenti appena elencati riguarderanno, presumibilmente, i vini generici, sfusi e/o importati a basso costo, ma che assumono comunque un’enorme rilevanza nel panorama mondiale.

Le novità in programma riguarderanno anche il fronte produttivo:

  • ai vini di Denominazione di Origine sarà concesso l’uso di vitigni resistenti alle malattie, il che consentirà ai viticoltori di poter scegliere la varietà più adatta e di ridurre la perdita di produzione a causa di malattie;
  • saranno concesse la produzione e la commercializzazione dei “Piquette”, cioè dei “vini acquerello”, che si ottengono dalle vinacce usate precedentemente per la produzione di altri vini allungate con acqua e zucchero;
  • ai produttori sarà consentito inserire in etichetta indicazioni relative all’annata e alla varietà senza dover prima richiedere alcuna autorizzazione;
  • sanno permesse la produzione e la commercializzazione di vini a bassa gradazione alcolica o analcolici con l’obiettivo di consentire una maggiore flessibilità ai produttore e una scelta più ampia ai consumatori.

L’intervento di Thérèse Coffey, sostenuto da Kemi Badenoch

In merito ai contenuti della proposta presentata si è espressa la Food & Drink Secretary del Department for Environment, Food & Rural Affairs, Thérèse Coffey: “Il Regno Unito vanta oltre 800 fiorenti aziende di vino – ha dichiarato – e un fatturato di centinaia di milioni di sterline dal commercio di vino che passa ogni anno attraverso i nostri porti, ma per troppo tempo i nostri produttori sono stati frenati da ingombranti regolamenti Ue ereditati dal passato”.

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Thérèse Coffey, Food & Drink Secretary del Department for Environment, Food & Rural Affairs

Il suo incipit è molto chiaro: secondo la Coffey, la Gran Bretagna ha bisogno di maggiore libertà per poter emergere e far crescere il suo wine business. “Daremo al settore la libertà di cui ha bisogno per prosperare – ha continuato – queste riforme daranno impulso alle attività dei nostri produttori di vino, facendo crescere l’economia, creando posti di lavoro e sostenendo una parte vitale del nostro settore alimentare e delle bevande”.

A sostegno di quanto detto dalla Coffey, non è tardata ad arrivare la dichiarazione di Kemi Badenoch, Segretaria di Stato per gli Affari Economici e il Commercio: “La burocrazia inutile soffoca l’innovazione e la crescita. Ora che abbiamo ripreso il controllo delle nostre leggi, possiamo assicurarci che funzionino nel migliore interesse delle nostre attività”. E ha così concluso: “Riformare ed eliminare le regole che gravano sul settore aiuterà a far crescere l’economia, e fornirà alle imprese le libertà tanto necessarie per innovare, creare e prosperare”.

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Kemi Badenoch, Segretaria di Stato per gli Affari Economici e il Commercio

Miles Beale a favore della riforma britannica

Un ulteriore supporto alle riforme appena presentate proviene dalle parole di Miles Beale, a capo della Wine & Spirit Trade Association: “ Introducendo una maggiore flessibilità, i produttori e gli importatori di vino non saranno costretti a fare nulla di diverso, ma potranno innovare. Consentire alle aziende che importano vino sfuso in Gran Bretagna di manipolarlo liberamente – ha sottolineato – andrà a vantaggio di importatori, imbottigliatori e, in ultima analisi, consumatori, mentre le modifiche all’etichettatura consentiranno l’utilizzo di una retroetichetta comune sia nei mercati Ue che in quelli del Regno Unito, che resterebbe così un mercato attraente per tutti i produttori – grandi e piccoli – del mondo”.

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Miles Beale, capo della Wine & Spirit Trade Association

Aumenta l’export di cibo e vino made in Italy in UK

In barba alla Brexit, le esportazioni di cibo e vino italiani in Gran Bretagna continuano ad aumentare: dopo lo storico record di 4,2 miliardi raggiunto nel 2022, solo nel primo bimestre del 2023 ha segnato un balzo del 10%.

I dati, emersi da un’analisi compiuti da Coldiretti-Filiera Italia a Londra, mostrano ancora una volta come il made in Italy non solo sia apprezzato, ma sia quasi indispensabile per tutta la Gran Bretagna. A valorizzare questa tesi è intervenuto proprio Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti: “La Gran Bretagna si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Stati Uniti e Francia. Dopo il vino, con il prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono – ha aggiunto – i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi, salumi e dell’olio d’oliva. Importante anche il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano“.

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Ettore Prandini, Presidente Coldiretti

Alle sue parole sono seguite anche quelle di Luigi Scordamaglia, Amministratore Delegato di Filiera Italia: “Il Regno Unito ha ripreso a crescere dopo la Brexit e l’incontro con i principali buyer è essenziale per accelerare tale trend considerando che circa il 95% dei consumatori inglesi acquista i prodotti italiani nei principali supermercati”.

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Luigi Scordamaglia, Amministratore Delegato di Filiera Italia

Per concludere ha aggiunto: “Come Filiera Italia non intendiamo fermarci qui – ha anticipato – ma con un gruppo di nostre aziende intendiamo realizzare una piattaforma distributiva nel Paese in grado di coprire l’ultimo miglio contribuendo a colmare il deficit oggi esistente nella logistica che penalizza soprattutto le PMI italiane”. 

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