Vincenzo Mercurio: una vita da WineMaker

La sua cifra stilistica è sempre ben riconoscibile. Eppure i vini di Vincenzo Mercurio fanno parlare terroir e produttori: ecco come ci riesce

Venticinque anni di esperienza e due lauree che lo hanno portato a confrontarsi con le criticità del mondo enologico in Italia e all’estero, tra Bordeaux e Digione soprattutto.
Vincenzo Mercurio si definisce un inguaribile ottimista e afferma che senza ottimismo (e senza vino) la vita sia solo un film muto in bianco e nero.

Vincenzo, tu hai fatto della tua passione un lavoro. Raccontaci cosa significa oggi fare il consulente per una cantina

“Significa saper ascoltare e dare consigli.
Il mio è un lavoro molto complesso, che prevede un approccio olistico e multidiscipinare, in cui si passa dalla vigna alla cantina e si finisce per interfacciarsi con marketing e commerciale.
Un consulente deve poter essere sempre al fianco del suo cliente, per offrigli un sostegno continuo. E se è vero che la tecnologia accorcia le distanze, ho preferito mantenere un rapporto di vicinanza fisica con le persone: per questo ho voluto di investire su collaboratori che ho formato con il mio metodo di lavoro creando un solido gruppo oggi rappresentato da Le Ali di Mercurio”.

Perché il contributo di un consulente esperto è così importante?

“Soprattutto per le giovani aziende è importante non sbagliare il proprio piano di produzione, creando il giusto paniere di vini. Con un progetto solido l’azienda ha la possibilità di crescere e produrre reddito. Spesso quello che si risparmia nello scegliere consulenti inesperti o mediocri, lo si paga, a caro prezzo, negli anni seguenti scanditi da insuccessi aziendali”.

Ma il vino porta la firma del consulente o del produttore?

“Senza alcun dubbio del produttore, pertanto deve rappresentarlo il più possibile. Il produttore è l’attore principale di un film, il consulente è il regista che dietro la macchina da presa dirige, e con musica e luci offre la sua cifra stilistica”.

La tua cifra stilistica qual è?

“I miei vini si caratterizzano per una grande pulizia olfattiva che li rende trasparenti e che lascia intravedere il terroir ed il produttore che ci sono dietro. Non amo eccedere nell’intervento tecnico, non lo preferisco perché credo che che i vini diventino tutti simili, e magari davvero in quel caso potrebbero somigliare al consulente.

Biologico e biodinamico si fanno strada in modo sempre più insistente: moda o necessità?

“Da sempre sono un sostenitore della viticoltura bio che, come dico da anni, non è protocollo ma una filosofia di vita. Sono da sempre molto attento alla sostenibilità in tutto ciò che faccio e cerco di trasmettere i concetti necessari per sensibilizzarli sull’argomento. Da qualche anno sto applicando in alcune vigne sperimentali il metodo Me.Mo.-Mercurio e Moschetti.
Giancarlo Moschetti, professore ordinario di microbiologia del suolo e del vino, è un professionista e amico che conosco e stimo da molti anni, e con il quale collaboro per la stesura del protocollo operativo di questo metodo di coltivazione che, partendo dalle basi del biologico e del biodinamico, affronta temi complessi, come l’avifauna, la mesofauna della vigna e la misurazione dell’indice di biodiversità”.

Come si affronta in vigna il climate change?

“Gli eventi catastrofici e l’aumento delle temperature sono fatti evidenti e vanno affrontati nella nostra vita. Anche in vigna dobbiamo fare la nostra parte. Prima di tutto pensiamo a ridurre fortemente il nostro impatto attraverso un percorso virtuoso che deve prevedere obiettivi a breve, medio e lungo termine. Partiamo con il poco per fare tanto.
Qualcuno nutre dubbi sul peso del nostro ruolo sul clima, ma nessuno può avere dubbi sul nostro ruolo nell’inquinamento dei suoli e delle acque, della nostra visione antropocentrica in tutto quello che facciamo e diciamo. È su questo che ritengo di dover intervenire ora, subito e con determinazione”.

Related Posts

Ultimi Articoli