Sostenibilità dell’azienda vinicola: come si realizza davvero?

Parla Sara Cecchetto, manager specializzato in una visione etica che parte dall’impatto concreto di un’azienda sull’ambiente e la comunità. Altrimenti è solo green washing

La sostenibilità è al centro delle argomentazioni della maggior parte degli imprenditori: anche nell’azienda vinicola la questione riveste una grande importanza, alla luce delle difficoltà gestionali e produttive legate al cambiamento climatico.

Ne parliamo con Sara Cecchetto, che nell’azienda agricola Giorgio Cecchetto di Treviso, riveste proprio il ruolo di manager specializzato in una visione etica che parte dall’impatto concreto di un’azienda sull’ambiente e la comunità.

“Quando si vuole parlare e affrontare il tema della sostenibilità bisogna partire dai numeri. Occorre misurare l’impatto della propria azienda in termini di consumo di acqua, si suolo e di emissioni di CO2. Un’impresa che vuole definirsi sostenibile non deve guardare unicamente al suo interno e ai suoi processi produttivi, ma deve valutare anche il tipo di interazione che ha sulla comunità nella quale opera, e deve fare un ragionamento esteso a tutta la filiera. Se i fornitori ai quali si rivolge, che siano per il packaging o per l’energia, non perseguono questa strada non si va molto lontano. Se l’azienda non guarda a tutti questi punti rischia di fare un’operazione di semplice green washing”.

Cosa fa, in azienda, un manager per la sostenibilità?

“Il manager per la sostenibilità porta consapevolezza all’interno dell’azienda, partendo da dati concreti, una visione etica che deve estendersi all’intera filiera e la possibilità di poter dialogare anche con imprese di altri settori. Nella ricerca della sostenibilità si possono compiere azioni dal costo nullo, come selezionare fornitori di energia ottenuta con le rinnovabili, che anche le imprese più piccole possono compiere. Anzi proprio loro dovrebbero avere un’attenzione maggiore sul tema perché lavorano a stretto contatto con le comunità”. “Ancora non c’è una grande diffusione di questa figura nel mondo del vino – conclude Cecchetto – perché manca una visione d’insieme, di filiera, e si guarda solo a ciò che accade nel proprio vigneto”. 

 

 

 

 

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