Metodo ancestrale: cos’è e cosa lo rende diverso

Se ne sente parlare sempre di più: il metodo ancestrale è oggi utilizzato da un numero crescente di cantine. Ma come funziona e perché piace? Lo abbiamo chiesto all’enologo Nicola Biasi.

Prima, parlando di spumantizzazione, i nomi che venivano in mente erano prevalentemente due: metodo Charmat e metodo Classico. Negli ultimi tempi, però, un terzo protagonista si è conquistato, passo dopo passo, un posto nel mondo delle bollicine: si tratta del metodo ancestrale, tipologia che, come evoca la stessa parola, arriva a noi da un tempo lontano.

Cosa sono i vini ancestrali? Questa tipologia è conosciuta anche come vini sur lies, tradotto dal francese sui lieviti, o con fondo. E, ad un primo sguardo, la loro principale caratteristica è proprio un colore poco limpido, torbido, diverso da quello di altre tipologie di bollicine. Ma a rendere i vini prodotti con metodo ancestrale diversi dagli altri tipi di spumanti c’è molto di più. Ne abbiamo parlato con Nicola Biasi, enologo e consulente.

metodo ancestrale
Nicola Biasi

Partiamo da ciò che accade in cantina. Cosa caratterizza i vini prodotti con metodo ancestrale? E in che cosa si differenziano rispetto agli altri?

“La principale differenza tra spumanti prodotti con metodo ancestrale e quelli con metodo classico o Charmat è la presenza di torbidità in bottiglia. Con questo metodo, infatti, la presa di spuma avviene in bottiglia. Ma a differenza del metodo classico, non viene fatta la sboccatura e i lieviti restano all’interno”.

 

Ci sono cantine che amano sperimentare, cambiare, e perché no, anche osare. Che cosa un produttore che vuole iniziare a produrre vini con metodo ancestrale dovrebbe considerare?

 

“Iniziare a produrre vini con metodo ancestrale? Ci sono pro e contro. Fanno senz’altro parte del primo gruppo una grande complessità dei vini, e un potenziale evolutivo in bottiglia importante. La presenza dei lieviti agisce da antiossidante evitando ossidazioni precoci degli aromi, e allo stesso tempo, incrementa la complessità aromatica del vino”.

metodo ancestrale

E quali sono i contro?

“Sono aspetti principalmente dati dalle difficoltà tecniche necessarie a bloccare la prima fermentazione al giusto grado zuccherino, e alla difficoltà di avere una costanza qualitativa e di pressione tra le diverse bottiglie della stessa annata. Un altro aspetto poco favorevole è dato dall’aspetto visivo di questi vini. Ad oggi, la torbidità viene apprezzata solo da una ristretta nicchia di consumatori e a livello assoluto è decisamente ancora più apprezzato un vino limpido e brillante”.

 

Qual è il punto di forza di questi vini agli occhi dei potenziali acquirenti?

  

“Il loro punto di forza per gli appassionati del genere è dato dal fatto che sono gli unici spumanti naturali, o meglio in grado di raccontarsi come tali. La presenza di torbidità e la non aggiunta di zuccheri esogeni per la rifermentazione probabilmente tranquillizza il consumatore alla ricerca di un vino con queste caratteristiche. Dico naturale tra virgolette, perché personalmente non credo a questa definizione, perché tutti i vini sono frutto del lavoro dell’uomo in simbiosi con il territorio e il vigneto”.

 

E nel futuro, quale potrà essere il loro potenziale visto anche l’interesse crescente verso prodotti che si presentano come autentici e legati alle radici di una cultura o di un territorio?

 

“Credo che i metodi ancestrali di qualità, senza difetti organolettici, aumenteranno il loro mercato, ma resteranno una nicchia per winelovers interessati a questa categoria. A livello mondiale, resteranno una percentuale molto molto bassa, rispetto alle produzioni di metodo classico e Charmat”.

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