Massimo Spigaroli, lo chef del grande fiume

Sulle rive del Po, la cucina gastrofluviale e i vini dello chef Massimo Spigaroli raccontano la Bassa parmense e le sue tradizioni.

Massimo Spigaroli è lo chef dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense sulle rive del Po, nella Bassa parmense.

Lo chef stellato Massimo Spigaroli

La sua cucina, che lui chiama gastrofluviale, racconta la sua terra, il Grande fiume e le sue tradizioni. Èd è lì che lui è nato. Sulle rive del Po, a Polesine Parmense nel 1958, ed è lì che ha sempre vissuto. Massimo Spigaroli incarna esattamente le caratteristiche di un “genius loci”, quei personaggi che valgono come simboli di un intero territorio. Una sorta di nume tutelare, di spirito benigno, di conoscitore delle usanze e delle storie del suo paese, dal quale sa trarre tutto il bene possibile, ma al quale anche ha dato e dà tantissimo. E del quale dal 2019 è anche sindaco. Insieme alla sua famiglia conduce l’azienda agricola, il ristorante Il Cavallino Bianco, da sempre della famiglia Spigaroli, il relais Antica Corte Pallavicina, aperto nel 2010 e per il quale ha conquistato una stella Michelin nel 2011, e l’Hosteria del Maiale.

Gli abbiamo rivolto alcune domande per capire quale spazio hanno i vini del parmense e dell’Emilia Romagna nella sua cucina.

Come si sposano i vini emiliani con la sua proposta culinaria?

Gli stranieri, in particolare, vogliono gustare i piatti del nostro territorio e vogliono affiancarvi i nostri vini. Il lambrusco è il vino più noto ma ultimamente sono state affinate le tecniche di vinificazione di tanto altri vitigini. Per esempio, il fortana, un vino rosso spumantino leggero, è l’ideale per il nostro culatello.

Che spazio hanno i vini della tradizione nella carta dei vini?

La nostra è una cucina del territorio che guarda al futuro. I vini dell’Emilia Romagna trovano spazio e piacciono perchè di qualità e perchè riconducibili alla nostra terra. Abbiamo 5 vigne quindi produciamo noi il vino. Abbiamo riacquisito vitigni portati nel 1842 dal maestro Giuseppe Verdi nel nostro territorio. Così sono nati il Carlo Verdi e il Biancopo.

Avete in programma iniziative legate ai vini locali?

A breve avremo un evento dedicato al nostro vino Strologo. Una volte al mese confrontiamo la nostra cucina gastrofluviale con i vini del nostro territorio e non.

Massimo Spigaroli Chef
Lo Chef Massimo Spigaroli

I vini di Massimo Spigaroli

  • Fortana. Il Fortana IGT è ottenuto da vitigni autoctoni presenti in tutta la Bassa Parmense già dal 1400. Da sempre è il vino d’eccellenza del piccolo triangolo di terra racchiuso fra il fiume Po, il torrente Taro e l’Ongina. È un vino spumoso dal colore rosso rubino, dal profumo fruttato con sentori di lamponi e dal sapore leggermente amabile, con una gradazione di soli 6 gradi. Negli anni Novanta questo vitigno era quasi estinto. Ora invece il Fortana del Taro è apprezzatissimo servito fresco in abbinamento ai salumi.
  • Carlo Verdi. Vino rosso che veniva prodotto nell’antico podere di Carlo Verdi, agricoltore in Vidalenzo di Polesine Parmense, padre del celebre e amato compositore Giuseppe, con uve antiche e affinato in piccole botti. Si dice sia come la musica di Verdi “fermo ma con tanta personalità”.
  • Strologo. Col mosto fiore di dieci – dodici filari scelti delle uve delle vigne della famiglia Spigaroli si produce un vino etereo, finissimo. Viene pigiato in modo soffice per non estrarre colore dalle bucce, come fosse schiacciato coi piedi di pigiatrici di altra epoca. Viene imbottigliato e curato secondo i crismi codificati dall’Abbè Dom Perignon, applicando i processi del metodo classico ad una cuveè di uva Fortana e Fortanina. È pronto dopo diciotto mesi di riposo. È un vino che si pone l’obiettivo di affrancare la Bassa parmense dalle grandi zone dello spumante. Dal colore bianco paglierino pennellato di rosa e con perlage fine e persistente, al naso è fragrante, minerale, con decise note agrumate. All’assaggio conferma finezza e ottimo equilibrio di beva.
  • Biancopo. Vino bianco prodotto con un mix di uve da vitigni antichi provenienti dalle zone del Bordeaux importate a metà del 1800 dal maestro Giuseppe Verdi ed uve bianche autoctone coltivate nella vigna di Carlo Verdi, padre del maestro. È un bianco asciutto e dai grandi profumi floreali.

La Bassa parmense

La Bassa parmense è quella fascia di pianura che, nella provincia di Parma, si estende tra il Po e la via Emilia. E’ un territorio disegnato dall’acqua, dai pioppeti, dalle fortificazioni signorili e dagli appoderamenti rurali che raccontano una lunga storia di lavoro.

La bassa è una terra ricca ma generosa che d’inverno si nasconde tra le fitte nebbie per rinascere al caldo sole estivo. E’ il territorio dove vengono prodotte eccellenze quali il Parmigiano Reggiano, la Spalla cotta di San Secondo e Culatello di Zibello.

Abitata sin dall’antichità, organizzata dalla centuriazione romana, la Bassa si sviluppò con le bonifiche benedettine del IX secolo che strapparono all’acqua terre poi coltivate e disseminate dai numerosi monasteri sparsi nella pianura. Nel tempo il dominio del Comune di Parma venne messo in crisi dalla forte nobiltà terriera che divise la pianura in zone autonome gestite col sistema feudale e facendo sorgere numerose architetture fortificate e palazzi, sedi delle più ricche e raffinate corti parmensi: i Pallavicino a Busseto, Polesine e Zibello; i Rossi a San Secondo e Roccabianca; i Meli Lupi a Soragna; i Terzi a Sissa; i Sanvitale a Fontanellato.

La sua economia è da secoli legata all’agricoltura e all’allevamento che hanno fanno crescere una fiorente industria alimentare. La rivoluzione agraria del XVIII secolo ridisegnò ancora una volta la pianura con campi di foraggio e cereali segnati da olmi e filari di gelsi maritati alle viti. La Bassa venne punteggiata da migliaia di costruzioni rurali: si diffusero le case coloniche sul modello lombardo dette “le piacentine” e, più numerose, quelle caratterizzate dalla “porta morta”, la tipica casa parmigiana.

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