“Rimanere unici? Serve più territorio dentro le bottiglie”: l’intervista a Giovanni Manetti

Il Consorzio Chianti Classico è pronto alle nuove sfide della sostenibilità e del biologico: a raccontarcelo in un’ intervista è Giovanni Manetti

In compagnia di Giovanni Manetti, Presidente del Consorzio del Chianti Classico, un’intervista tra presente e futuro della denominazione del Gallo Nero, tra le più brillanti in termini di riconoscibilità internazionale, qualità e identità territoriale. 

A che punto è arrivato il progetto delle Unità Geografica Aggiuntiva (Uga)?

La burocrazia sta frenando il progetto UGA che è stato approvato, a giugno 2021, dal 95% dei soci. Attualmente la pratica giace sul tavolo del Ministero: l’obiettivo è ricevere il decreto di approvazione entro il 1° luglio 2023 in coincidenza con l’uscita della nuova annata della Gran Selezione (la 2020, ndr), così da poter inserire in etichetta le 11 Uga. Per il Consorzio non è accettabile attendere due anni per la formalizzazione di un’iniziativa strategica per 500 aziende, che il mercato attende con forte attenzione, oltre arappresentare un modello positivo, anche per altre denominazioni, nel rafforzare il legame tra un prodottounico ed il suo territorio”.

Anche perché è sempre più questo che chiede il consumatore, giusto?

“Il mercato ci chiede prodotti unici: l’unico fattore produttivo inamovibile per farlo è il territorio. Per questo dobbiamo essere bravi a trasferire sempre di più questi aspetti identitari inimitabili all’interno delle nostrebottiglie, dando vita ad un prodotto contemporaneo, che piaccia a padri e figli. Le Uga possono soddisfare la domanda crescente di consumatori più esperti e appassionati ma anche quella dei giovani”. 

Quanto il Chianti Classico si sente sostenibile e biologico? 

“Il produttore chiantigiano sente come un dovere l’applicazione di principi in linea con la sostenibilità: ad attivare pratiche sostenibili sono già 4 aziende su 5. A ciò si aggiunge un forte impegno sul biologico:

  • il 52,5% dei vigneti è bio 
  • il 65% delle aziende possiede la certificazione. 

Numeri destinati a salire fino al 75%, ovvero 3 aziende su 4, nel giro di pochi anni”. 

Avete in mente progetti specifici per interpretare le nuove esigenze del vigneto alla luce del cambiamento climatico in atto?

“E’ allo studio un progetto di ricerca, in collaborazione con le Università toscane, per valutare l’applicazione di buone pratiche per fronteggiare il cambiamento in atto, aggiornando quanto facemmo negli anni ’90 con il progetto Chianti Classico 2000 che dette un nuovo impulso qualitativo alla produzione, permettendoci di raggiungere i risultati odierni. Questa volta punteremo lo sguardo al 2050, anche attraverso la valutazione di cloni più in linea con lo scenario attuale”.

L’attenzione internazionale verso la denominazione è sempre maggiore e di grande qualità, come confermanola copertina di ottobre di Wine Spectator e l’evento dedicato alla Wine Experience di New York. Quali le prossime sfide?

“Nel 2022 stiamo registrando una crescita sempre più consolidata. Anche questi ultimi mesi dell’anno sono stati e saranno all’insegna di appuntamenti molto importanti in giro per il mondo. Tra i mercati più in crescita in questa fase abbiamo dati molto interessanti dalla Corea del Sud(sopra il 2%), che ha già superato in volume e in valore il Giappone, e dalla Norvegia. A ciò si aggiungono numeri record per quanto riguarda l’incoming di turisti nel nostro territorio in questa stagione, che è stata più lunga del solito: questo è per noi un volano fondamentale”.  

La vostra denominazione mostra sempre dinamismo e innovazione comunicativa, tale da essere un brand affermato e consolidato. Qual è il segreto?

“Credo che la nostra efficacia dipenda da vari fattori, a partire dal gioco di squadra interno al nostro Consorzio che produce in casa le sue campagne, conoscendo profondamente territorio e produttori, i quali a loro volta danno un forte contributo nel creare contenuti di valore da raccontare”. 

Nel rapporto con il nuovo Governo quali sono le priorità dal punto di vista dei produttori?

“Richiediamo soprattutto lo snellimento della burocrazia”.

Come si annuncia il 2023?

“Ci sono all’orizzonte preoccupazioni economiche e geopolitiche ma anche elementi di incoraggiamento – come ad esempio il dollaro forte che favorisce le nostre esportazioni. Per questo auspichiamo di poter continuare arafforzare la nostra denominazione”. 

E in vista del 2024, centenario dalla nascita del Consorzio, avete già in mente qualcosa?

“Coinciderà con il mio ultimo anno di mandato una ricorrenza molto significativa che desideriamo celebrare nel migliore dei modi per dare merito alla grande lungimiranza dei suoi padri fondatori (il simbolo del Gallo Nero fu scelto fin da subito, ndr). Intanto abbiamo già commissionato un libro ad hoc a Daniele Cernilli che sarà utile per ripercorrere i nostri 100 anni di attività”.

(Giovanni Pellicci)

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