La passione per il mondo dei distillati può diventare un’occasione di business. Ecco come aprire una distilleria artigianale.
Aprire una distilleria artigianale al giorno d’oggi è un’impresa possibile ma cosa bisogna fare per avere tutte le carte in regola? Per definire i passaggi fondamentali abbiamo intervistato Davide Terziotti, co-founder di Craft Distilling Italy e della fiera Distillo.
Quando un distillato si definisce artigianale?
“Per i distillati la definizione di artigianale è piuttosto complessa e meno immediata rispetto ad altri prodotti alimentari o bevande. Una definizione su cui mi ritrovo è quella della American Craft Spirits Association, l’associazione dei produttori artigianali, la definisce come “una distilleria che dà importanza alla trasparenza e fornisce indicazioni genuine sull’uso degli ingredienti, il luogo di distillazione e di imbottigliamento, i processi produttivi e i metodi di maturazione. Si tratta di una definizione che definisce imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e i rischi che si riferiscono alla sua direzione e gestione nel processo produttivo”.
Cosa occorre per aprire una distilleria artigianale in Italia?
“Oltre alle normali adempienze per creare una impresa, una azienda di distillazione ha alcune adempienze aggiuntive dovute alla sua natura. In primis si tratta di una attività alimentare, quindi sono necessari tutti i permessi HACCP. La seconda cosa da tenere a mente è che il codice ATECO classifica la distilleria come impresa e attività ad alto rischio. L’ultima cosa da considerare è che i prodotti di una distilleria sono soggetti ad accisa; quindi, è necessario ottenere una licenza dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
I permessi delle dogane dipendono dal tipo di licenza si vuole utilizzare. Ne esistono di tre tipologie diverse. Con la licenza ad accisa assolta si paga in anticipo, non si può fermentare ma si compra alcol etilico: si può produrre, ad esempio, gin e vodka. La licenza ad accisa sospesa permette di effettuare fermentazioni all’interno della distilleria e di produrre tutte le tipologie di distillati. L’accisa si paga alla messa in commercio dei prodotti. La licenza forfettaria o a tassa giornaliera permette di produrre tutte le tipologie di distillati ma in quantità limitate”.
Esistono diversi tipi di alambicchi? Ci può spiegare le differenze?
“L’argomento è piuttosto vasto, tuttavia una macro-classificazione è quella tra distillazione discontinua e continua, ciascuna di esse ha moltissime varianti dettate anche dagli alambicchi che si vogliono usare. La distillazione discontinua o lotti (batch) avviene all’interno di recipienti che vengono riempiti di sostanze alcoliche, riscaldati e il processo ha un inizio o una fine e quindi a ogni produzione la “pentola” viene caricata e scaricata. In questo caso l’alambicco principalmente usato è il pot still, che può avere diverse forme ma che, semplificando, è composto da una “pentola”, un collo di cigno, dove i vapori salgono e vengono convogliati, e un condensatore dove i vapori alcolici vengono riportati allo stato liquido La distillazione continua permette invece di effettuare la distillazione senza soluzione di continuità immettendo l’alcol da distillare in modo, appunto, continuo. La distillazione in continuo è molto utilizzata per la produzione di alcol a livello industriale”.
Quali consigli si sente di dare a chi vuole intraprendere un percorso in questo settore?
La prima regola è non essere precipitosi. Come tutte le imprese bisogna prepararsi in modo scrupoloso e non lasciare nulla al caso. Bisogna capire che tipo di prodotto si vuole fare, quali sono i mercati a cui rivolgersi e quali sono i propri obiettivi. Il tutto deve passare necessariamente da un business plan, tra l’altro obbligatorio se si vuole ottenere un finanziamento, e da uno studio approfondito del mercato e della propria identità di brand.