Crescono le importazioni di vino in Sudamerica

Un mercato piccolo ma in espansione: negli ultimi vent’anni il tasso di crescita medio delle importazioni è stato del 9,2%. La Spagna il primo fornitore tra i Paesi europei.

Crescono le importazioni di vino in America Latina. Secondo i dati presentati nel recente report Exportaciones mundiales de vino a América Latina il Sudamerica è un mercato del vino ancora piccolo ma in forte espansione da almeno due decenni. Il rapporto è stato realizzato dall’Observatorio Español del Mercado del Vino (OeMv)per l’Organización Interprofesional del Vino de España (OIVE).

Le importazioni in numeri

Le importazioni totali di vino da parte dei paesi i cui territori si estendono da Tijuana, al confine tra Messico e Stati Uniti, alla Terra del Fuoco, all’estremo sud del continente, hanno totalizzato nel 2022 un valore di 1,191 miliardi di euro, rappresentando così una quota del 3,4% di tutte le importazioni mondiali di vino. Questo valore esiguo deve però essere letto insieme alle statistiche di crescita: negli ultimi vent’anni il tasso di crescita medio delle importazioni è stato del 9,2%.

Brasile e Messico, i principali importatori

Brasile e Messico sono i due principali mercati di importazione, questi insieme contano per il 60% nelle importazioni di vino di tutta l’America Latina. I più attrattivi per prezzo medio di importazione sono invece Panama, Repubblica Domenicana, Perù, Costa Rica e Messico (oltre naturalmente ad Argentina e Cile). Il maggior ritmo di crescita delle importazioni è stato fatto segnare invece negli ultimi vent’anni da Colombia e Brasile.

I principali fornitori del mercato sudamericano

Guardando ai fornitori di questi mercati, per valore, al primo e terzo posto troviamo mercati interni alla regione, e cioè il Cile, le cui esportazioni verso i paesi vicini hanno raggiunto nel 2022 il valore di 368,2 milioni di euro (quota del 29%) e l’Argentina, con 199,9 milioni di euro e share del 15%.

Al secondo posto vi è la Spagna che lo scorso anno ha inviato in America Latina vino per un valore di 204,7 milioni di euro (quota del 16%). Seguono la Francia, 170,4 milioni di euro e quota del 13% e l’Italia, 143,5 milioni di euro e quota del’11%. Il restante 16% delle importazioni della regione è appannaggio insieme del Portogallo (80,5 milioni di euro; quota 6%), degli Stati Uniti (69,1 milioni di euro; quota 5%), dell’Uruguay (10,7 milioni di euro; quota 1%), del Brasile (9,5 milioni euro; quota 1%), dell’Australia (8 milioni di euro; quota 1%) e di altri fornitori minori (26,7 milioni di euro; quota 2%).

Il vino italiano in Sudamerica

I produttori italiani guardano soprattutto al mercato brasiliano, il più grande del Sudamerica con oltre 200 milioni di potenziali consumatori. Lo testimonia anche la massiccia presenza di aziende italiane alla quarta edizione di Wine South America, la principale fiera del vino del Brasile ed una delle più importanti del Sudamerica. Secondo il direttore della sede brasiliana dell’Ice, Ferdinando Fiore, il Brasile e’ il quarto mercato per gli italiani nelle Americhe, dopo Stati Uniti, Canada e Messico.

Per i brasiliani, l’Italia è il quarto fornitore, con una quota del 7%, dietro a Cile, Argentina e Portogallo.

In termini di valori, sono quasi 37 milioni di dollari acquistati dai brasiliani, ovvero circa l’8% del totale importato.

I vini sudamericani

La produzione vinicola in Sudamerica è documentata fin dal 1530. La viticoltura, introdotta dai coloni spagnoli in Messico, divenne un’attività fiorente nel XVIII secolo in Cile e Argentina, che sono i maggiori produttori di vino dell’America Latina.

Solo negli anni ’80 del secolo scorso, però i cileni e gli argentini hanno preso coscienza del loro enorme potenziale. I loro vigneti, affacciati su entrambi i lati delle Ande, a sud del Tropico del Capricorno, godono di condizioni pressoché ideali: sole in abbondanza, caldo secco, notti fresche e acqua delle Ande disponibile in abbondanza per l’irrigazione, spesso indispensabile.

I vitigni presenti in Sud America sono stati per lo più importati nel XIX secolo. Molti vitigni francesi ma anche italiani hanno contribuito al grande sviluppo dei vitigni e dei vini del continente. Per questo sulle etichette delle bottiglie di vini sudamericani, si presta una maggiore attenzione al vitigno. L’Argentina coltiva principalmente Malbec e Tannat come l’Uruguay. In Cile invece il Carménère sta diventando una vera particolarità.

I vini cileni: la normativa

I vini cileni hanno origine da un assemblaggio di uve provenienti da varie regioni. Sono la firma del produttore, il marchio e il vitigno ad orientare il consumatore.

Nel 2002, il Cile ha adottato un sistema di DO (Denominación de Origen) che delimita le regioni da nord a sud, a loro volta suddivise in sottoregioni corrispondenti a valli laterali.

La menzione in etichetta di una regione significa che almeno il 75% (85% per i vini esportati) delle uve proviene da lì. Lo stesso vale per il vitigno e l’annata. Per i vini rossi, il termine Reserva (EspecialPrivada o Gran) indica una maturazione almeno parziale in botte.

I vini argentini: la normativa

Come in Cile, anche in Argentina il produttore e il vitigno rimangono i due principali punti di riferimento per il consumatore dei vini argentini. Esiste anche una legislazione sull’origine, come la DOC (Denominación de Origen Controlada) e la IG (Indicación Geográfica), che possono coprire il territorio di una regione, di una sottoregione o di una zona più piccola.

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