Il vino come le sigarette: l’etichetta sanitaria che fa girare la testa

Il vino come le sigarette, anzi Bacco, tabacco (e Venere) riducono l’uomo in cenere. Ne pare più che convinta l’Europa che con il silenzio-assenso concesso all’Irlanda ha scatenato un terremoto.

Il rapporto fra alcol e salute è al centro di variegate controversie. In sintesi, il vino come le sigarette, ovvero la possibile comparsa dell’etichetta “il consumo di alcol provoca malattie del fegato”e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”, ha messo in apprensione le imprese e gli appassionati del bicchiere. Ma è davvero così?

Il vino come le sigarette, un parallelo impossibile. Lo studio di Lancet

La Commissione europea chiede di ridurre il consumo di alcol sulla base di quanto espresso dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. A leggere, nel 2016 l’alcol ha causato 291mila morti premature in Europa, e nel 29,4% dei casi di mezzo c’è proprio il cancro.

I dati provengono poi da una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica The Lancet, che stabilisce il parallelo tra alcolici e fumo come tra le principali cause di tumore, il vino come le sigarette appunto.

Per questi motivi, l’Onu ha chiesto nei suoi Obiettivi di sviluppo sostenibile di ridurre del 10% il consumo mondiale entro il 2025, un target condiviso da Bruxelles.

Le principali obiezioni: dalle istituzioni alle associazioni di settore

Apriti cielo, vino e sigarette, un paragone che non si può sentire. Da più parti, in particolare dal mondo agroalimentare italiano, c’è stata un’ovvia e giusta alzata di scudi.

Sul tema si sono pronunciati anche gli esponenti del governo: il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato il ricorso al Wto. Il ministro dell’Agricoltura e sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha aggiunto “crediamo che dietro questa scelta un’altra volta si miri non a garantire la salute ma a condizionare i mercati”.

Coldiretti, invece, contesta senza mezzi termini il provvedimento irlandese  definendolo “un attacco diretto all’Italia che è il principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato”, parlando di informazioni che appaiono come “avvertenze terroristiche”.

A fare da contrappeso l’Istituto Superiore di Sanità che ha puntualizzato, con l’intervento del direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol, Emanuele Scafato: “L’etichetta garantisce al consumatore una scelta informata, perché le evidenze scientifiche indicano che non è possibile definire una quantità ‘sicura’ di alcol rispetto ad eventuali danni alla salute”.

L’obiezione più logica e lapalissiana è che, in primis, vada fatta una chiara distinzione tra consumo eccessivo e consumo minimo.

“Non fare alcuna distinzione in base al livello ed alle modalità di consumo trasmette un messaggio confuso ai consumatori, non rendendoli consapevoli dei reali rischi per la salute”, spiega la Fivi, la Federazione italiana dei vignaioli indipendenti.

In Italia non è come in Irlanda

In Italia non abbiamo la stessa emergenza sanitaria sull’alcol che abbiamo in Irlanda, in diversi Paesi del Nord e dell’Est Euro. Il provvedimento che appare sensato in Paesi con obiettivi elevati tassi di alcolismo, appare invece illogico nel nostro Paese. Da noi, tale problema è meno marcato e la tendenza media è a un consumo moderato.

“Nessuno è contro il vino, ciò di cui si occupa il Piano per battere il cancro è il consumo dannoso di alcol, che è una preoccupazione di salute pubblica”, ha ribadito il portavoce della Commissione europea, Stefan De Keersmaecker a cui ha risposto con determinazione l’Unione italiana vini che con il segretario Paolo Castelletti ha rimarcato: “Da una parte si afferma che ‘nessuno è contro il vino’, dall’altra si annuncia una ‘revisione delle etichette‘, oltre a una ‘riduzione del consumo dannoso di alcol di almeno il 10% entro il 2025″.

Che significherebbe, tra le misure delineate, più tasse sugli alcolici, stretta sulla pubblicità (in particolare quella rivolta al target giovanile), riduzione dei fondi Ue.

Serve chiarezza: comunicazione corretta sugli alcolici, non “terrorismo”

Alla luce di quanto sta accadendo, come auspicato dalla presidente di Federvini Micaela Pallini, è necessario fare chiarezza. Federvini ha organizzato per il prossimo 1 febbraio il convegno No Binge, comunicare il consumo responsabile in collaborazione con l’università La Sapienza.

L’iniziativa ha lo scopo di coinvolgere gli studenti universitari della laurea magistrale in Organizzazione e Marketing nella diffusione di un approccio corretto al consumo di bevande alcoliche e assume una particolare rilevanza in questo periodo particolare, in cui i paesi del Nord Europa stanno spingendo (e in alcuni casi si sono già attrezzati) per introdurre sulle etichette delle bottiglie informazioni di tipo health warnings“.

Servono, insomma, interventi precisi da parte delle istituzioni che possano avviare studi aggiornati in grado di tutelare il nostro “made in Italy“. A cui vanno aggiunti suggerimenti equilibrati sul corretto consumo delle bevande alcoliche. In maniera da evitare paralleli improbi, il vino come le sigarette. Un conto è il rischio generato dalla smodatezza, un altro l’accettabilità di un buon bicchiere capace sempre di coniugare piacere e socialità.

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