Gabriele Gorelli, il primo Master of Wine d’Italia

Gabriele Gorelli, classe 1984, di Montalcino, ha superato l’esame del prestigioso istituto londinese ed è diventato il primo “Master of Wine” italiano. Alla nostra testata racconta non solo di questa sua passione per il vino, ma di questo suo prestigioso titolo con un consiglio a chi deciderà di intraprendere il suo stesso percorso.

Quando nasce la tua passione per il vino?

Io sono uno degli ultimi ad esser nato a Montalcino. Pensa che dall’87 in poi si nasce a Siena, ma nascendo a Montalcino si è immersi nel mondo del vino, e poi mio nonno aveva anche un piccolissimo vigneto di mezzo ettaro da cui mi produceva Brunello… Quindi io avevo già visto, in qualche modo spiando dal buco della serratura, un mondo molto interessante. Adesso è ancora così, ma prima si capiva ancora meglio che si trattava di un mondo prettamente fatto di relazioni. Allo stesso tempo capivo che c’era un aspetto puramente produttivo, si guardava tanto a cosa fare ma non a come vendere o a come posizionarsi, quindi io avevo in qualche modo già da piccolo realizzato che mancava tanta connessione tra gli sforzi del produttore e il consumatore potenziale. Quindi la mia idea era inizialmente di posizionarmi lì e, per poterlo fare, ho scelto di non studiare il vino inteso come “scuola dell’obbligo” e ho studiato lingue: sapevo che mi avrebbero poi aiutato per certe strade, le lingue sapevo avrebbero potuto portarmi lontano, senza avere quella verticalità già professionale ma avendo un’apertura d’ascolto.

Inoltre, io avevo un’agenzia pubblicitaria, insieme a un socio un po’ più grande di me, il cui focus principale era proprio il mondo del vino, essendo a Montalcino. Ho visto che c’era tanto da fare, nonostante già i produttori fossero. Bisognava prendere molta più coscienza di quanto non ce ne fosse prima… Mi sono anche poi formato da sommelier nel 2012 ed è stata una bella esperienza.

Tu sei anche il primo Master of Wine italiano, come ti senti a riguardo? 

Avevo 29 anni quando ho intrapreso questo percorso e non mi rendevo assolutamente conto della sua magnitudine. L’ho fatto perché non sapevo che fosse praticamente impossibile da concludere: sono stati sei anni duri, ma che mi hanno insegnato tantissimo e mi hanno dato anche un metodo. Un metodo più anglosassone, ma direi anche internazionale, di lavorare, di approcciare. 

Giorno dopo giorno programmare la propria vita professionale è stato bello, anche per il networking e le conoscenze intese sia come conoscenze di prima mano, che relazionali, quindi che io abbia finito è stata una notizia, ma il percorso vero, il vero momento catartico è quando sei ancora uno studente.

Cosa ti senti di consigliare a chi vuole intraprendere il tuo stesso percorso?

Se c’è un consiglio da dare è sicuramente, prima di infilarsi in un tale “ginepraio”, di farsi tutto il percorso fino al diploma, che chiaramente porterà anche ad avere una conoscenza migliore della lingua inglese, ma soprattutto avere una grande capacità di ascolto, una grande curiosità, una grande volontà di capire le cose e non soltanto di conoscerle, perché è molto diverso. Il punto su cui, diciamo, si incentra il Master Of Wine, è proprio quello del pensiero critico: non è richiesto avere una conoscenza dai libri di testo; o meglio, si dà per scontato questa conoscenza, ma il punto più importante in cui si insiste è quello del perché si fanno certe cose, di conseguenza vanno comprese a fondo certe dinamiche che nazioni diverse, aziende diverse, varietà diverse richiedono. Quindi c’è bisogno di conoscere tante persone, tante aziende e tante diverse tipologie di approccio, quindi in giro per il mondo bisogna essere capaci di raccogliere opinioni di ognuno. Ci sono cose che chi oggi vuole intraprendere questo percorso non può trascurare. Poi bisogna avere soprattutto tanta fame nei confronti del risultato, perché è un percorso molto difficile dove la mortalità scolastica è oltre il 90%. Quindi se non si ha una motivazione che porta a essere sistematici e disciplinati rigorosi nel percorso, è facile che a un certo punto si decida di lasciare e non andare avanti. Quindi questa è un po’ la mia raccomandazione.

Related Posts

Ultimi Articoli