Fosfiti e vino bio: ecco il nuovo protocollo di sperimentazione tutto italiano

Il nuovo protocollo si pone come obiettivo di fare chiarezza su alcuni aspetti della produzione di vino bio, come la presenza di fosfiti

Al via il progetto che vede coinvolti il Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e l’ICQRF con l’obiettivo di fare chiarezza su alcuni aspetti della produzione di vino biologico, come la presenza di fosfiti.

La produzione di vino biologico in Italia continua a crescere, trainata dalle richieste del mercato e dalla sensibilità dei consumatori. E mentre l’Unione Europea punta al 25% della superficie agricola a coltivazione biologica entro il 2030, alcuni aspetti rimangono ancora incerti, come la presenza dei fosfiti all’interno dei vini biologici.

Possono essere tollerati? Fino a che punto? E perché si verifica questo contatto? 

A queste e altre domande prova a rispondere il nuovo protocollo di sperimentazione promosso dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e l’ICQRF. La sperimentazione – commenta Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia – nasce su iniziativa del Consorzio. Siamo infatti convinti che tale progetto sia di interesse collettivo e, pertanto, diventa fondamentale raccogliere quanti più dati ed informazioni possibili in merito alle cause che possano originare la presenza di fosfiti nei vini biologici”. 

Cosa sono i fosfiti?

Partiamo dal comprendere che cosa sono, innanzitutto, i fosfiti. Tale nome – da non confondere con “solfiti” – indica comunemente la presenza di residui di acido fosfonico e/o etil-fosfonico all’interno del vino. “Tale aspetto – spiega una nota dello stesso Consorzio – può originarsi da diverse cause, come l’applicazione di mezzi tecnici regolarmente ammessi in agricoltura biologica e coadiuvanti enologici consentiti nella produzione di vino biologico, ma con residui rilevanti rispetto alla nuova normativa di fosfonati o di fosetil derivati. Oppure per l’uso improprio di prodotti per la difesa e fertilizzanti destinati all’agricoltura convenzionale. Oltre che molte altre cause non ancora completamente note”.

L’obiettivo del nuovo protocollo di sperimentazione è proprio quello di fare maggiore chiarezza. Il progetto vede coinvolte anche tre cantine siciliane, Colomba Bianca, Feudo Arancio e Settesoli, che parteciperanno attivamente fornendo campioni di foglie, grappoli e vini. “I prelievi – continua la nota – saranno effettuati in più fasi fenologiche del vigneto, durante la maturazione delle uve ed in cantina, nel corso della vinificazione e affinamento dei vini“.

“Per l’intera filiera vitivinicola biologica – sottolinea Giacomo Gagliano, direttore del Laboratorio ICQRF di Catania – il protocollo di sperimentazione rappresenta una questione di grande rilevanza e sarà un elemento essenziale per la programmazione delle future produzioni. Infatti, il Decreto MIPAAF n. 7264 del 10 luglio 2020 stabilisce soglie più restrittive per questi metaboliti ma concede un periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2022, entro cui gli operatori biologici e gli organismi di controllo dovranno adeguare le procedure esistenti”.

Intanto, cresce la produzione bio nelle cantine cooperative italiane. Un’indagine realizzata da Alleanza Cooperative Agroalimentari su un campione rappresentativo delle proprie associate, è emerso che il 61% delle cantine interpellate ha attualmente scelto metodi di produzione biologica.

Cecilia Filoni

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