In crescita del 12% l’export di vino italiano ma calano le vendite nella GDO. I mercati del futuro? Asia e Africa. Questo quanto emerso dal report condotto da Wine Monitor.
Nuovo record per l’export di vino italiano che nel 2022 hanno raggiunto il tetto degli 8 miliardi di euro con una crescita rispetto all’anno precedente del 12%. Questo quanto raccontano i numeri presentati ieri a Bologna in occasione della nona edizione del Forum di Wine Monitor di Nomisma.
Un risultato si positivo ma che consente anche di guardare le performance anche degli altri paesi del mondo. La Francia per esempio è risultata in crescita, arrivando a 12,5 miliardi di export vinicolo, mentre la Spagna, terzo esportatore mondiale, ha visto un aumento di circa il 6%, raggiungendo i 3 miliardi di euro. Inoltre, viene evidenziato, “Rispetto al posizionamento di prezzo dei vini italiani, il differenziale esistente con quelli francesi permane elevato: il nostro prezzo medio all’export dei vini fermi imbottigliati è risultato inferiore del 40% nell’anno appena trascorso, il medesimo gap esistente già dieci anni fa e non ancora chiuso”.

La crescita di vino italiano nel mondo.
Performance davvero ottime per il vino italiano che in Usa cresce del 16,2%, nel Regno Unito del 32,7%, in Canada del 21,7%, in Giappone del 25,3% e in Corea del Sud del 9,6%. In Germania e Cina invece si segnala un calo, rispettivamente, del -11,9% e del -7,2%. Per quanto riguarda invece la categoria delle bollicine made in Italy esse segnano il +25,4% in Usa, il +78,9% nel Regno Unito, il +25,4% in Giappone, il +0,5% in Germania, il +19,6% in Svizzera, il +31,3% in Canada e il +37,3% in Corea del Sud.

I mercati globali e le esportazioni.
A segnare risultati più interessanti a livello globale in termine di crescita percentuale con le spedizioni cresciute sono Usa e Cile rispettivamente, del +14,2% e del +12,8%. Segue la Francia +12,5%), seguita dall’Italia (+12%), dalla Nuova Zelanda (+8%), dalla Spagna (+5,6%) e dall’Australia (+4,1%).
L’Italia, come detto, ha raggiunto gli 8 miliardi di euro di vino esportato e la Francia la quota di 12,5 miliardi di euro. Seguono Cile (1,9 miliardi di euro), Usa (1,4 miliardi di euro), Australia (1,4 miliardi di euro) e Nuova Zelanda (1,3 miliardi di euro).

I canali distributivi: Gdo in calo, Ho.re.ca in ripresa.
Dall’analisi condotta da Wine Monitor sono stati esaminati anche i canali distribuitivi del vino. Sul mercato interno la Gdo è in calo, ma con valori e volumi comunque più alti rispetto al 2019: i vini fermi e frizzanti, nel 2022, hanno toccato i 2,2 miliardi di euro e gli spumanti 707 milioni di euro. Il calo, sul 2021, è del -1,8%, con fermi e frizzanti che segnano il -2,2%, i vini Dop il -3,7%, gli Igp il -1,1%, gli spumanti il -0,4%, gli Charmat dolci il -3,3% e i metodo classico il -4,9%. In crescita gli Charmat secchi (+4,2%), non solo grazie al Prosecco, ma anche con gli spumanti generici di basso costo venduti al discount. Restando in Gdo, segno negativo anche per e-commerce (-23,8% per fermi e frizzanti e -1,2% per gli spumanti) e vini Bio ( -4,7% per fermi e frizzanti e +15,2% per gli spumanti).
Per quanto riguarda il canale Ho.re.ca, esso è ripartito definitivamente. Nel periodo gennaio-settembre 2022 ha registrato una crescita dei fatturati. Nello specifico la Germania registra il +60,6%, la Francia il +57,9%, i Paesi Bassi il +50,9%, l’Italia il +46,6% e la Spagna il +39%.

Guardando al 2023 cosa ci dobbiamo aspettare?
Per il nuovo anno si stima una leggera crescita del Pil nei mercati storici del vino italiano. Meglio invece per il Sudest asiatico, dove il vino italiano è ancora poco presente. Le stime di crescita per l’economia italiana parlano di un sostanziale galleggiamento (+0,3% – +0,4%), ma non di una recessione. Il prezzo dell’energia, specie del gas, sarà un fattore determinante perché l’inflazione è legata a doppio filo al costo dell’energia, così come il potere d’acquisto dei consumatori, da cui dipende, ovviamente, anche la tenuta del mercato del vino.