Europa, via alla distillazione di crisi

In Europa c’è troppo vino. L’Unione Europea dà il via ad alcune misure di sostegno al settore vitinvinicolo, tra cui la cosiddetta “distillazione di crisi”. La situazione in Italia, Francia e Spagna.

L’Unione Europea contro la crisi dei produttori di vino. Bruxelles ha attivato, infatti, una serie di misure di sostegno al settore vitinvinicolo, che sta ancora pagando le conseguenze della pandemia, senza contare i maggiori costi dovuti ai forti aumenti subiti da energia e materiali di vario tipo. L’aumento del costo della vita, la diminuzione del potere d’acquisto e la riduzione complessiva dei consumi hanno causato una riduzione delle vendite di vino. Tutto questo in un contesto come quello del 2023 che ha visto in Europa aumentare (con alcuni distinguo) la vendemmia e la produzione. La conseguenza è che c’è tantissimo vino invenduto sul mercato e i produttori ci stanno rimettendo. Qui arriva l’intervento dell’Unione Europea. Tra le misure messe in campo c’è anche la cosiddetta “distillazione di crisi”.

Distillazione di crisi, in cosa consiste?

La distillazione di crisi è una pratica che prevede la separazione dell’alcol puro dal vino, sfruttando il diverso punto di ebollizione delle sostanze che lo compongono. Il vino destinato a distillazione sarà ritirato dal mercato. L’alcol ottenuto dovrà essere utilizzato solamente per scopi non alimentari. Per esempio, potrà essere destinato al mercato dei disinfettanti.

Questa pratica solitamente interessa le qualità di vino più basse e ha due obiettivi:

  • liberare i magazzini dei produttori non attrezzati a tenere scorte;
  • ritirare i litri di vino in eccesso dal mercato.

In questo modo si rende l’offerta di vino più compatibile con la domanda, riducendo così la concorrenza e permettendo ai prezzi di tornare a livelli tali da garantire ai produttori congrui margini di guadagno.

La normativa

Fino al 15 ottobre 2023 i produttori degli Stati membri potranno decidere di distillare i vini che più hanno risentito della crisi. La normativa stabilisce che “il vino da avviare alla distillazione deve essere detenuto alla data 31 marzo 2020 e risultare, alla data di emanazione del presente provvedimento, dai registri ufficiali di cantina come vino non a denominazione di origine e non ad indicazione geografica”.

I produttori che decidono di aderire alla distillazione ricevono un ristoro dallo Stato. In questo modo si riducono le loro perdite e allo stesso tempo si toglie del vino dal mercato con l’obiettivo di ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta. I fondi sono stati messi a disposizione, come detto, dall’Unione Europea. Ad oggi, tra gli Stati in cui è stata consentita la distillazione di crisi ci sono Italia, Francia, Spagna, Germania e Portogallo.

Il calo delle vendite

Rispetto all’anno scorso le vendite di vino sono diminuite del 7 per cento in Italia, del 10 in Spagna, del 15 in Francia, del 22 in Germania e del 34 per cento in Portogallo. Anche le esportazioni si sono molto ridotte: nei primi quattro mesi del 2023 sono state inferiori dell’8,5 per cento rispetto all’anno precedente, contribuendo a far aumentare ulteriormente le scorte.

La situazione in Italia

L’Italia è stata tra gli ultimi grandi Paesi a recepire il provvedimento dell’Unione Europea relativo alla distillazione di crisi. Il relativo decreto è stato approvato solo a fine luglio. Di conseguenza i produttori che vorranno aderire si troveranno a fare una sorta di corsa contro il tempo, dato che il procedimento dovrà essere completato entro il 15 ottobre.

Tra le condizioni per poter ricorrere alla distillazione di crisi il decreto fa riferimento ad un aumento delle scorte che risulti già dalla dichiarazione di giacenza presentata a settembre dello scorso anno. L’alcol derivante potrà essere utilizzato esclusivamente per uso industriale, in particolare per la produzione di disinfettanti e di farmaci o per fini energetici.

Osservando la questione da un altro punto di vista, si potrebbe invece dire che non tutto il male viene per nuocere dato che le fitopatie e la grandine hanno posto le basi per una vendemmia 2023 dai quantitativi in forte calo, rendendo forse inutile la distillazione di crisi. Quantomeno in Italia.

La situazione in Francia

Il ministero dell’Agricoltura francese ha stanziato 200 milioni di euro per compensare i produttori di vino delle zone di Bordeaux e Languedoc per la cosiddetta “distillazione di crisi”.

Oltre alla distillazione di crisi, il governo francese ha anche predisposto dei risarcimenti per i viticoltori che accettano di estirpare i vigneti per convertire la terra in bosco o lasciarla incolta, sempre allo scopo di ridurre la produzione. Finora hanno aderito circa un migliaio di viticoltori di Bordeaux, che hanno accettato di estirpare 9.200 ettari di vigneti, pari a circa l’8 per cento della superficie totale coltivata nella regione.

Tra l’altro, al contrario di quanto avviene in Italia, la vendemmia 2023 francese si preannuncia molto ricca. E, infatti, la Francia si appresta a superare l’Italia nella produzione vinicola.

La situazione in Spagna

Dopo un 2022 da record, la Spagna, terzo produttore di vini europeo dopo Francia e Italia, si è vista costretta ad attivare la distillazione di crisi. Ciò si è reso necessario per rimettere in piedi un mercato a rischio squilibrio, tra eccessi di giacenze e flessione dei consumi interni. Le regioni interessate sono la Catalogna e l’Extremadura. La distillazione riguarda 16,6mila ettolitri per la Catalogna e oltre 43mila ettolitri per l’Extremadura, per un totale di 6 milioni di litri di vino, finanziata con fondi settoriali per 2,3 milioni di euro.

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