Emilia Wine Experience

Wine experience Emilia, terra di capolavori enogastronomici dove la vita si gusta e si sorseggia

E’ la prima volta che si mettono in campo attività per promuovere e conoscere le aziende legate al marchio “Emilia Wine Experience”, il progetto sistemico di promozione turistica che parte dalle eccellenze agroalimentari dell’Emilia.

La Wine Experience emiliana

La Emilia wine experience si presenta come filo conduttore e al contempo motore che ha animato quest’anno oltre 15 iniziative aperte al pubblico, privato e professionale, con diversi press tour che organizzati lungo le Strade Vini e Sapori di Emilia. Sono 20 i comuni che hanno aderito per la prima volta alla promozione integrata del territorio , appartenenti alle provicie di Piacenza, Parma e Reggio Emilia, cinque Strade dei Vini e dei Sapori dell’Emilia, due Consorzi di tutela, un’Associazione locale. In tutto sono circa trenta i partner del territorio emiliano che sotto un unico ombrello, quello che prende il nome, appunto, di Emilia Wine Experience, hanno fatto parlare di sé.

“Nuovi format di degustazione e itinerari enogastronomici sono stati creati alla ricerca dello speciale legame vino-cucina-territorio, che in Emilia costituisce una forma essenziale di racconto di tradizioni, trasformazioni e curiosità di questi luoghi ad alta vocazione enogastronomica» spiega Elisabetta Virtuani, presidente della Strada della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini, capofila del progetto.

La rassegna di eventi e incontri del 2022

Nel portale www.emiliawineexperience.it si trova una vera e propria guida del territorio attraverso i propri sapori, che ha come finalità quella di attrarre il visitatore attraverso le eccellenze enogastronomiche.

Gli eventi che lasciano il segno nel territorio, dal Vinitaly di Verona a Copenaghen raccontando le eccellenze enologiche attraverso i territori che valorizzano i singoli: Il Culatello di Zibello, il Prosciutto di Parma, la Coppa, la Pancetta e il Salame Piacentino, il Fungo di Borgotaro e le denominazioni vinicole. Siglate DOP, IGP, De.Co. e PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali), ricchezza che fanno di queste terre un unico a livello internazionale. Da quelli più famosi a quelli più di nicchia, una serie di eventi e attività volti a far scoprire ai consumatori, agli appassionati e alla stampa internazionale le storie che si legano a queste eccellenze. E ora si guarda al 2023 per proporre nuovi itinerari ed esperienze che saranno promosse nella CARD.

Questione di abbinamento

L’abbinamento cibo-vino è il filo conduttore che si intende seguire durante il 2023, un modo alternativo di raccontare il vino, ricercando gli abbinamenti con i prodotti, la cucina oppure con la cultura emiliana nelle sue diverse forme. Emilia Wine Experience vuole essere un laboratorio, dove si creano esperienze enogastronomiche in collaborazione con gli operatori del territorio, con l’obiettivo di fornire strumenti utili ai produttori per un’accoglienza sempre più ricca e innovativa.

La Malvasia di Candia dei Colli Piacentini

Nei Colli Piacentini troviamo la varietà aromatica chiamata Malvasia di Candia. La superficie totale coltivata a vigneto in provincia di Piacenza è di 4995 ettari (anno 2020), dei quali 3302 ettari rivendicati a DOC (66,11%), così ripartiti tra le DOC Colli Piacentini, DOC Gutturnio e DOC Ortrugo dei Colli Piacentini.

Tra le 19 Malvasie coltivate in Italia, quella Bianca di Candia Aromatica si
concentra in Emilia e in particolare nei Colli Piacentini
, dove esprime al
meglio la propria personalità. La natura e le traiettorie storico-commerciali
hanno portato sui Colli Piacentini la più ricca e caratteriale tra le Malvasie
esistenti, dotata di un corredo aromatico particolarmente ricco e complesso
che conferisce grande qualità, poliedricità e capacità evolutiva a questo vino.

Da Monemvasia a Malvasia di Caldia

La Malvasia di Candia oggi ha cambiato volto, lasciando le vesti della varietà “semplice e aromatica”. Una volta però, in una isoletta del Peloponneso della Grecia, c’era un borgo circondato da mura che si chiama Monemvasia, che tradotto significa porto con una sola entrata. Questo borgo nel Medioevo e sino al Seicento aveva rivestito un’importanza logisticocommerciale non indifferente. A Monemvasia venivano raccolti vini provenienti dalle isole vicine, specie da Creta, chiamata un tempo Candia, distante poco più di 200 chilometri.

La prima documentazione sulla Malvasia di Candia

All’inizio i vini erano per lo più dolci, prodotti da uve appassite al sole, da un numero svariato di vitigni diversi. Il primo documento che cita il vino Malvasia risale al 1214, da una citazione della corte di Costantinopoli, e del 1278 è una citazione veneziana sull’importazione del vino di Malvasia.

La Repubblica di Venezia

Siamo tra il Trecento e il Seicento quando la Malvasia iniziò a viaggiare grazie alle vie del commercio della Repubblica di Venezia, sino ad esportarlo in tutta Europa. Il traffico in particolare divenne molto florido tra il 1420 e il 1540, periodo in cui la Serenissima aveva addirittura annesso ai propri territori Monemvasia per meglio controllare i traffici del prezioso vino. La Malvasia faceva parte della vita veneziana, veniva bevuto in tutti i ritrovi e nelle feste, usato per la Messa e per le comunioni, e i locali dove si mescevano vini provenienti da Levante si chiamavano Malvasie. Ancora oggi si trovano diverse calle, ponti e altri luoghi, circa 20, che riportano il nome Malvasia, incluso uno scalo apposito per gli arrivi delle botti del prezioso vino, il Fondaco della Malvasia. Senza vincoli geografici e denominazioni di tutela la Malvasia si diffuse rapidamente in tutto il bacino del Mediterrano grazie al prestigio che ottenne proprio da Venezia.

La Malvasia dei Colli Piacentini oggi

Oggi ci sono circa 5000 ettari piantati, con caratteristiche pedoclimatiche diverse che consentono di sfruttare le differenti altitudini ed esposizioni dei versanti, suoli, da molto argillosi a franco-limosi e da fortemente calcarei e alcalini a decarbonatati e sub-acidi.

Sono 25 i vitigni coltivati in Emilia-Romagna, 4 sono i prìncipi della viticoltura piacentina che coprono circa l’80% della superficie totale: Barbera e Croatina a bacca rossa, Malvasia di Candia Aromatica e Ortrugo a bacca bianca. I vini DOC della provincia di Piacenza sono rappresentati dalla DOC Colli Piacentini, DOC Gutturnio e DOC Ortrugo dei Colli Piacentini. La DOC Colli Piacentini deve obbligatoriamente essere seguita da una delle seguenti 14 menzioni o dal riferimento al nome di vitigno: Monterosso Val d’Arda, Trebbianino Val Trebbia, Valnure, Barbera, Bonarda, Malvasia, Pinot grigio, Pinot nero, Sauvignon, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Novello, Vin Santo e Vin Santo di Vigoleno. Nel piacentino si possono produrre tre vini a Indicazione Geografica Tipica che dal 2010 sono equiparati alla IGP (Indicazione Geografica Protetta): IGP Emilia, IGP Terre di Veleja, IGP Val Tidone.

Il terroir della Doc Colli Piacentini

Un territorio caratterizzato da innumerevoli sfaccettature, collinare, variabile climaticamente, pedologicamente e topograficamente, e quindi capace di condizionare la qualità delle uve e dei vini. La Malvasia di Candia Aromatica è un vitigno sensibile alle variazioni di vigoria, peculiarità, questa, che la colloca tra i genotipi che più di altri possono esaltare le interazioni tra il vitigno e l’ambiente.

Nello specifico la Malvasia esprime forte complessità aromatica sulle Terre rosse antiche che derivano da un’antica pianura rialzata a seguito dell’innalzamento della catena alpina e appenninica, depositi fluviali che delineano un paesaggio composto da superfici pianeggianti o lievemente ondulate; una buona complessità aromatica si identifica altresì nei vini delle Terre dei fossili del Piacenziano, depositi marini contraddistinti da sabbie e argille plioceniche ove il paesaggio collinare si compone di versanti brevi spesso vitati contrapposti a rocce scoscese e a calanchi. Le Terre argillose della Val Tidone inducono maggiore freschezza alla Malvasia in virtù della profondità e della buona fertilità dei suoli con elevato contenuto di argilla. Le Terre del medio Appennino, localizzate nelle aree più interne delle vallate, sono tuttora scarsamente vitate pur presentando un elevato potenziale a tutela della tipicità varietale in un contesto di cambio climatico.

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