Digital Tax, c’è il rinvio. E l’export tira un sospiro di sollievo

Il commento di Unione Italiana Vini sul rinvio della Digital Tax: “Decisione saggia per evitare di vedere ancora i prodotti vitivinicoli travolti da una disputa internazionale”

Il Consiglio dei ministri ha deciso: per ora, la Digital tax è rinviata. Un’imposta, questa, sui servizi digitali per il 2020, la cui scadenza slitta dal 16 febbraio al 16 marzo 2021, così come il termine per la presentazione della relativa dichiarazione, che viene spostata dal 31 marzo 2021 al 30 aprile 2021.

“Lo stop temporaneo alla digital tax da parte del nostro Consiglio dei ministri accoglie l’indicazione di Unione italiana vini – commenta Paolo Castelletti, segretario generale di UIV -. Un gesto di apertura nei confronti della nuova amministrazione Biden, che si insedierà il 20 gennaio, affinché sia trovato già nei primi mesi del 2021 un accordo multilaterale su questa complessa materia. Non è un caso che proprio in questi giorni sia la Commissione europea sia l’Ocse abbiano pubblicato le loro nuove distinte proposte in tema di tassazione digitale”.

“Per il mondo del vino italiano – ha aggiunto Castelletti – la decisione presa in Cdm è tanto saggia quanto importante. Il rischio di vedere, infatti, ancora una volta, i prodotti vitivinicoli travolti da una disputa internazionale e da potenziali misure penalizzanti in un momento di estrema indecisione per il contesto economico internazionale era alto”.

La tassa sui servizi digitali (Dst), continua il comunicato di Uiv, era destinata ad avere definitivamente i suoi effetti in Italia a partire dal 16 febbraio. Sul tema ha fatto seguito il report del Rappresentante per il Commercio Usa (Ustr) che ha ritenuto discriminatoria l’imposizione italiana nei confronti delle imprese digitali americane, che rappresentano i 2/3 delle aziende da tassare.

Secondo Unione italiana vini (Uiv), tale impostazione sarebbe stata a forte rischio di azioni ritorsive già arrecate (e poi sospese) ai danni della Francia, anch’essa promotrice della stessa imposta. Non dimentichiamo, inoltre, che è fresca la notizia che salva ancora il vino italiano dai dazi made in Usa dopo le ritorsioni nella disputa Airbus-Boeing. Dazi che, invece, non hanno risparmiato Francia e Germania.

Con la tassa sui servizi digitali l’Italia prevede di concretizzare un corrispettivo di circa 700 milioni di euro. Il vino italiano, che negli Stati Uniti vende il 30% del proprio export a valore (circa 1,7 miliardi di euro), sarebbe uno dei maggiori indiziati tra i prodotti tricolore a rischio ritorsione. Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini (base dogane), le importazioni di vini fermi italiani hanno chiuso i primi 11 mesi del 2020 in sostanziale pareggio (-0,1%) sul pari periodo 2019, per un corrispettivo di quasi 1,35 miliardi di dollari. Un risultato che ha permesso al Belpaese di allungare su Francia (-31,3% a valore), Spagna (-12,3%) e Germania (-33,4%), su cui gravano i dazi aggiuntivi del 25% sui vini disposti dall’Ustr per la vicenda Airbus già indicati sopra.

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