La nuova ricerca di Wine Monitor presentata oggi a Wine2Wine racconta il business del vino all’epoca del Covid-19 e guarda al futuro: 7 aziende su 10 si aspettano una riduzione del fatturato, ma ci sono i presupposti per ripartire
Qual è stato l’impatto reale dell’emergenza Covid-19 sul vino italiano? Che cosa ha permesso alle aziende di restare in corsa e quali sono i trend su cui puntare per la nuova era che si aprirà una volta che la pandemia sarà alle spalle? A queste e tante altre domande che molti nel settore si pongono ormai da mesi ha provato a rispondere la nuova ricerca di Wine Monitor Nomisma per Osservatorio Vinitaly. Ad essere intervistate, 165 aziende vinicole italiane che ben possono rappresentare le tendenze in atto nel nostro Paese.
La ricerca è stata presentata questa mattina da Denis Pantini durante un summit internazionale organizzato in occasione di Wine2Wine exhibition. Il tutto in un collegamento online, ovviamente, con altri esperti del settore sintonizzati da ogni angolo del mondo. Titolo della presentazione, che tocca sia il presente che le prospettive future del vino italiano, “Wine business nell’era del Covid”.
Le vendite. “I numeri hanno evidenziato come ben 7 aziende vitivinicole su 10 si aspettano una riduzione del fatturato, mentre pochissime – soltanto il 10% – vedranno un aumento” afferma Pandini. Interessante sottolineare come le “risposte siano differenti a seconda del tipo di azienda: l’81% di quelle che prevede un calo sono piccole – sotto 1 milione di euro di fatturato. Andando più nel dettaglio, diverse sono anche le tendenze a seconda del canale di vendita” aggiunge Pandini.
Buoni, ad esempio, i numeri della Gdo, con il 51% del intervistati che ha sottolineato un aumento, preceduta dall’online, con ben 8 aziende su 10 che si dichiarano positive. “Anche se – commenta Pandini – l’online pesa ancora poco sul totale in Italia, siamo sotto il 2%. Ma la pandemia ha innescato nuove tendenze che si consolideranno negli anni a venire”. Calano, invece, le vendite dirette in azienda (al ribasso per il 55% degli intervistati), del dettaglio specializzato (per il 75% degli intervistati) e dell’Horeca, con ben 9 aziende su 10 che segnano in rosso.
Export. La ricerca si è concentrata poi su un aspetto fondamentale del settore: l’export. “Sono quasi tutti segni rossi, a parte la Svezia che segna un +5% (con 4 aziende su 10 che confermano numeri stabili e 3 su 10 addirittura in crescita)” continua Pandini. Seguono Svizzera, Russia, Canada, Germani, Cina, Australia, Giappone e, in fondo alla classifica, Stati Uniti e Regno Unito. “La percentuale deve essere, però, ridotta per gli Usa, dove l’export segna un calo solo del 2% rispetto allo scorso anno – sottolinea Pandini – questo perché nella prima parte dell’anno c’è stata una grande crescita, che ha mitigato la discesa degli ultimi mesi. Inoltre, l’Italia in Usa è forte non solo nella ristorazione, ma anche in altri canali che hanno permesso un bilanciamento”.Â

Trend del futuro. A questo punto, la ricerca passa a illustrare quello che potrà essere il futuro del vino italiano. “Abbiamo chiesto alle aziende – continua Pandini – quali tra questi fattori sono stati più importanti per contrastare o ridurre l’impatto della pandemia sul business e i numeri parlano chiaro”. Cinque aspetti su cui soffermarsi, che vengono dall’esperienza sul campo delle aziende negli ultimi mesi e che possono essere quelli giusti su cui puntareÂ
- Forte propensione all’export: 50%
- Vendite multicanale: 49%
- Notorietà del brand. 47%
- Competenze – Talented Management: 41%
- Maggior diversificazione dei mercati: 33%
L’attenzione si è poi spostata sul prossimo anno, un 2021 che ha il compito di cominciare a risollevarci da questo difficile 2020: “Abbiamo poi chiesto alle aziende – aggiunge Pantini – quali strategie pensano di mettere in atto nel 2021 sui mercati italiani per contrastare le conseguenze dell’epidemia e ben 6 su 10 tra gli intervistati hanno parlato di attivazione e /o potenziamento della presenza di social network, seguito di poco (59%) dal potenziamento dell’e-commerce”. 4 su 10, invece, scommetteranno sull’enoturismo; il 20% sulla Gdo e il 18% su sconti e promozioni.
Poi, un altro sguardo ai mercati esteri, stavolta con un un prospettiva di lungo termine. Quali saranno secondo gli intervistati gli impatti del Covid-10 sul business vino nei prossimi 2-3 anni? Ipotesi e risposte che si accomunano, sia per mercato nazionale che estero: tra i fattori più votati, la riduzione del numero di locali e il calo del turismo come aspetti negativi, mentre tra i positivi spicca sicuramente l’incremento delle vendite online.
Infine, l’ultimo aspetto analizzato che ci permette di guardare al futuro con rinnovato interesse, i trend. Come muoversi nei prossimi 2-3 anni? Quali saranno i prodotti che più interesseranno i mercati esteri? Anche a queste domande, la ricerca ha provato a dare una risposta. Al primo posto, vini sostenibili e biologici (soprattutto in Usa e Germania), seguiti da Premium, vini leggeri e poi gli sparlino (in particolare in Russia).

La pandemia ha accelerato alcuni processi che erano sospesi, come il digital – commenta Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – Un altro aspetto che sarà decisivo, i grandi eventi dedicati al vino, perché diventeranno qualcosa di ancora più unico rispetto al passato. Meno incontri, ma con maggior valore”. Il mondo del vino guarda con positività quello che sta accadendo in Cina con Wine to Asia che, proprio in questi giorni, va in scena in presenza. “Un evento fisico ci ha sorpreso per essere stato accolto con così grande favore e interesse in un mondo così digital come la Cina” aggiunge Mantovani.
“Va dato grande merito – sottolinea il direttore di Veronafiere – alle nostre aziende di aver saputo reagire. Ne è emersa una tradizionale forza la capacità di sapersi muovere anche in momenti difficili. Le prospettive? Se lavoriamo con più gioco di squadra, con sinergia, e puntando su strumenti di nuova comunicazione e sui mercati ce la faremo”.
Mantovani ha anche commentato il trend in crescita dei vini sostenibili, soprattutto in Usa. “Per fortuna molte aziende italiane si sono attrezzate negli anni scorsi verso il biologico, magari non comunicandolo in maniera adeguata. Sarà una delle tendenze forti con cui usciremo da questa emergenza. Dobbiamo imparare che i nostri prodotti hanno un valore che spesso diamo per scontato, come le storie straordinarie che vi sono dietro: per il consumatore straniero non sono affatto scontate e devono essere raccontate con la semplicità di chi lo produce e riesce a trasmetterle”. Â