Il decreto Etichettatura, in via di approvazione, prevede l’indicazione dei vitigni utilizzati sulle retroetichette. Scoppia la polemica: fortemente contrario il Consorzio tutela vini Abruzzo.
E’ polemica sull’utilizzo dei nomi dei vitigni sulle etichette dei vini. A scatenare la “battaglia” un decreto ministeriale, il cosiddetto “DM etichettatura” che, uniformando la normativa italiana a quella europea, prevede la possibilità di indicare sull’etichetta il nome del vitigno con il quale il vino è prodotto. Ad essere contrari a questa norma sono soprattutto i produttori del Montepulciano d’Abruzzo. Il Consorzio tutela vini d’Abruzzo rivendica l’utilizzo esclusivo del nome Montepulciano per i vini prodotti in Abruzzo. Cosa che, ovviamente, non trova d’accordo le altre zone dove si coltiva il vitigno Montepulciano.
La norma contenuta nel decreto ministeriale
Il casus belli è costituito dallo schema del Decreto ministeriale sulle etichettature aggiornato al 2022 e in attesa di approvazione. Con l’obiettivo di una maggiore trasparenza verso i consumatori, il decreto, all’articolo 16, prevede il via libera ad indicare in retroetichetta i nomi dei vitigni che compongono i blend nei vini a denominazione. Questo anche quando quei vitigni costituiscono in tutto o in parte il nome di una denominazione, come nel caso, appunto, del Montepulciano d’Abruzzo.
Il caso del Montepulciano d’Abruzzo
La norma in questione ha suscitato vivaci proteste da parte dell’Consorzio tutela vini d’Abruzzo che chiede che l’utilizzo del nome “montepulciano” sia riservato esclusivamente ai vini prodotti in Abruzzo. A tal proposito, dall’Abruzzo è arrivata la proposta di utilizzare la dicitura “cordisco”, utilizzata già in passato, per i vini prodotti con uve montepulciano in altre regioni. Era anche spuntato un comma “salva Montepulciano d’Abruzzo”, ovviamente respinta dagli soggetti in campo. La questione è, quindi, rimandata all’autunno, quando si riunirà la Conferenza Stato Regioni.
Per il presidente del Comitato vini del ministero dell’Agricoltura, Attilio Scienza si tratta di una “polemica surreale”. “Il sistema delle denominazioni d’origine ha fatto scuola non solo in Europa. Adesso anche altri Paesi si stanno adeguando promuovendo i nomi delle loro aree produttive basti pensare negli Usa alla Napa Valley o all’Oregon. I nomi dei vitigni non sono da liberalizzare, sono già liberi. Come confermato dalle cultivar internazionali come Chardonnay e Pinot noir piantate ovunque al mondo” ha dichiarato Scienza al Sole 24 Ore.
La posizione della Regione Abruzzo
Da parte sua la regione Abruzzo si è schierata al fianco del mondo vitivinicolo, attraverso la presa di posizione del vicepresidente con delega all’Agricoltura Emanuele Imprudente. “Difendere la denominazione del nostro vitigno significa tutelare le specificità della nostra regione in termini di biodiversità e peculiarità delle colture. Si tratta di un patrimonio unico che non siamo disposti a dissipare dopo decenni di impegni, sacrifici e dedizione da parte delle aziende agricole abruzzesi che sul vitigno a bacca nera hanno creduto e investito da tempo immemore, generazione dopo generazione” ha dichiarato. Secondo Imprudente “sebbene i principi portanti del decreto siano condivisibili l’utilizzo indiscriminato dei nomi dei vitigni nelle etichette dei vini doc rischia di arrecare un danno economico assai rilevante ai viticoltori abruzzesi”.
Lo scontro con Marche e Toscana
A contrapporsi alla presa di posizione abruzzese le Marche, dove il vitigno Montepulciano, coltivato in numerose regioni italiane, è molto diffuso. Secondo le istituzioni marchigiane “la norma orizzontale riguarda tutti i vitigni che compongono i blend dei vini a Denominazione” e “non c’è perciò ragione di fare eccezioni, violando peraltro il principio di eguaglianza”.
Altro terreno di scontro è quello con la Toscana, dove si produce, nel comune di Montepulciano, si produce il vino Nobile di Montepulciano. Stando alle normative europee, sarebbero proprio i produttori toscani a poter richiedere l’uso esclusivo del nome, dato che qui Montepulciano è una località e non un tipo di uva.
I precedenti: il caso del Tocai friulano
Secondo il segretario dell’Unione Italiana Vini Paolo Castelletti “si è scatenato un polverone che non ha alcuna ragion d’essere”. “Le norme europee sono chiare in proposito – spiega Castelletti, interpellato dal Sole 24 Ore – . Le denominazioni possono sancire una riserva a favore dei produttori di una determinata area solo riguardo ai termini geografici e non anche ai nomi delle varietà di vite. Sono anni che spieghiamo ai viticoltori l’importanza di proteggere la denominazione e, quindi, il nome geografico».
Il caso più celebre è quello del Tocai friulano. Nel 2008 i produttori friulani persero l’uso del nome Tocai (che era il vitigno e che da allora in Italia è stato ribattezzato semplicemente “Friulano”) a favore dei produttori ungheresi di Tokaji (che invece è un’area geografica magiara). Nelle denominazioni europee viene difesa l’origine, non l’uva, e mentre Tokaj è un luogo, il tocai friulano è una tipologia di uva. Decisione sostenuta anche da una sentenza della Corte di Giustizia Ue.
I precedenti: il caso del Prosecco
Simile alla vicenda del Tocai friulano è quella del Prosecco. Proprio all’indomani della vertenza Tocai, venne riorganizzato l’intero sistema di denominazioni in modo concentrico con al vertice le due Docg più ristrette (Conegliano Valdobbiadene e Colli Asolani) e alla base una macro Doc che si estese dal Veneto fino al paesino di Prosecco in provincia di Trieste, area dove in realtà questo tipo di vino non viene più prodotto. In questo modo tutela e riserva del nome Prosecco vennero rafforzate a livello comunitario perché dal 2009 la denominazione fa riferimento a un luogo geografico.